La storia della Repubblica Italiana non ricorda una campagna referendaria così disinformata e così fuorviante nei contenuti propagandistici. Gli organi di stampa e gli stessi comitati promotori si sono resi protagonisti di alcuni “strafalcioni” che di certo non sono passati in secondo piano. Poi c’è il tema politico. Ci sono 9 Regioni che avvalendosi di un diritto sancito dalla nostra Costituzione, hanno richiesto una consultazione popolare inizialmente formulata in sei quesiti (cinque dei quali accordati in sede parlamentare) che miravano a rivedere delle norme contenute nello “Sblocca Italia”. Ci sono 9 Giunte Regionali, in maggioranza del Partito Democratico, che fanno le trattative con il Governo “dirigista” sempre del Partito Democratico. E’ un primo elemento di discontinuità con il passato, quando i partiti assumevano in maniera unitaria una certa linea da seguire. Nel caso del referendum di domenica prossima, ci si divide sui contenuti e non sulle appartenenze e questo sembra davvero essere un elemento estremamente positivo per la “salute” della democrazia, un po’ meno per quella del PD. Ma per controequilibrare tale aspetto, nell’ultimo mese, si è assistito agli endorsement delle più alte cariche dello stato in favore dell’astensione, che è un modo “educato” per votare due volte “NO” ed infliggere colpi alla “colonna vertebrale” della Democrazia. Poichè la nostra Costituzione, quella che lo stesso Renzi vuole riformare, prevede un referendum abrogativo che in mancanza del 50% + 1 del Quorum, non viene convalidato si prova lo scherzetto di memoria berlusconiana: “andate al mare”. Dunque astensione. Fa specie però che un presidente del Consiglio ed un ex presidente della Repubblica (Re Giorgio Napolitano), dichiarino che l’astensione sia una posizione del tutto legittima. Fa specie che il partito che ha (o che dovrebbe avere) la maggioranza in Parlamento si attesti ufficialmente sulle posizioni dell’astensione. Mentre il presidente della Corte Costituzionale, Paolo Grossi, ricorda che andare a votare è un dovere oltre che un diritto, con un sottofondo storico-memorialistico che riconduce a chi, per questi diritti o doveri, ha combattuto e ha pagato con la vita. Ma noi per “raggirare” le norme, rendiamo gradevoli anche la scarsa partecipazione civica e l’indifferenza totale. Salvo poi lamentarci del “popolo bianco” quando sempre più gente non vota alle politiche, amministrative, regionali ecc. Chiarito questo aspetto, poi si può entrare nel merito del “Sì” o del “No”. Ci si può chiedere come mai questo paese, seppur con grossi passi avanti nell’ambito delle rinnovabili, sia ancora orientato a voler prestare il fianco alle grandi compagnie petrolifere (inchiesta Guidi docet). Sì perché con il referendum di domenica (va chiarito, perché a meno di un giorno dal voto non ancora tutti ne sono a conoscenza) se dovesse vincere il Sì, si impedirebbe la proroga indeterminata della concessioni già in essere per le trivellazioni nel mare territoriale (entro 12 miglia) utilizzate per l’estrazione di gas e petrolio. Le trivelle continuerebbero ad esserci. Ma chi di voi firmerebbe un contratto di affitto con un locatario in casa vostra senza determinare bene la durata del contratto stesso? E’ questo il nodo dell’unico quesito che sarà oggetto di referendum e per il quale Governo e Regioni non hanno trovato un accordo. Anche le possibili quantificazioni sui posti di lavoro che andrebbero persi sulle piattaforme e quelli che si guadagnerebbero investendo in rinnovabili, paiono del tutto prive di alcun fondamento. Sono soltanto due le conseguenze confermate. Se vince il Sì si perdono quei pochi giacimenti che da qui a trentanni non saranno ancora stati estratti dai fondali marini. Se vince il No o non passa il quorum, si continuerà a perdere la bellezza di un mare che forse non ha paragoni con altri posti del mondo, si perde l’integrità e la salubrità di una fauna che continua a subire l’inquinamento delle vicine piattaforme, si perde pesca e si perde l’opportunità di cominciare a pensare che magari, comunque, per i combustibili fossili, dovremmo un giorno fare affidamento su qualcun altro, prima o poi, se non si pensa ad un piano energetico serio. Un do ut des con la nostra produzione di rinnovabili, magari. Anche per questi motivi, io voterò (innanzitutto) e voterò “Sì”, con un pensiero particolare alle vicine isole Tremiti che meritano di continuare ad attrarre turisti e non procacciatori di affari, che dispensano un irrisorio ritorno diretto per la nostra terra, con immense perdite spalmate nel tempo che passano in secondo piano.

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