Ancora uno sviluppo sull’indagine che riguarda la morte di Pasquale Del Grosso, l’imprenditore originario di Ordona trovato carbonizzato nella sua auto il 16 gennaio del 2014. Mentre Antonio Menna e Luigi Ciocca, ritenuti responsabili del suo omicidio, avranno da scontare una pena (recentemente ridotta in appello) di 11 anni, la DIA di Bari ha fatto emergere ulteriori retroscena sulla controversa e misteriosa figura di Del Grosso.

Infatti, il distretto antimafia, negli scorsi giorni, ha attuato un decreto di confisca disposto dal Tribunale di Foggia, nei confronti dei beni nelle disponibilità degli eredi dello stesso Del Grosso. Nello specifico, sono stati sequestrati dei valori per oltre 1 milione e mezzo di euro, tra i quali figura un complesso di parcheggi per automezzi denominato “Secur Parking” nei pressi di Carapelle, che comprende due palazzine, un prefabbricato ad uso ufficio, 54 tra garage e capannoni. In aggiunta, i sigilli delle forze dell’ordine sono stati apposti anche a due terreni in agro di Orta Nova. Secondo gli inquirenti, Pasquale Del Grosso avrebbe ricoperto un ruolo chiave nell’ambito di una associazione a delinquere dedita al traffico illecito e allo smaltimento di rifiuti. I beni individuati, sarebbero stati posti sotto sequestro in quanto ritenuti dei proventi delle attività illecite.

Del Grosso, così come emerse già subito dopo il rinvenimento del suo cadavere, era pesantemente coinvolto nei traffici di rifiuti provenienti dalle provincie campane in direzione delle discariche abusive di Capitanata. Il suo ruolo chiave si basava sulle affinate conoscenze e sull’abilità di procacciare contratti di trasporto e di smaltimento rifiuti offrendo, ai centri di stoccaggio, prezzi modici per i servizi richiesti. Così come a più riprese è emerso dalle ben note vicende giudiziarie, i rifiuti venivano poi depositati direttamente presso ex cave o aree protette, oppure tombati in terreni di proprietari compiacenti. Queste annose vicende, apparentemente non erano in correlazione con i fatti di cronaca che si consumarono lungo la strada provinciale 105, all’altezza dell’imbocco stradale che conduce a Castelluccio dei Sauri, più di due anni e mezzo fa.

Antonio Menna e Luigi Ciocca si macchiarono di questo efferato delitto a causa di alcuni litigi personali con Del Grosso. Quest’ultimo aveva più volte chiesto ai due uomini, un’ingente somma di denaro in cambio di due mezzi autoarticolati che erano parcheggiati nel suo autoparco nei pressi di Carapelle. Ciocca e Menna si rifiutarono categoricamente di elargire il denaro richiesto (circa € 20.000) e dopo un’accesa discussione freddarono l’ordonese prima di tentare di occultarne il cadavere, appiccando un incendio. La salma carbonizzata fu riconosciuta soltanto dopo alcuni rilievi svolti dai comparti specializzati della Polizia di Stato. Nonostante ciò, sulla morte di Del Grosso, restano ancora parecchie zone d’ombra sulle quali la Procura di Foggia dovrà necessariamente fare luce al più presto.

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