Un’apatia generazionale così diffusa e apparentemente incontrovertibile non la si vedeva dai tempi di mezzo della società feudale, quando il sistema monolitico della cosa pubblica era gestito da una determinata classe, inscalfibile e impossibile da mettere in discussione. Per forza di cose gli altri esponenti degli scalini più bassi della piramide sociale non si preoccupavano minimamente della politica e di contare nell’indirizzo delle cose, perché semplicemente non spettava a loro. Agli antipodi, la società contemporanea appare liquida e disgregata, ma con lo stesso problema presentatosi in forme e modi diversi. I giovani sanno che la politica non è affar loro, lo danno come dato acquisito e come tale lo riporta Francesco Grillo nel suo ultimo libro intitolato “Giovani e Politica – Una crisi da superare” edito da Scatole Parlanti.

L’espediente che il giovane autore utilizza per testimoniare questa distanza incolmabile è quello dell’intervista sottoposta a coetanei di diverse zone d’Italia e di diversa estrazione sociale. Sacrificando fin troppo l’argomentazione personale, Grillo propone un quadro preoccupante attraverso la voce degli intervistati che ribadiscono la scarsa fiducia nelle istituzioni e negli enti amministrativi e confermano quello spirito di autoconservazione dello status quo che è proprio della politica italiana. Il disagio avvertito dalle nuove generazione raggiunge il suo climax massimo proprio nel periodo storico dell’affermazione del concetto di “rottamazione” e degli strumenti di democrazia diretta che sono propri delle fasce più giovani della popolazione. Un paradosso guizzante che colpisce l’attenzione dell’autore e fa muovere i capitoli del pamphlet politico-filosofico. “Dobbiamo diffidare da chi dice che i giovani siano il futuro, perché noi siamo il presente”. Questo è l’assunto retorico da cui si parte per cercare le motivazioni di un sessantotto al contrario che sembra destinato a cancellare una storia scritta proprio dai giovani. D’altro canto lo conferma pure la Brexit. A decidere sulle sorti della società, è sempre una forma sommersa di gerontocrazia.

Molti si sciacquano la bocca con il concetto di “prima i giovani”, ma la realtà è ben diversa e Grillo ha vissuto questa esperienza proprio sulla sua pelle e nella sua realtà locale di Orta Nova. La trattazione, infatti, seppur basata su questioni di carattere generale, non disdegna riferimenti esemplificativi alla realtà natia dell’autore, dove i giovani spesso si sono dimostrati più “fossili” e statici dei cosiddetti adulti. Il background evolutivo, poi, di certo non aiuta. Come spiega egregiamente Vanni Codeluppi in “Ipermondo – Dieci chiavi per capire il presente”, la società moderna “anche grazie alle possibilità offerte dalle nuove tecnologie del trasporto e della comunicazione, accelera progressivamente la sua velocità. Gli esseri umani si trovano pertanto a dover vivere in una condizione paradossale nella quale non riescono più a comunicare e hanno la sensazione di essere in un istante onnipresente dove passato, presente e futuro tendono progressivamente a fondersi”. In sintesi tutto è più veloce e immediato, non c’è più spazio per le cose che richiedono tempo e impegno costante, come ad esempio la politica. Poi c’è il venir meno delle convinzioni ideologiche; processo questo che ha tolto le briglie a cavalli impazziti che ora corrono su circuiti spesso diversi e spesso indefinibili.

Abbiamo parlato di strumenti di comunicazione e di velocità. L’autore non crede che i nuovi media e i social network possano in qualche modo servire a rinfervorare l’attrazione verso le nuove generazioni. La partecipazione sulla piazza via etere è intesa come un’illusione di inclusione, che anzi troppo spesso toglie tempo al confronto de visu e all’occupazione degli spazi di incontro. Il contenitore “Rete” non può sostituirsi al contenitore “Partito” sebbene questo oggi si mostri come un raggrumarsi di centri di interesse autoreferenziali. Anche gli intervistati sono del parere che la militanza politica debba rimanere negli spazi reali, mentre quella telematica possa servire solo come integrazione marginale e di necessità circoscritta.

I passaggi della trattazione sono oliati con nutriti approfondimenti di carattere filosofico, visto che lo scrivente è un laureando in Filosofia. Ha attinto a piene mani dai testi studiati, per dare delle letture universali, forse fin troppo avulse dal resto, ma comunque efficaci nella trasmissione del messaggio individuato. Aristotele si scontra idealmente contro Hobbes, dalla politica ideale all’utilitarismo del forte che fagocita il meno forte. L’economia, in questo senso, occupa gran parte del senso ultimo della politica e i giovani che non sentono più parlare di loro si sentono legittimati a non parlare più di politica. Paradossalmente chi coinvolge maggiormente sono i populismi e i nazionalismi che riempiono un vuoto di rappresentanza viscerale e si ripresentano al varco della storia che – è risaputo – sarà sempre ciclica fino a quando dalla stessa non otterremo degli insegnamenti.

Allora quali sono le speranze per il futuro e le possibili soluzioni? “Vincere oggi non è necessario, l’importante è lasciare un segno tangibile” – scrive Grillo nel suo monito alla sua stessa generazione. E’ la vittoria che si costruisce con le armi della cultura e dell’istruzione, assolutamente da rilanciare e sostenere in uno degli ultimi paesi per investimenti in ricerca e scuola. In questo contesto non si può prescindere dalla formazione di posti di lavoro che, in epoca di crisi economica, è un tema quanto mai caro alle fasce più giovani. Al termine della sua prima pubblicazione, usando il conterraneo Giuseppe Di Vittorio, come esempio di partecipazione e di reazione, l’autore si auspica un ritorno all’umanesimo sociale, inteso come movimento d’insieme che rimetta al centro di tutto la figura dell’uomo Vitruviano, con tutte le sue articolazioni e le sue forme. La capacità di risvegliarsi da un torpore ormai decennale passa inevitabilmente da qui. Nel frattempo, nel suo piccolo, Francesco Grillo ha già vinto parte di questa sfida generazionale, approfondendo lui stesso il tema e parlando di politica in un libro leggero e scorrevole da leggere. L’ha vinta anche perché, grazie alle interviste inserite tra i capitoli, ha stimolato almeno altri venti ragazzi a porsi delle domande sul loro futuro in una società che pensa fin troppo al presente.

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