Sono ancora fresche nei ricordi le immagini di un Bersani “non vincente” e un Letta già poco sereno a colloquio con la Lombardi e Crimi, all’indomani delle votazioni per la formazione della legislatura che ora volge al termine. Era il 2013 e la parola “streaming” spopolava, a tal punto da divenire il grido di battaglia di un Movimento Cinque Stelle che si stava affacciando per la prima volta a Montecitorio. Oggi la stessa parola sembra già caduta in disuso dopo che tutte le parti politiche hanno inteso che tale strumento possa rivelarsi un’arma a doppio taglio, soprattutto perché si consegna a futura memoria qualsiasi pensiero che potrebbe essere smentito dai fatti.
Dopo il grande successo del concetto di “democrazia partecipata” anche il Partito Democratico ha mutuato il mantra dello streaming, ma a fasi alterne. Se nel palazzo la trasmissione live degli eventi è stata un dogma, non è successo altrettanto per la dialettica interna al Movimento Cinque Stelle, che non ha esteso mai questo strumento ai momenti “intimi” durante i quali la Caseleggio Associati stilava liste o dettava le linee. A tradire le promesse anche Virginia Raggi che, durante la sua campagna elettorale, aveva annunciato lo streaming delle Giunte romane e delle commissioni. Finora non è mai accaduto.
Gli osservatori della politica parlano già di uno streaming che si è spento, dopo essere stato il tema di tante campagne elettorali. Questa estate anche il Partito Democratico ha abbandonato la trasmissione online delle direzioni di partito, con delle motivazioni che sono facilmente leggibili: evitare di mostrare le spaccature interne per dare un messaggio di maggior stabilità e compattezza all’esterno. Siamo nell’epoca del social networking, della comunicazione immediata e della possibilità di rendere pubblico qualsiasi atto espressivo. La diffusione in streaming di momenti di discussione politica ha rappresentato un passo di grande rilevanza per l’evoluzione di tale contesto, ma oggi è sempre più opportuno tenere conto di alcuni aspetti, che possono inficiare sulla globalità della comunicazione politica e sulla costruzione del consenso.
Il tema della rete come strumento per scardinare la chiusura del palazzo è sceso a cascata sui vari livelli istituzionali al punto che anche gli enti locali ormai si siano dotati di strumenti in grado di far arrivare le immagini delle assemblee direttamente nelle case dei cittadini. Per favorire questo processo di inclusione sono nate anche delle piattaforme dedicate allo streaming. Telemaco, ad esempio, è una piattaforma che permette di trasmettere in diretta streaming le immagini delle webcam installate nei comuni italiani, assicurando fluidità e qualità grazie al server di streaming integrato. Ma di solito i Comuni utilizzano i siti internet istituzionali per postare online, troppo spesso in differita, le immagini dei Consigli comunali. Questo strumento pare molto più efficace dei verbali di seduta, perché le immagini sono facili da seguire e riportano parimenti gli interventi di consiglieri, assessori e sindaci, nella loro integrità.
Ma non tutti sono d’accordo nella messa in rete di immagini e dialoghi che, col passare del tempo, potrebbero risultare incriminanti per un motivo o per un altro. Anche in provincia di Foggia si assiste alle ripetute negazioni dello streaming da parte di Amministrazioni Comunali che si appellano a questa o quella norma del regolamento o dello Statuto, che come è noto differiscono tutti tra loro. Le città più grandi si sono dotate di piattaforme che trasmettono in streaming le sedute assembleari (Foggia, Manfredonia, San Severo, Torremaggiore), altre città si affidano ad organi di informazione locale, come Orta Nova e Cerignola che manda online in differita su Radio TRC. Ma all’appello mancano tanti altri Comuni, dove le battaglie in questo senso sono condotte quasi sempre dai Cinque Stelle.
Ad esempio, il consigliere di Ascoli Satriano, Potito Antolino, da tempo propone questo tema nel suo Comune, ma finora è rimasto inascoltato.  “Nell’estate del 2016 proposi l’adozione di un nuovo regolamento – spiega Antolino  – ma quella proposta non è mai approdata in Consiglio. Con la mia proposta chiunque avrebbe potuto registrare e pubblicare, previa autorizzazione del sindaco. La nostra aula, inoltre, è priva di microfoni e questo rende più difficile l’ascolto”. Lo stesso avviene a Troia dove il Meetup locale chiede l’istituzione della diretta streaming. “I continui dinieghi in tal senso – afferma Grazia Manna – denotano scarsa apertura al confronto e al dibattito politico. Da circa due anni attendiamo senza alcun risultato delle risposte alle nostre proposte”.

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