Come tutti i processi biologici (ma anche sociologici) arriva il momento dell’assimilazione e della formazione degli anticorpi. Sarà così in questo 2018 anche per il grande shock causato dalla straordinaria diffusione dei social network, in quella spirale che ha unito digitalizzazione e globalizzazione, cambiando forse per sempre il destino dell’universo e i più basilari rapporti umani.
E’ cambiata senza dubbio la comunicazione che oggi non può prescindere dai social network e da tutte le ricadute che questi comportano sulla formazione dell’opinione. Alcuni pensatori che hanno studiato il fenomeno ritengono che la diffusione su larga scala di Facebook e Twitter sia un processo destinato ad arrestarsi prima o poi e che, addirittura, possa conoscere un decremento, seguendo una nuova possibile “moda” della vita offline. Questo guardarsi indietro potrebbe essere determinato dalle grandi preoccupazioni che la gente nutre verso le storture della rete, quali la violenza dilagante, le violazioni della privacy, il cyber-ricatto e le strumentalizzazioni.
Mark Zuckerberg, fondatore e CEO di Facebook, ha già intuito questa presa di coscienza collettiva e pare voler correre ai ripari, almeno secondo quelle che sono state le sue ultime dichiarazioni. L’imprenditore statunitense, infatti, in un post sulla sua pagina personale ha spiegato i suoi obiettivi per il 2018, ammettendo che la sua rivoluzione stia incontrando diversi incidenti di percorso.
“Il mondo sembra vivere in uno stato di ansia e disunione, e Facebook ha un sacco di lavoro da fare” ha scritto Zuckerberg. “Deve proteggere la nostra comunità online dall’odio e dagli abusi, ma anche dalle interferenze degli Stati nazionali e fare in modo che il tempo speso su Facebook sia utile. Nel 2018 cercherò di risolvere questi importanti problemi”, ha continuato il 34enne fondatore del social network. “So che non riusciremo a risolverli tutti ma oggi stiamo commettendo troppi errori perché non riusciamo ad impedire l’uso improprio della nostra piattaforma […] Si tratta di temi che riguardano la storia, l’etica, la filosofia, il giornalismo, il governo e naturalmente la tecnologia. Non vedo l’ora di riunire gruppi di esperti con cui discutere di questi problemi”.
I dati sulla diffusione del colosso dei social network sembrano dare ancor più responsabilità allo sbarbato da 72 miliardi di dollari. Secondo le stime più recenti sarebbero più di 800 milioni di utenti iscritti, ovvero una penetrazione pari all’11,4% della popolazione globale. Un mondo parallelo che si muove via etere e che esprime 1.851.000 status ogni 20 minuti. In Italia i numeri sono considerevoli con 21 milioni di utenti registrati (dati Audiweb) e più della metà di loro che vi accede ogni giorno. Soprattutto per questa straordinaria capacità di permeare la società appare importante l’interrogativo sul futuro del social harvardiano.
Dopo aver lanciato la piattaforma “marketplace” che consente di vedere gli annunci privati e acquistare beni usati in zona, la nuova sfida è quella di invadere ancor di più il mondo della quotidianità. In questo senso però si registra una volontà di caratterizzare meno le bacheche con le notizie di informazione. Facebook si è trasformato in un sito di livenews, anche se il team di gestori sta pensando di rivedere questa caratteristica e far sparire dagli algoritmi nel news dai siti di informazione. Questo nonostante il conclamato progetto che probabilmente porterà all’apertura di un canale video che farà da contro altare a You Tube. Sul tema della violenza e del cyberbullismo si discutono le modalità di login qualificato che dovrebbero escludere la presenza di profili falsi online. Il feedback diretto sulle fake news è un altro tema che deciderà la sopravvivenza della grande macchina dei rapporti umani in rete.

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