“Se il Pd è questo, non rinnovo la tessera”. Era stata chiara Iaia Calvio nell’ultima intervista rilasciata al Megafono dei Cinque Reali Siti. Tradotto: questo Pd, sospeso tra la voglia di primarie e un vero cambiamento che non arriva, non piace a tutti. Nemmeno a Michele Emiliano, che già dopo l’esito delle elezioni aveva fatto capire che non erano tempi allegri per il suo partito, ventilando l’ipotesi di un avvicinamento – perlomeno in Puglia – con i grillini. Ora, il presidente della Regione Puglia ammette di voler addirittura lasciare il partito.



“Sono per certi versi rattristato di non poter anche sottoscrivere una tessera ma, nella sostanza, la stessa sentenza della Consulta mi dà la possibilità di frequentare i partiti pur non potendomi iscrivere – dice Emiliano -. La sentenza ha riconosciuto che tra il mio ruolo di capo della Regione e il rapporto con i partiti c’è una coessenzialità. Cioe’ e’ impossibile contemporaneamente essere leader di una coalizione e non avere rapporti con i partiti. Quello che non si può fare è sottoscrivere una tessera”.



E ora cosa farà Emiliano? Fonderà un suo partito o corrente come già avvenuto per altri “dissidenti”? I grillini, intanto, non risparmiano critiche: “Non sapremmo dire a chi sia andata meglio: se al PD che si è liberato della zavorra Emiliano che ha tentato senza successo e in ogni modo la scalata ai vertici del partito, oppure se a Emiliano che ha trovato una buona scusa per abbandonare una nave che affonda – si legge in una nota del gruppo pugliese -. La sentenza di luglio della Consulta ribadisce solo che in tutti questi anni il presidente della Regione non ha rispettato le regole e se Emiliano vuole continuare a far politica sarebbe più coerente e corretto nei confronti dei cittadini italiani dimettersi da magistrato, un ruolo che ha esercitato solo per metà della sua vita lavorativa visto che per l’altra metà, ormai 15 anni, ha fatto solo il politico. Ormai ha senso chiedersi se si tratti di un magistrato prestato alla politica o di un politico prestato alla magistratura”.

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