In questo periodo l’attenzione verso l’aspetto socio-economico è spasmodica, tanto da creare un clima di tensione. Non possiamo permetterci la superficialità e il caos che si sta generando, per cui, in un momento in cui tutti siamo chiamati a collaborare, ho voglia di provare a dare il mio contributo in veste di tecnico, spiegando, a chi abbia voglia di informarsi, qualcosa riguardo i temi economici più “chiacchierati” del momento e condannando chi, in un periodo di forte instabilità economica e finanziaria, specula con delle frasi acchiappa like, fornendo l’idea di un futuro alla deriva per il nostro Paese.

Tra i tormentoni del momento vi è il ritorno alla Lira. Spesso viene menzionato e idealizzato come una sorta di soluzione semplice ad un problema molto più complesso ed articolato. Uscire dall’Euro è un rimedio anacronistico: basti pensare che il progetto Ue nasce nel lontano 1957 con la firma del trattato di Roma, in cui venne istituita la CEE. Una moneta propria significa avere una moneta debole e caricata dall’inflazione, cosa che, ad oggi, nemmeno la Germania potrebbe permettersi, men che meno in un Paese, il nostro, in cui il debito pubblico grava per il 30% su investitori stranieri. Avere una moneta nostra significherebbe far scappare a gambe levate gli investitori esteri, facendo collassare il sistema banche che non riuscirebbe più ad erogare prestiti.

Un altro tema caldo è il MES, un’idea nata nel 2011 ed entrata in vigore dal 2012 come Meccanismo Europeo di Stabilità tra i 19 stati che adottavano la moneta unica, l’Euro. Il funzionamento del fondo è determinato dall’art.3 del suo trattato, il quale prevede 3 fasi: lo Stato in difficoltà avanza richiesta, la Commissione Europea insieme alla BCE le analizza, dopo l’analisi si sceglie lo strumento da attuare. Ci sono, ad esempio, i prestiti, che sono le misure più dure (richiedono da trattato un aggiustamento macroeconomico), e le linee di credito, che sono quelle di cui si discute tanto: degli strumenti più alla mano, che non richiedono alcun aggiustamento ma determinate condizionalità. Ad oggi è prematuro stabilire se sia giusto o meno ricorrere a questa misura economica, anche perché dall’Eurogruppo non è emerso nulla di scritto, se non dichiarazioni verbali, le quali, se confermate il 23 aprile con il Consiglio Europeo, fanno riferimento all’accesso ad una linea di credito del 2% del PIL (36 miliardi di euro) senza condizionalità nell’ambito sanitario.

MES o Eurobond? Il Mes con le sue linee di credito immediate in 2 settimane garantirebbe una liquidità istantanea: 36 miliardi per il lockdown del 3 Maggio per una ripartenza tempestiva, mentre gli Eurobond consentirebbero di programmare la ricostruzione Economica dell’Europa. Non credo che ci sia una misura unica che funga da panacea per tutti i mali, per cui reputo le due misure non alternative, ma complementari.
Gli Eurobond, o Coronabond, non sono altro che delle obbligazioni, in questo caso titoli emessi dall’UE, ai quali tutti gli stati membri rispondono in ugual misura. In parole semplici, l’Unione Europea si potrà indebitare, entro un determinato limite, per prestare soldi agli Stati membri senza condizioni di eccezionalità.

La linea politica seguita da Conte con l’Europa sta mostrando il peso che ogni singolo Stato può determinare in questa battaglia in cui l’UE è chiamata ad una risposta di svolta. Due sono le possibilità: da un lato la rottura, dall’altro sviluppi di nuovi scenari integrativi. L’importanza di un’Europa istituzionalmente più forte è sotto gli occhi di tutti e questa forse è l’occasione propizia per iniziare a pensare ad una politica fiscale comune tra i Paesi che utilizzano già la stessa moneta, con uno shock simmetrico che riguardi tutti. Quando, se non ora?

Contributo esterno
a cura di Gerardo Pelullo

NESSUN COMMENTO

LASCIA UN COMMENTO