Essere partigiani, amare la libertà, lottare per i diritti sociali e civili, impegnarsi, donare la propria vita per la rinascita del proprio paese, sono i valori che abbiamo ereditato dai nostri partigiani, donne e uomini capaci di lottare contro il nero e lugubre totalitarismo fascista. Credo sia utile e importante, per il presente e il futuro, evidenziare che quello fascista è stato un totalitarismo, seppur la letteratura storiografica in merito non è unanime, in quanto il fascismo ha avuto dei tratti caratteristici che lo annoverano tra i regimi totalitari e riflettere su tali caratteristiche è un antidoto alla pericolosità del ritorno totalitario. Crisi delle istituzioni liberal-democratiche, masse amorfe, identificazione del partito con lo stato, partito unico al governo, repressione del dissenso, burocratizzazione del sistema governativo e obbedienza alla volontà del capo rappresentano dei punti e snodi di riflessione per ieri, oggi e domani.

Contro il regime fascista molte/i donne e uomini hanno reagito, lottato e costruito un paese migliore. Ogni città e borgo ricorda la Resistenza e i suoi uomini. Orta Nova nel ricordare tutti, a mio avviso, deve soffermarsi sul suo  Savino Francisco Bonito, partigiano e giornalista, nato a Orta Nova il 27 settembre 1920. Savino è figlio di Antonio Bonito, quest’ultimo fu schedato come anarchico nel 1910. Antonio, dopo la prima guerra mondiale, organizzò le lotte bracciantili e fino al 1925 ricoprirà il ruolo di dirigente locale del Partito Socialista Unitario. Durante il fascismo fu costretto a fuggire ed espatriare in Francia, divenne docente di italiano e recitazione presso la Società italiana di cultura operaia e collaborò con il “Corriere degli italiani”, successivamente si trasferì in Belgio e poi in Germania.

Nel 1934 rientrò in Italia ma venne arrestato e rinchiuso nel carcere di Foggia. Suo figlio Savino sin da giovane cominciò una pericolosa attività di informazione antifascista. Chiamato alle armi, Savino, dopo l’8 settembre 1943, da sottotenente di artiglieria contraerea della Marina si rifiutò di combattere nell’esercito della RSI per arruolarsi tra i partigiani di Livorno.

Combatté, poi da partigiano, sui monti vicino ad Arezzo, nelle file della 118ma Brigata Garibaldi “R. Servadei”. Dopo la Liberazione Savino lavorò come giornalista della Gazzetta del Mezzogiorno, corrispondente dell’Unità e, trasferitosi a Roma, lavorò nella prestigiosa rubrica radiofonica culturale della RAI “Il Convegno dei 5”, ricevendo riconoscimenti e meriti professionali come il Premio Marconi e il Premio Saint-Vincent. Il partigiano Savino fu anche autore di opere. La prima, “L’avaro pane”, è una raccolta di poesie definite da Primo Levi come “quel sentimento, o quel complesso di sentimenti, che, come forme, intensità e valori diversi, si ritrova, per una comune esperienza, in tanti uomini dell’Italia del sud: quel complesso che può dirsi meridionale, o forse meglio meridionalistico. È il sentimento che ha fatto nascere poesie vere e belle” (Prefazione). La seconda, “E di chiamarti amore”, è una raccolta di poesie sull’amore, dedicata alla propria moglie, nella quale Savino con sincerità “non ha paura di aprirsi dinnanzi al lettore con un certo candore” (prefazione di Guglielmo Petroni).

Nel 1992 la sua Orta Nova, attraverso il Consiglio Comunale (Amministrazione Pasquale Ruscitto), gli conferì, all’unanimità la cittadinanza onoraria per i suoi meriti professionali e per aver contribuito ad arricchire la Biblioteca Comunale. Ricordare il partigiano Savino Francisco Bonito è un dovere civico, come disse lui stesso, parlando della sua e nostra terra: “Orta Nova è scolpita nel mio cuore; poiché il mio cuore è cuore di ortese”.

Dal Blog “Ingresso Libero”
https://ingressoliberoblog.wordpress.com/2020/04/25/il-cuore-resistente-di-orta-nova/ di Arturo Gianluca Di Giovine

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