“In capo a tutti c’è Dio, padrone del cielo. Questo ognuno lo sa. Poi viene il principe Torlonia, padrone della terra. Poi vengono le guardie del principe. Poi vengono i cani delle guardie del principe. Poi, nulla. Poi, ancora nulla. Poi, ancora nulla. Poi vengono i cafoni. E si può dire ch’è finito”.

Questa citazione di Ignazio Silone, in Fontamara, accompagna l’invito ad una cena particolare, quella imbandita sul palco del Teatro Comunale Cimaglia di Troia, per la messa in scena di “Cafoni”. Michele De Virgilio, attore foggiano e celebre volto televisivo, insieme a Francesco Nikzad, porta a teatro un’altra storia incredibile della nostra terra, una storia tratta da avvenimenti realmente accaduti. Cafoni racconta di sudore, di stenti e di fatica nelle campagne del foggiano, dove si abbatte la scure del caporalato su tanti uomini e donne ancora oggi sfruttati e soggiogati dai padroni. Così il racconto unisce i tempi dei cafoni ai tempi moderni, dove l’affrancamento dei braccianti è tutt’altro che compiuto.

TORNA IL TEATRO, EVVIVA. La prima cosa che salta all’occhio è il ritorno del teatro, quello di qualità, in un breve format di 30 minuti. In tempi di chiusure e di scarsa socialità risulta “rivoluzionario” aprire un sipario, seppure con la mediazione dello streaming online. Lo spettacolo rientra nella programmazione di “Indovina chi viene a (s)cena”, nuovo format culturale del Teatro Pubblico Pugliese, promosso dal Comune di Troia e prodotto da Mario De Vivo per l’associazione culturale “Ultima fermata”. Tutti gli enti pubblici coinvolti, con il benestare della Regione Puglia e del Ministero dei Beni Culturali, si sono impegnati per far ripartire un settore che sta molto soffrendo la crisi dettata dall’emergenza sanitaria; delle sofferenze legate al mondo del lavoro che creano un doloroso fil-rouge tra i mestieri delle braccia e quelli della mente, tra il palcoscenico e il dietro le quinte.

LA VIA CRUCIS DI CONCETTA. Dopo una breve introduzione sui detti in vernacolo, la trama di “Cafoni” si dipana attraverso il vivere quotidiano di Concetta Di Tonno, anziana bracciante che ha da poco perso il marito Peppino e tutti i giorni si reca al cimitero per omaggiarlo con un fiore o semplicemente con la sua presenza. Le musiche di Nicola Scagliozzi (eseguite in live performing dallo stesso contrabbassista e da Alfredo Ricciardi alle percussioni) rappresentano magistralmente la routine di questa anziana signora che tutti i giorni compie la sua via crucis personale, tra le bellissime chiese di Troia e i tanti conoscenti da salutare. Concetta senza Peppino si sente come un “tavolo senza una gamba”, ma ad un certo punto inizia a pensare a chi è morto senza che nessuno possa avere mai versato una lacrima in suo ricordo. Qui inizia un racconto pregno di significati, attinto da fatti di cronaca realmente accaduti ad Orta Nova tra il 2004 e il 2006. I fatti, per finzione scenica, sono stati ambientati in quel di Troia.

IL BRACCIANTE IGNOTO. Proprio nel cimitero di Orta Nova, una ex bracciante di 74 anni, adottò la tomba di un ragazzo polacco che era stato rinvenuto senza vita sul ciglio della strada. Il ragazzo, presumibilmente un bracciante, per molto tempo era rimasto senza nome sulla tomba, in quanto nessuno aveva denunciato la sua scomparsa. Così la donna, colpita da questa vicenda dolorosa, decise di adottare la tomba e far costruire una lapide in suo ricordo. La notizia si sparse nel paese e così altri braccianti polacchi si recarono presso la locale stazione dei Carabinieri per rendere note le generalità di quell’uomo sconosciuto. Dopo una breve indagine si appurò che il giovane fosse stato investito con un mezzo pesante, una storia drammatica che nasconde tante zone d’ombra legate allo sfruttamento, al caporalato e alla criminalità. Il ragazzo non ha mai avuto giustizia, ma fatto sta che da quel momento ebbe almeno il conforto della preghiera e la sicurezza di poter aver un nome sulla tomba.

Ecco perché il racconto di “Cafoni” apre uno squarcio sulle iniquità del mondo del lavoro e sulla vita di stenti che tanti stagionali vivono nelle campagne. Il lavoro di tante ore, per qualche euro, sotto il sole e sotto la pioggia, annichilisce l’essere umano tanto da renderlo un numero, una croce sul cemento, un perfetto “ignoto”. Pensandoci non è cambiato molto da quando il padrone saliva sulla cassetta di legno, nel mezzo di piazza Mercadante a Cerignola e davanti al plotone dei cafoni diceva “tu sì, tu no”, semplicemente lasciandosi trasportare dalle sensazioni. Da queste iniquità scattò la molla che mosse l’agire di Peppino Di Vittorio, che oggi muove sindacalisti come Aboubakar Soumahoro e che ispira le opere teatrali, in un mondo che non sembra essere cambiato molto.

LINK PER LO SPETTACOLO
https://www.rebellive.it/evento/gratuito/indovina-chi-viene-a-scena-a-troia-ore-1930



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