Nella serata di sabato 12 febbraio, il Vescovo Monsignor Luigi Renna ha salutato la Diocesi Cerignola Ascoli Satriano con una messa di commiato, prima di recarsi nell’Arcidiocesi di Catania. Papa Francesco lo ha scelto come pastore della chiesa etnea, ma prima di intraprendere questo nuovo cammino Sua Eccellenza ha voluto salutare la Chiesa foggiana, con una messa di ringraziamento. Diffondiamo le parole pronunciate nell’omelia.

Carissimi fratelli e sorelle della Chiesa che è in Cerignola-Ascoli Satriano, carissime Autorità civili e militari delle Città e Comuni del territorio diocesano, che onorate la Chiesa e la mia povera persona con la vostra presenza, grazie perché siete qui per partecipare a questa Celebrazione Eucaristica, rendimento di grazie per i sei anni vissuti insieme, in un cammino di fede, di speranza, di carità. Un benvenuto a padre Franco Moscone, l’Arcivescovo di Manfredonia-Vieste-San Giovanni Rotondo, che mi rallegra con la sua presenza fraterna, testimoniata in tante occasioni, anche difficili, del mio ministero. Un pensiero grato a Sua Ecc. Mons. Francesco Cacucci, Amministratore Apostolico della nostra Diocesi, perché ha accettato questo ministero di guida: sono sicuro che vi accompagnerà con la saggezza e la carità che lo contraddistinguono da sempre.

Tutto è grazia! Il giorno della mia consacrazione episcopale scandivo le motivazioni della mia gratitudine, ripercorrendo con la memoria persone e luoghi del mio vissuto di credente e di presbitero, con l’espressione di Santa Teresina di Lisieux: “Tutto è grazia”. Sento di dover continuare questo salmo di gratitudine, che continuo a cantare non da solo, ma con voi, ripercorrendo momenti e facendo memoria di volti. E chiedo umilmente al Signore di poter continuare a fare questa professione di fede fino all’ultimo respiro della vita, come il protagonista del Diario di un curato di campagna di George Bernanos. In questi anni ci sono stati momenti gioiosi ed esaltanti, ma anche difficili e segnati dalla sofferenza, tali non per volere di Dio, ma solo a causa del peccato che è in me e nella nostra umana fragilità. Come è possibile che anche quei momenti siano grazia? Semplicemente perché sono vere le parole di Gesù Cristo: “Chi mi vuol seguire, rinneghi sé stesso, prenda la sua croce e mi segua” (Mt 16,24). Questa parola si realizza quando accettiamo anche la sofferenza e la sconfitta, come ci ha insegnato papa Francesco nella Gaudete et exsultate: “la testimonianza di santità, nel nostro mondo accelerato, volubile e aggressivo, è fatta di pazienza e costanza nel bene. È la fedeltà dell’amore, perché chi si appoggia su Dio (pistis) può anche essere credibile davanti ai fratelli (pistós), non li abbandona nei momenti difficili, non si lascia trascinare dall’ansietà e rimane accanto agli altri anche quando questo non gli procura soddisfazioni immediate” (n. 112). Voglio ricordare queste parole a quelli che stanno soffrendo e che sentono che la croce è pesante! Tutto è grazia, quando si vive fidandosi delle parole del Vangelo di Gesù Cristo!

In questi giorni la vostra gratitudine mi ha sorpreso ed incoraggiato ad andare avanti! Grazie per il vostro affetto e per questo cammino fatto insieme, come Chiesa, ma anche come comunità civile, che nelle varie istituzioni ho sentito sempre vicina nell’unico scopo di servire l’umanità, la nostra gente di Cerignola, di Ascoli Satriano, di Orta Nova, di Candela, di Carapelle, di Ordona, di Rocchetta Sant’Antonio, di Stornara, di Stornarella. Sindaci, Amministratori, Forze dell’Ordine: grazie per quello che abbiamo vissuto insieme, non nella ricerca di privilegi, ma semplicemente per essere “sale della terra e luce del mondo”, soprattutto quando si è trattato di dare voce ai più poveri, che abitano nelle nostre città e vivono ai margini, o risiedono nelle campagne e lavorano sodo, ma sono invisibili ai nostri sguardi di cristiani e di cittadini. Grazie alle scuole e chi in esse si spende, nell’opera più lungimirante di una famiglia, di una società, di uno Stato e della Chiesa, quella di educare.

Vi affido alla Parola. Miei cari fedeli della Sposa di Cristo, che è in Cerignola-Ascoli Satriano, presbiteri, diaconi, seminaristi, religiose e religiosi, fedeli laici che santificate con la vostra testimonianza le realtà di questo mondo, la Parola di Dio mi ispira a lasciarvi una consegna, illuminata dalle espressioni usate da San Paolo nel congedarsi dalla Chiesa di Mileto e dai suoi responsabili. Ad Efeso, si legge nel capitolo 20 degli Atti degli Apostoli, prima di partire verso Gerusalemme, San Paolo fa un discorso bellissimo, che ci insegna cosa è essenziale nella vita di una Comunità e in quella di un Pastore. Non dice: “Vi affido la Parola di Dio, perché possiate viverla”, ma “Vi affido a Dio e alla Parola della sua grazia, che ha la potenza di edificare e di concedere l’eredità a tutti coloro che sono santificati” (At 20,32). Anche io vi affido alla Parola di Dio perché solo essa può mostrarci la direzione giusta dell’esistenza e fare di noi il sale della terra e la luce del mondo. Sono contento che il Vangelo a cui vi affido, in questa Domenica VI del Tempo Ordinario, è quello delle Beatitudini, lo Specchio del Verbo di Dio che si è fatto uomo, la Sintesi dell’insegnamento di Gesù, la Legge del Suo Regno, il Segno – anche nel pluralismo culturale odierno – che nel Vangelo c’è la verità più grande per l’umanità. Le Beatitudini fanno di noi non solo uomini credenti, ma credibili! Gesù proclama beati i poveri, coloro che hanno fame, coloro che piangono, coloro che soffrono a causa del Vangelo. Il Cristo dice: “Beati voi!” perché ha scelto di stare con loro e quindi queste persone sono sotto i suoi occhi. Le beatitudini sono una strada esigente e allo stesso tempo che promette gioia per tutti noi, chiamati a spogliarci di tutto ciò che arricchisce la superbia e impoverisce la nostra sequela; invitati a soffrire, piuttosto che a far piangere con le nostre scelte predatorie della dignità altrui; a non temere se siamo perseguitati per la fede e la giustizia. Gesù non vuole dividere l’umanità aggiungendo a queste parole le espressioni “guai”, rivolte ai ricchi, ai gaudenti che ignorano la giustizia e la solidarietà, a coloro che inseguono il consenso immolando sull’altare del proprio io l’umiltà e la testimonianza. Il Cristo vuole farci comprendere che nella vita ci sono scelte che ci possono portare alla pienezza di vita della beatitudine o al vuoto disperato. Cara Chiesa di Cerignola-Ascoli Satriano, ti affido a questa Parola di Dio: lasciati provocare da essa, lasciati guidare dal suo sentiero stretto e luminoso, cammina nella fraternità perché le beatitudini sono una strada poco battuta, ma da percorrere mai da soli. Vi troveremo la compagnia dei santi che vi ho indicato in questi anni: Luigi e Zelia Martin, a cui è dedicato il consultorio; San Martino a cui è intitolato il Centro di Ascolto della Caritas e Santa Giuseppina Bakhita, a cui è dedicato il Centro a Tre Titoli; don Bosco, a cui sono intitolati gli oratori a Cerignola, Carapelle, Ordona e Rocchetta Sant’Antonio; il beato Carlo Acutis, a cui è dedicato l’oratorio all’Altomare di Orta Nova e al quale avrei voluto dedicare l’oratorio di Ascoli Satriano, e il cui culto è nella Chiesa dei Cappuccini a Cerignola. E, naturalmente, il venerabile Antonio Palladino, tornato nella sua chiesa di San Domenico, accanto al luogo della fatica e della rivendicazione dei diritti, il Piano delle Fosse.

Quanta gente umile e bella ho incontrato nelle nostre città, compagni di strada sulla via delle Beatitudini! Quante persone umili e sincere, appassionate del bene comune, della cura dei poveri! Vi affido tutti alla Parola delle Beatitudini. Ci aiuterà a viverla il cammino sinodale: grazie per come lo state portando avanti! Siamo solo agli inizi di questo percorso di rinnovamento conciliare: ascoltate, ascoltatevi, non fatene una semplice celebrazione, ma uno stile di vita che restituisca il suo dna al popolo di Dio, quello che tiene insieme comunione, partecipazione e missione, che traspare nelle scelte evangeliche condivise, nella corresponsabilità tra laici e presbiteri.

Vi affido ai valori della Costituzione. Permette che dica anche una parola a voi, uomini e donne delle istituzioni statali, civili, educative, dei sindacati e delle associazioni culturali. E a voi tutti credenti, chiamati a vivere in una realtà sociale che vede umiliata spesso la sua cittadinanza dal malaffare, ma anche da strutture di peccato che, a livello mondiale, stritolano le società più povere. Vi affido, oltre che alla Parola di Dio, alla Costituzione italiana. Tenetela sempre presente come fonte comune di progettualità politica, ispirate al suo spirito le vostre scelte, gioite perché in essa si proclamano diritti, libertà religiosa, cultura per tutti, si ripudia la guerra. Si affidino ad essa le città che lottano per la legalità e la trasparenza amministrativa, in questa Capitanata devastata dalle mafie e minata dalle dipendenze: non vi rassegnate, affinché questo territorio possa risorgere, confidando nelle capacità di gente che quando sa scegliere il bene, quando non si abbandona ai populismi che vogliono costruire una democrazia senza diritti o rivendicare diritti senza democrazia, sa fare grandi cose. Amate queste città e i suoi territori e ricostruiteli guardando alla Costituzione, patrimonio comune di ideali, nata dal sangue della resistenza e dal dialogo tra uomini retti.

Cari adulti, vi affido alla gioia e alla responsabilità di essere padri e madri. C’è una presenza di cui il mondo non può fare a meno ed è quella degli adulti. Dico, perciò, a voi, cari adulti, riprendetevi il vostro ruolo nella vita familiare e sociale, quello di stare accanto ai figli, di saperli guidare e orientare, di non abbandonarli ai social e alla noia. Vegliate su di loro! Possono avere tanti amici, tanti influencer, ma hanno solo voi per madre e per padre; generateli ancora, dopo averli messi al mondo, ad una esistenza fatta di rispetto, di impegno, di amore vero. Fate sì che si sentano orgogliosi di avere una mamma e un papà che li segue e non li lascia soli in un disorientamento che diventa emergenza educativa. Cari genitori, vi affido a quella promessa di accogliere i figli che Dio vi ha donato e di educarli secondo il Vangelo. Ricordate? L’avete fatta il giorno del vostro matrimonio e ci vuole una vita per mantenerla!

Caro sacerdoti e consacrati, vi affido al “Suscipe”. Un ultimo pensiero a voi, cari presbiteri, diaconi, seminaristi, religiose e religiosi. Grazie di tutto: siete stati non solo i miei più stretti collaboratori nel ministero, ma i più vicini anche nella vita quotidiana. Ogni anno, il 2 gennaio, ricordavo un passo degli Esercizi ignaziani, cammino di fede che ci invita a riformare la vita. Ora è giunto il momento dell’ultimo messaggio che, negli Esercizi, è “la contemplazione per ottenere l’amore”. È la sintesi degli esercizi ed è il segreto della nostra vita di uomini chiamati ad esser pastori e consacrati. Cosa chiederemo al Signore per noi? È Lui la nostra eredità! Chiediamogli l’amore Suo, con le parole di sant’Ignazio: Prendi, o Signore, e accetta tutta la mia libertà, la mia memoria, il mio intelletto, la mia volontà, tutto quello che ho e possiedo. Tu me lo hai dato; a te, Signore, lo ridono. Tutto è tuo: tutto disponi secondo la tua piena volontà. Dammi il tuo amore e la tua grazia, e questo solo mi basta.

Questa preghiera ci dà la direzione giusta per la vita! E, poi, vi raccomando di volervi bene. Vigilate su voi stessi, sulla vostra capacità di amare con un cuore di pastori e di vergini per il Regno dei cieli. Siate delicati e accoglienti con tutti: solo così il vostro volto rifletterà quello del Padre Misericordioso e renderà credibili le vostre omelie. Preoccupatevi non tanto di praesse, ma di prodesse, cioè non solo di presiedere, ma di servire. Vi affido i giovani e le loro famiglie: l’educazione è cosa del cuore e passa attraverso la vostra umanità! Ora la Sposa di Cristo, che siete voi, si fa madre: qui ho imparato cosa significa amarla come pastore. Ora questa madre mi indica la via per Catania. La benedico e chiedo a Maria, che ho invocato con voi come Madonna di Ripalta e della Misericordia, che la vostra fede, la vostra speranza e la vostra carità non tramontino mai, fino alla fine dei secoli. E che siate pronti ad amare, come me e più di me, il futuro pastore che vi guiderà.

Monsignor Luigi Renna



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