“Che sia benedetta”: lo canta Mannoia e chi ama la vita. Non sempre, però, è facile sorridere a un nuovo giorno, soprattutto quando tutto ciò che dovrebbe costituire il tuo mondo sembra non avere spazio e tempo per te. Perché è qui che si crea la spaccatura tra chi crede che gli ostacoli facciano parte del percorso e nulla sia insormontabile e chi, invece, non riesce ad accettare che ogni nostro passo debba implicare, ogni volta, cento cadute. E non si tratta di inciampare perché hai poggiato male il piede (ed è colpa tua), ma perché qualcuno ti ha messo lo sgambetto, smantellato l’asfalto o ti è venuto contro; e non ha chiesto scusa. Come quando hai due lauree in tasca, qualche master e mai troppa esperienza. Come quando le credenziali non sembrano mai essere abbastanza, ma una raccomandazione sì. Come quando a cinquant’anni sei troppo vecchio perché qualcuno ti assuma; e non importa che tu debba sfamare quattro bocche e sia stato licenziato all’improvviso. Come quando il tuo Stato accarezza i morti di una regione martoriata e lasciata a se stessa, perché tanto le è già stato detto “Siamo con voi” dal commosso volto istituzionale di turno. Come quando i dati Istat annunciano una diminuzione della disoccupazione giovanile, senza dire che il lavoro di cui un prototipo di laureato italiano si è accontentato gli rende 3 euro all’ora e non è di certo quello per cui aveva s(t)ud(i)ato.

E non si tratta di sogni e alti ideali, ma di veder realizzate le condizioni che aveva contribuito a costruire formandosi come cittadino di domani. Se Michele, trentenne morto suicida secondo le carte, ma ucciso dal precariato in realtà, ha deciso che non si poteva più lottare contro un sistema che è più forte della meritocrazia e del rispetto delle regole, allora non basta più domandarsi se sia giusto essere dalla parte di chi crede che la vita sia bella comunque e chi si è convinto che esistere sia solo sopravvivenza. Non basta il tuo personale approccio alla giornata, il tuo vedere il bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto; non è questione di prospettive, perché quelle ci sono ed hanno ragione di esserci. Qui parliamo di una realtà tutta italiana, troppo stretta per chi vuole prendersi ciò che merita, troppo ingiusta per chi vorrebbe anche solo garantito un piatto sulla tavola.

Possiamo benedire o meno la vita, decidere di vedere tutto bianco o tutto nero, credere che la felicità sia un attimo o una scelta, ma non possiamo chiudere gli occhi di fronte alla realtà.

Si può non benedire questa vita, ma si può non maledire questa società?

 

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