Il gol di Perrone in Foggia-Perugia finita 1-1 stagione 1997/98 in Serie B; il tuffo a vuoto di Marruocco che non evitò la rete di La Grotteria e la retrocessione rossonera nel 1999; la più o meno rapida risalita in C1; la rete di Mastronunzio che portò il Foggia in finale play-off di Serie C nel 2007, il tiro di Rivaldo all’ultimo secondo che fece perdere la B al Foggia nella maledetta finale di Avellino; il calcio-spettacolo di De Zerbi che finì amaramente nella finale play-off persa contro il Pisa; il pari di Fondi che riportò i satanelli in B dopo 19 anni, la festa a Foggia; il calvario dell’ultima stagione con retrocessione addirittura nei Dilettanti.
Quando celebri un compleanno ti passano inevitabilmente davanti tutti i momenti salienti di una storia. Quella del Foggia la vivo da 22 anni, ogni “maledetta” domenica: la prima partita in Curva Nord quando ero ancora studente, poi gli anni in Sud da tifoso, poi in Tribuna Stampa da giornalista e collaboratore dell’Ufficio Stampa nel secondo Foggia di Zeman, poi da giornalista-tifoso in Gradinata e oggi con l’abbonamento in Curva Sud. Quattro angoli in cui spalmare visuali di domeniche trascorse allo Zaccheria, con amicizie, condivisioni e mille situazioni vissute. Prima di questi 22 anni la “mia” storia sul Foggia Calcio era fatta di radio e tv: dalla radiolina dinanzi lo “Zac” quando i rossoneri giocavano in casa, che raccoglieva centinaia di papà e figli, alle immagini su 90° minuto e le tante trasferte viste sulle reti locali.
Chi ama lo sport e capisce di calcio la pensa così: Foggia non merita la D, soprattutto se si parla di 100 anni di storia. Non è solo per il blasone di gente come Maestrelli, Zeman, il “trio delle meraviglie” Signori-Rambaudi-Baiano e via trascorrendo; ma è anche per la particolarità del legame con la città che ha sempre intrecciato le sue fasi di vita con le fortune o sventure della propria squadra di pallone. Il presente purtroppo si chiama Dilettanti, con un futuro tutto da scrivere se consideriamo le incertezze societarie, la volontà di Felleca di andare avanti da solo che cozzano però con i costi di gestione che si presentano inevitabilmente se si pensa in grande, e che necessita perciò di altri ingressi societari a prescindere se alla fine sarà serie C o meno. Ma adesso è il momento di festeggiare, e siamo sicuri che in ogni cuore foggiano l’amore per il rosso e il nero permane immutato. Perché da queste parti la Categoria è davvero un dettaglio.
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