Quotare il grano italiano a 337-342 euro alla tonnellata, accordando ad esso un valore inferiore a quello canadese, è un segnale inquietante che mortifica e fa rabbia: così si dà il colpo di grazia alla cerealicoltura italiana e alla nostra sovranità alimentare nella filiera grano-pasta, mettendo le nostre aziende agricole spalle al muro e in una condizione non più sostenibile. Le quotazioni di oggi alla Borsa Merci di Foggia sono inaccettabili, perché il grano che i nostri agricoltori stanno raccogliendo ha valori superiori al 13% di contenuto proteico e un peso specifico davvero rilevante di 82-83 kg/hl. Si tratta di valori che, fino a due anni fa, determinavano un prezzo superiore ai 50 euro al quintale. Ora, invece, gli agricoltori non sono messi nemmeno nelle condizioni di coprire i costi di produzione. È una situazione davvero disastrosa, completata dalle basse rese per ettaro che fanno registrare una diminuzione dal 40 a oltre il 50% e da una siccità ancora più spaventosa in prospettiva. Se gli appelli, le petizioni, tutto il lavoro di proposta e mediazione che abbiamo fatto, le proteste degli agricoltori e il grido d’allarme lanciato ormai da oltre un anno non portano ad alcun risultato apprezzabile, allora dobbiamo pensare che ci siano interessi inconfessabili che volutamente mirano ad affossare la cerealicoltura italiana, favorendo l’aumento incontrollato delle importazioni da Paesi che producono con standard di sicurezza e di qualità alimentare nettamente inferiori ai nostri. Non possiamo accettare passivamente tutto questo”. ““Invitiamo i consumatori a scegliere la pasta 100% di grano italiano, per garantirsi salubrità e piena tracciabilità e per sostenere i produttori di grano italiano. Scegliamo i prodotti realmente italiani, perché solo così possiamo difendere la salute dei nostri figli e la nostra economia”. È Gennaro Sicolo, presidente di CIA Agricoltori Italiani di Puglia e vicepresidente nazionale dell’organizzazione, a denunciare tutta la gravità dell’inarrestabile declino che sta caratterizzando il valore riconosciuto al grano italiano.

“Ieri abbiamo chiesto che le Borse Merci di Bari e di Foggia, dopo due settimane senza quotazioni, tornassero a determinare il prezzo medio accordato ai cerealicoltori italiani per il loro grano. Abbiamo chiesto che le quotazioni tenessero compiutamente conto di due fattori: l’eccellente qualità del grano di quest’anno e i costi di produzione sostenuti dai cerealicoltori. Nessuno di questi due elementi è stato preso in considerazione. È un fatto che riteniamo gravissimo, perché costituisce un danno innanzitutto per migliaia di agricoltori, e perché incrina gravemente la fiducia che le imprese agricole vorrebbero poter avere nei riguardi delle istituzioni preposte a difenderne diritti, prerogative, aspettative di reddito e di sviluppo che riguardano direttamente e indirettamente tanti lavoratori e moltissime famiglie”.

IL CROLLO. Il 22 giugno 2022, il “fino” alla Borsa Merci di Foggia veniva quotato a 575-580 euro alla tonnellata, con i seguenti valori: contenuto proteico 12%, peso specifico 78 kg/hL. “Oggi, con valori proteici e peso specifico superiori, il nostro grano viene valutato attorno ai 340 euro, con una perdita netta di 200 euro alla tonnellata, con rese per ettaro inferiori ad allora e costi di produzione nettamente superiori. È evidente che qualcosa non torna. Una manovra speculativa favorita dal mancato avvio di Granaio Italia e del relativo Registro telematico per i quali ci siamo battuti e che se fossero stati già attivati, come noi stiamo chiedendo da oltre un anno, ci avrebbero fornito dati oggettivi, certificati, grazie ai quali parametrare quotazioni rispondenti alla realtà. Queste manovre speculative sono vergognose e finiranno per uccidere la cerealicoltura italiana”.

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