Può capitare di sbagliare un calcio di rigore. L’importante è ripresentarsi dal dischetto, prima o poi, per spiazzare il portiere e mettere a segno il goal più importante. La metafora calcistica spiega al meglio le seconde chance che tanti ragazzi del Centro Sociale “Don Antonio Palladino” di Cerignola stanno avendo per riappropriarsi della loro vita, ispirandola – questa volta – alla legalità e al rispetto delle regole.
Giuseppe Russo, direttore del centro situato nel quartiere San Samuele, nella serata di martedì 6 dicembre, è stato accolto dagli Allievi dello Stornarella Calcio e dalle scolaresche, per un colloquio sul tema della devianza sociale, delle droghe e dello sport inteso come correttivo. All’incontro erano presenti anche la professoressa Paola Grillo, il sindaco Massimo Colia e alcuni militari della locale stazione dei Carabinieri.
“Abbiamo fortemente voluto questo appuntamento – spiega mister Pasquale Ciccone – nella convinzione che non basti soltanto insegnare a calciare un pallone. Attraverso il nostro ruolo di educatori, abbiamo delle responsabilità più grandi, come il dovere di impartire ai ragazzi degli insegnamenti utili per diventare anche dei buoni cittadini”.
All’interno della navata della Chiesa BVM della Stella di Stornarella, i calciatori in erba hanno ascoltato le tante testimonianze provenienti da un quartiere – quello di San Samuele – finito recentemente al centro delle cronache, anche nazionali, in virtù dei disagi, dell’alta percentuale di dispersione scolastica e del tasso di criminalità che lo contraddistinguono. “Fort Apache”. Così è stato ribattezzato il rione cerignolano, dove dal 1999 è presente il Centro Sociale diretto da Russo e dalla Caritas Diocesana che, recentemente, ha istituito un anche un Centro di Ascolto per risultare ancora più prossima alle esigenze di tante famiglie relegate ai margini della società. A farne le spese, spesso, sono i minori di qualsiasi estrazione sociale e, per questo, il centro è dotato anche di un campo da calcetto dove i ragazzi “resettano” almeno per alcune ore le loro preoccupazioni.
“Ma oggi tutti i minori sono a rischio, non solo quelli dei quartieri disagiati” – sottolinea Russo, intervistato da questa testata. “A San Samuele la situazione non è tanto diversa da tante altre periferie che però non hanno avuto la stessa rilevanza mediatica. Per quanto ci riguarda, cerchiamo di lavorare affinché queste ‘etichette’ siano eliminate. Stiamo organizzando numerosi eventi per permettere alla gente comune di venire a vedere San Samuele, conoscere la gente che ci vive e non emarginarla. Da quando ci siamo noi quel quartiere è più sicuro, anche se indubbiamente c’è ancora molto lavoro da fare”.
Sullo sfondo le emergenze più pressanti, dalla mancanza del lavoro alle difficoltà abitative, spesso risolte attraverso la via più facile che conduce “al Paese dei Balocchi”; “un’illusione pericolosa che ti dà tutto e ti può togliere tutto velocemente”. In questi termini è stata spiegata la “devianza” ai giovani calciatori dello Stornarella. “Ma il passaggio fondamentale consiste nella formazione culturale che permette di avere più chance da spendere per evitare di cadere nella trappola della delinquenza”.
Oggi, dopo un recente blitz dei Carabinieri del Comando Provinciale, a San Samuele la situazione resta complessa. Quotidianamente circa 50-60 ragazzi affollano il centro e si sta cercando di creare un database che includa le criticità dei nuclei famigliari più esposti. Per spiegare la situazione ai ragazzi, il responsabile della Caritas ha dovuto necessariamente riportare alcuni esempi di vita e racconti da Fort Apache. Dal ragazzo che finito nel giro dello spaccio, poi è tornato al lavoro dei campi al fianco del padre. E poi: il figlio del boss che, dopo aver urtato un’operatrice sociale, si rifiutava di chiedere scusa “ad una donna tutt’al più”. Fino al dramma delle droghe che diventa un riempitivo per omologazione già dall’età pre-adolescenziale. E la dispersione scolastica, spesso con l’accondiscendenza degli stessi genitori.
“Lo sport – continua Russo – in questo senso può essere uno strumento educativo molto importante. Questo perché i valori di qualsiasi attività di gruppo sono improntati al rispetto delle regole. E non solo. La competizione sportiva insegna ad essere coraggiosi, requisito fondamentale per dire di no ai comportamenti scorretti”.
Poi si è congedato lasciando degli estratti del messaggio che Roberto Baggio ha rivolto ai giovani in occasioni del suo intervento dal palco dell’Ariston di Sanremo nel 2013: “Non credete a ciò che arriva senza sacrificio. Non fidatevi, è un’illusione. Lo sforzo e il duro lavoro costruiscono un ponte tra i sogni la realtà”.