Diffondiamo integralmente l’omelia di Monsignor Luigi Renna, vescovo della Diocesi di Cerignola Ascoli Satriano, pronunciata lo scorso giovedì in occasione dell’ordinazione episcopale di Monsignor Giacomo Cirulli, nuovo pastore della Diocesi di Teano – Calvi.
Carissimi fratelli Vescovi, carissimo don Giacomo, carissimi fedeli tutti, la solennità dell’Immacolata Concezione di Maria e il rito dell’ordinazione episcopale si illuminano a vicenda: da una parte l’opera di Dio in Maria, che viene ripiena della grazia e preparata ad essere la degna dimora di Cristo, e dall’altra il rito in cui lo Spirito Santo, per l’imposizione delle mani e la preghiera consacratoria, fa di questo nostro presbitero “colui che pasce in nome di Cristo, e colui che in cui Cristo stesso pasce il suo gregge” (S. Agostino).
Quel Dio che è venuto a porre la sua dimora in mezzo agli uomini, plasma ancora con la forza del Suo Spirito la vita della Chiesa. Il ministero di Pietro e degli altri Apostoli è come incluso, abbracciato, animato da un aspetto “mariano” che edifica la vita della comunità cristiana. Scrive papa Benedetto XVI: “In Maria, l’Immacolata, incontriamo l’essenza della Chiesa in modo non deformato. Da lei dobbiamo imparare a diventare noi stessi “anime ecclesiali”, come si esprimono i Padri, per poter anche noi presentarci “immacolati” al cospetto del Signore” (Benedetto XVI, omelia 8 dicembre 2005).
Guardando a Lei, lasciandosi avvolgere dal suo carisma di Madre, gli Apostoli vivono quell’unità che è il segno più grande della nostra credibilità nel mondo: la comunione nasce nel Cenacolo e viene testimoniata in tutto il mondo. E poiché la Chiesa è per sua natura missionaria, vuole dare “forma” di comunità ad un mondo travagliato da guerre e divisioni. Come Maria anche tu caro don Giacomo sei stato destinatario di uno sguardo di Dio che allora si posò sulla piccolezza di Nazareth, luogo quasi anonimo fino a quando in esso la Vergine riceve l’annuncio, e oggi si compiace di guardare la Nazareth della tua esistenza. Quale mistero di grazia c’è in ogni vocazione, e ancora di più in quella episcopale; un mistero che rimane nascosto ad una visione mondana che considera questo servizio di amore solo in un’ottica di carriera o di posizione di potere.
Ci ammonisce San Gregorio Magno che, nella “Regola Pastorale” afferma: “Spesso chi ha bramosia del potere usa strumentalmente (ad usum suae libidinis) e sostegno della propria ambizione il detto in cui l’Apostolo afferma: “Se qualcuno desidera l’episcopato, aspira a un compito di bene. “Lodando questo desiderio, egli però volge subito a motivo del timore ciò che era stato oggetto di lode, aggiungendo: “Ma è necessario che il vescovo sia irreprensibile…”.
Cari fratelli, chi può dire di essere irreprensibile, se non per la grazia che riceve, per la salvezza che gli viene elargita, per quella redenzione che ha raggiunto Maria nel giorno del suo concepimento e noi nel giorno del Battesimo e ogni volta che riceviamo i sacramenti di salvezza? Tutto nasce dal dono di grazia nella vita della Chiesa, per renderla “santa e immacolata”. “Ecco concepirai un Figlio”: questo l’annuncio a Maria, la vocazione della Vergine di Nazareth. Non le è dissimile la vocazione del vescovo, del quale nella preghiera di ordinazione tra poco diremo: “Effondi ora sopra questo eletto, la potenza che viene da te, o Padre, il tuo Spirito che regge e guida: tu lo hai dato al tuo diletto Figlio Gesù Cristo ed egli lo ha trasmesso agli Apostoli (…)”. Sul tuo capo, caro don Giacomo, durante tutta la preghiera di consacrazione, sarà tenuto aperto il libro dei Vangeli, perché sei chiamato a portare Cristo, Parola vivente del Padre. La Vergine lo portò nel grembo, tu lo porterai con l’ annuncio nutrito dalla preghiera e dallo studio della Sacra Pagina, con una sollecitudine che si fa parola e gesti di carità pastorale per tutti, e fa crescere la Chiesa.
Solo l’annuncio del Vangelo fa progredire nella Chiesa la testimonianza e la santità, così come ci dicono gli Atti ogni volta che la predicazione si diffondeva e fruttificava: “La Parola di Dio cresceva” (At 12, 24). Cresceva come il Verbo nel grembo di Maria, continuerà a crescere ogni volta che nella Chiesa che ti viene affidata darai il primato all’evangelizzazione, ogni volta che le scelte, in spirito di sinodalità, saranno prese “sotto la luce della Parola”. E quando quell’annuncio avrà come destinatari i poveri e la tua Chiesa si lascerà evangelizzare dai poveri, allora il Regno di Dio sarà più vicino e tangibile.
“Come è possibile? Non conosco uomo!”. Così esclamò Maria: credeva all’annuncio, ma si stupiva sul “come” quel Figlio sarebbe stato concepito. Noi ci fidiamo di Dio, ma tante volte non riusciamo a scorgere il “come” il Regno dei cieli avanza nella storia. Il pastore non può non condividere questi interrogativi con il suo gregge. “Come è possibile?”. Davanti alle domande che pone la vita, che pone la storia con le sue contraddizioni, il cuore del pastore è invitato con la Sua Chiesa ad ascoltare e fare discernimento. Non è più tempo – anzi non lo è mai stato – di chiudersi in una torre d’avorio, per scrutare da solo i “segni dei tempi” escludendo i fratelli presbiteri e laici! Il Santo Padre ci sta indicando – ed egli stesso ne dà l’esempio – la sinodalità, come agire di una Chiesa nella quale, come nella comunità degli Atti degli Apostoli, l’ascolto dello Spirito è unito a quello dei fratelli.
Sappi essere appassionato di comunione e sinodalità! Il tuo parlare, il tuo tacere, il tuo agire, abbiano a cuore l’unità del presbiterio e della famiglia diocesana. L’eredità più grande che lascerai come un buon padre, un domani, sarà l’unità della famiglia diocesana o per lo meno, ogni sforzo e sacrificio per alimentarla. E infine Maria acconsente dicendo: “Eccomi, sono la serva del Signore”. Per significare che sei servo davanti all’Altissimo ti prostrerai, caro don Giacomo, così come hai fatto nell’ordinazione diaconale e presbiterale. In quel gesto c’è quello che sei stato in questi anni di ministero: nelle parrocchie di Sant’Antonio qui a Cerignola, in quella dell’Addolorata ad Orta Nova, nella Caritas, nel Seminario Vescovile, nella docenza in Sacra Scrittura a Molfetta, nel ministero di esorcista e infine nel compito di vicario generale. Ora porterai quella che sant’Agostino chiama la “sarcina episcopalis”, e il tuo compito sarà quello di custodire la Chiesa, Sposa di Cristo, non per forza, ma volentieri, secondo Dio. Non spadroneggiando sulle persone a te affidate, ma facendoti modello del gregge” ( cf. 1Pt 5,1-4). Hai scelto un motto per questo servizio: Superimpendar pro anima bus vestris (cf. 2 Cor 12,15): “Mi consumerò per voi”, perché le tue energie sono tutte per la Sposa di Cristo e per il Regno di Dio, e perché non si può amare in Cristo se non così. Con san Gregorio Magno sento ancora di doverti raccomandare quello che raccomando a me stesso: “Sii lieto non di governare (praesse) sugli uomini, ma di far loro del bene (prodesse)” (Regola pastorale VI).
In te trovino tutti il servo, che rimane tale però solo se ha lo sguardo rivolto a Cristo: “È infatti nemico del Redentore chi, a motivo delle opere giuste che compie, brama di essere amato dalla Chiesa invece di Lui, macchiandosi così nel pensiero di adulterio, come se il servo che lo Sposo manda a portare doni alla sposa, volesse piacere agli occhi di lei. Quando l’amor proprio si impadronisce della mente del pastore d’anime, lo trascina ora ad una benevolenza disordinata, ora al rigorismo fatuo” (idem). Sia in te il cuore di un apostolo, sia in te l’amore di Maria. E se vorrai aspirare ad un titolo che riamane ed è garanzia di eternità e di affetto nel tuo gregge, chiedi al Signore che di te dicano semplicemente: è “uomo di Dio”.
† Luigi Renna Vescovo
(FOTO DI ROCCO SCHIAVONE)