Diffondiamo integralmente il messaggio del Vescovo della Diocesi Cerignola – Ascoli Satriano, Monsignor Luigi Renna, pronunciato in occasione della Festa Patronale di Sant’Antonio da Padova ad Orta Nova.
Carissimi fratelli e sorelle in Cristo, carissime autorità civili e militari, carissimi fratelli presbiteri e diaconi, ci sono delle occasioni, nella vita di una città, durante le quali tutti ci sentiamo uniti, mettiamo da parte distinzioni e divisioni, perché nel nome di una persona o di una idea ci sentiamo uniti. Nelle città di antica tradizione cristiana, quale è Orta Nova, ci sentiamo uniti nel nome del santo patrono, nel nostro caso uno dei più popolari, Antonio di Padova. Ci unisce non un’idea, né un personaggio che ha fatto grande la nostra storia, ma un Santo, una di quelle persone che la Chiesa propone come modello e come intercessore.
Quest’anno celebriamo la nostra festa patronale a pochi giorni dall’elezione del nuovo sindaco, il dr. Domenico Lasorsa, al quale faccio gli auguri e al quale consegnerò un messaggio augurale al termine della Messa. Chiesa e autorità civili, nella distinzione dei loro ruoli, sono chiamate, come insegna il Concilio Vaticano II, a vivere “un’autonomia relazionale”, che le vuole distinte e autonome, ma anche in collaborazione per il bene comune (cfr. GS, 73-76). Quest’attenzione alla politica porta a chiederci: Antonio di Padova si è interessato alle questioni politiche e sociali del suo tempo? La sua biografia ci fa dare una risposta affermativa: predicava il Vangelo, era un grande predicatore, ma il suo annuncio non “volava sulla testa delle persone”, era attento ai loro problemi. A Padova, in modo particolare, la sua predicazione condannò alla luce del Vangelo la grave piaga dell’usura. Molti poveri finivano nelle mani di banchieri e usurai senza scrupoli, ed egli così li apostrofava: “Voi siete come uno scarabeo, che raccoglie pallottole di escrementi, ma poi passa un asino e con le sue zampe calpesta gli uno, lo scarabeo, e l’escremento che ha accumulato”. E poi proseguiva: “gli avari sono come torchi che spogliano e schiacciano i poveri”; gli usurai “hanno denti che odorano di marcio, perché nella loro bocca c’è il luridume del denaro e gli escrementi dell’usura”. Sant’Antonio distingue gli usurai, che sono come “rettili che strisciano”, e gli usurai “scellerati, dannati e impudenti che praticano l’usura davanti a tutti, quasi in piazza”.
Ed infine, tutti conosciamo l’episodio della morte dell’usuraio: il Santo si trovò di passaggio per la predicazione mentre ci si apprestava a celebrare i funerali di un ricco signore. Antonio, colto da ispirazione divina, disse che quell’uomo non poteva essere sepolto in luogo consacrato, perché il cadavere era privo di cuore; fu chiamato un cerusico che aprì il petto, ma non vi trovò il cuore, mentre i familiari, aperto lo scrigno in cui il defunto conservava i soldi, vi trovò il cuore! Questo episodio ci dice che sant’Antonio si è interessato dei problemi sociali del suo tempo, li ha condannati, ha mostrato ai peccatori quali strade di dannazione o di conversione si aprivano davanti a loro, e alla gente con quale forza occorresse prendere le distanze dal malaffare. In lui vediamo realizzate le parole con le quali Gesù invia i suoi Apostoli: “Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura”. È quello che la Chiesa fa, dal Vescovo al catechista, al genitore che insegna al figlio a pregare. La forza del Vangelo non è compatibile con le opere del maligno, per cui Gesù annuncia che chi crederà sarà accompagnato da questi segni: scacciare i demoni […], prendere in mano i serpenti […], bere un veleno senza subirne l’effetto mortifero.
Quando avanza la luce del Vangelo, e avanza sul serio, certe opere di morte svaniscono e si sciolgono come neve al sole. Possiamo ben dire che i segni dell’autenticità dell’annuncio sono quattro e si traducono in: combattere il male che procura morte; comunicare e relazionarsi in modo rinnovato; vincere ciò che avvelena la convivenza, la vita e le relazioni; e prendersi cura dei malati. È il compito delle parrocchie, delle associazioni e dei movimenti: badate, che solo questi segni ci dicono se stiamo annunciando bene. Sono la “cartina al tornasole” dell’annuncio e della catechesi! Ma poi, come cittadini di Orta Nova, uniti dalla devozione a sant’Antonio di Padova, dobbiamo chiederci se stiamo debellando la corruzione nella nostra vita, nella nostra famiglia, nella nostra città. Combattere la corruzione che, come dice papa Francesco, puzza: “La corruzione è una tentazione, è uno scivolare verso gli affari facili, verso la delinquenza, verso i reati, verso lo sfruttamento della persona […]. Una cosa corrotta è una cosa sporca! […] Un cristiano che lascia entrare dentro di sé la corruzione non è cristiano, puzza”. Miei cari Ortesi, sant’Antonio ha amato il Signore, ha annunciato il Vangelo, ha amato le città dove è passato, portandovi una ventata di conversione. Amate Orta Nova come la avrebbe amata sant’Antonio, come la ama: solo rettitudine e vita buona del Vangelo, niente malaffare.
† Luigi Renna Vescovo