È andato in scena nella corte di Palazzo Pascale-Cavalli a Lucera, “I cavalli di Mosè”, il primo evento organizzato dalla Fondazione Mosè La Cava per mantenere viva la memoria dell’artista lucerino scomparso due anni fa. Una vera e propria festa – che ha registrato una grande partecipazione di amici, artisti, estimatori – ispirata allo stile di Mosé che era solito accogliere le persone nella sua casa-studio.
«La casa di Mosè era un po’ come la Factory di Warhol, un luogo dove ci si incontrava e nascevano le idee», ha raccontato il presidente della Fondazione Paolo Lops, che ha aggiunto: «Una delle ultime grandi cose che abbiamo organizzato a Foggia con Mosè è stato l’Affiche. Chiamammo quaranta artisti da tutta l’Italia che ci mandarono le immagini in digitale, le stampammo e le appiccicammo in tutta la casa, che divenne subito una galleria».
Partendo da questa esperienza, la Fondazione ha pensato di chiamare due artisti di Lucera, Giuseppe Petrilli e Andrea Petrillo, che hanno conosciuto Mosè e hanno collaborato con lui, chiedendo loro di fare un intervento sull’opera “I Cavalli”.
Perché “I Cavalli”? La scelta non è stata casuale. «I cavalli di Mosè appartengono al periodo in cui lui è vissuto a Venezia e si è ispirato ai Cavalli della Basilica di San Marco. Ci è sembrato giusto presentare la costituzione della Fondazione in suo nome proprio con un’affiche realizzata in un luogo che lo rappresentasse, che è appunto Palazzo Pascale-Cavalli. In questo palazzo con Mosè abbiamo curato dei restauri, dei decori; sotto la volta di questa corte c’è uno stemma che raffigura un cavallo», ha spiegato Paolo Lops.
E proprio sui cassettoni ai lati dello stemma sono state posizionate le affiche di Giuseppe Petrilli e Andrea Petrillo, che durante la serata hanno illustrato i loro interventi, tra aneddoti e racconti personali.
«Non ho voluto interpretare la sua opera ma ho pensato di dare una continuità, aggiungendo ai due cavalli di Mosè altri due. Sperando che questo galoppo sia infinito nel tempo e si moltiplichi per sempre», ha affermato Giuseppe Petrilli, ricordando il primo approccio con Mosé (quando gli presentò una cartellina di disegni per collaborare ad una rivista di fumetti e fu letteralmente bocciato), le prime mostre insieme e l’attività di action painting in uno storico locale del capoluogo.
«È stato il primo artista di Lucera ad avere una visione di arte internazionale», ha sottolineato Petrilli.
Mosè infatti pur amando la propria città e le sue tradizioni – lo dimostra anche l’impegno profuso per l’Associazione 5 Porte Storiche – ha sempre guardato oltre i confini territoriali.
L’intervento di Andrea Petrillo, invece, prende spunto dalle lunghe e appassionate chiacchierate con Mosè sui loro artisti di riferimento, fatte soprattutto durante la condivisione degli spazi di Palazzo Clearco Cavalli, dove Mosè sognava di creare una sorta di Bauhaus lucerino. «A me piacciono Caravaggio e il Barocco napoletano, a lui piacevano Rubens, Rembrandt, la pennellata di Velasquez. Così ho pensato di reinterpretare un’opera di Rubens che porta in gloria l’effige di una Madonna, portando in gloria la firma di Mosè», ha spiegato Andrea Petrillo. Durante la serata è stato presentato il catalogo delle opere di Mosè – contenente i dipinti realizzati dall’artista nell’arco temporale che va dal 1992 al 2012 – che lui stesso aveva progettato e che la Fondazione ha voluto stampare con l’editore Claudio Grenzi. Il catalogo è disponibile online.