Come da programma, si è svolto ad Accadia l’annunciato convegno dal titolo “Il grande brigantaggio tra il Vulture e l’Alta Irpinia”. A promuovere la bella e stimolante iniziativa, l’associazione Pro Loco sotto l’attenta e competente guida della sua presidente Concetta De Bellis. Ed è stata proprio la presidente del sodalizio ad aprire i lavori, dopo aver dato il benvenuto al pubblico presente presso la sala multimediale del Comune, dove si è tenuta l’iniziativa. Presenti anche numerosi alunni di alcune classi del locale Liceo Scientifico, dal momento che la manifestazione si è realizzata anche con la collaborazione dell’istituto omnicomprensivo dei Monti Dauni e con il patrocinio del Comune di Accadia. Dopo i saluti di rito e una approfondita introduzione al tema del convegno da parte della presidente De Bellis, infatti, sono arrivati i saluti e i complimenti della dottoressa Anna Eleonora Andreana, assessora ai Servizi Sociali del Comune di Accadia e quelli del professore Costantino Rampino, responsabile del plesso del Liceo Scientifico del paese. Preciso, ordinato e minuzioso, il primo intervento, quello del professore Francesco Volpi, docente di storia e filosofia che, con una pacatezza esemplare e una ricchezza di particolari, racconta il dramma di quegli anni difficili, che videro contrapporsi desideri e frenesie di espansione territoriale a migliaia di singole realtà fatte di stenti e povertà, fatte di uomini che si trovarono a vivere in una terra ricca solo di miseria dove, per inseguire un futuro migliore, spesso si rischiava di morire fucilati, troppe volte anche con processi sommari. Storie che la successiva proiezione del documentario “Il grande brigantaggio tra il Vulture e l’Alta Irpinia”, realizzato e commentato dal suo autore, l’avvocato Antonio Di Martino, prova a documentare e testimoniare proprio attraverso le ragioni degli sconfitti, raccontando pensieri e riflessioni di quell’esercito di uomini e donne meridionali che, spinti da un’antica fame di terra e di lavoro, dopo l’unità d’Italia si fecero briganti nella vana speranza di ottenere un minimo di benessere, giustizia e libertà. Furono essenzialmente queste le ragioni e le dinamiche che all’indomani dell’unità d’Italia portarono migliaia di meridionali a ribellarsi e a dare vita al fenomeno di un brigantaggio reazionario e legittimista che si oppose a una unificazione imposta con armi e leggi inique. “Da qui l’esigenza e la voglia di rileggere con gli occhi dei vinti quella storia ancora oggi negata”, ha spiegato nel suo intervento di chiusura il giornalista Rosario Brescia. “Questo solo ed esclusivamente nell’idea di ridare dignità alla memoria di un popolo, a migliaia di oppositori e ribelli che – come riportò anni fa il noto scrittore e giornalista Raffaele Nigro in un suo articolo) -, “magari furono prima con Garibaldi a Calatafimi e al Volturno e poi gli furono contro, quando seppero che aveva permesso a Bixio di fucilare i contadini a Bronte. Perché i contadini si aspettavano la terra, e invece si accorsero che c’era stata solo una rivoluzione borghese e non una rivoluzione sociale”.

NESSUN COMMENTO

LASCIA UN COMMENTO