Con la vittoria di Ermal Meta e Fabrizio Moro si è concluso il Festival della Canzone di Claudio Baglioni. Sono stati mille giorni di te e di me con quella tua maglietta fina che avrai strada facendo. In un clima di nostalgia del razzismo arriva un “capitano coraggioso” che si definisce “dittatore artistico” e forse, vista la mala paranza, sarebbe stato meglio affidare la kermesse canora nazionale ad un presentatore di colore: Carlo Conti. La Hunziker invece conquista tutti, ma soprattutto il suo odontoiatra che una volta per tutte dovrà risolvere il problema della sua paralisi facciale. Ridarella ingiustificata a parte, questa più invecchia e più è figa che manco Dorian Gray o meglio Jennifer Aniston hihihihih. Favino parte come un diesel ma poi conquista tutti con il suo monologo sull’accoglienza nell’ultima serata. E’ la dimostrazione che il cinema può essere sdoganato anche sul piccolo schermo, anche se poi ti ritrovi, come nel caso di Sanremo, a fare i conti con autori canimaledetti. Ma in questa rubrica le pagelle ignoranti devono riguardare soprattutto le canzoni e i cantanti, quindi sotto con i giudizi (non prima di aver ascoltato un’altra canzone di Baglioni)…
ANNALISA, 7.5: Ha 12 anni ma è già alla 13esima partecipazione al Festival di Sanremo. Con tutte le apparizioni sul palco dell’Ariston e i piazzamenti d’onore ottenuti senza vincere un tubo si sta guadagnando dignitosamente l’eredità di Totò Cotugno. Per il resto ha una voce che sembra registrata e una canzone anche abbastanza carina ed orecchiabile. La sua avventura si conclude al terzo posto, ma un premio lo porta comunque a casa: Sanremo ‘frequitudine’ 2018, a tratti sembrava Miriam Leone. MIAO
DECIBEL, 5.5: Questa reunion dello storico gruppo degli anni ’70 funziona più o meno come il Ciao che ho in garage, quando provo ad accenderlo con intervalli quinquennali. L’omaggio a David Bowie è l’unica cosa apprezzabile, per il resto i tizi canuti con occhiale da sole scuro sembrano aver perso il cane guida o tuttalpiù essere usciti da un porno vintage. “I see the mountain in front of her”. Caro Enrico torna a fare “Il bivio” che mi piacevi di più. VINTAGE
DIODATO E ROY PACI, 5 : Che cavolo ci fa Paolo Belli a Sanremo? Ah no quello che Roy Paci che suona la tromba come sottofondo a Diodato di sodio. Vabbé fatto sta che ci sono almeno 45 trombe nell’orchestra di Sanremo e che tra chitarristi, clarinettisti e trombettisti pare una fanfara più che un festival. Dobbiamo sfatare questo mito che i cantanti e tutti quelli che fanno parte del jet set trombino più degli altri. “ADESSO” PUO’ BASTARE
ELIO E LE STORIE TESE, 4: In Italia da poco è entrata in vigore la legge sul fine vita e sull’eutanasia. Perché non approfittarne “musicalmente” parlando? Guccini nelle sue interviste ricorda sempre che un cantante deve avere l’umiltà di fermarsi quando sente di aver dato tutto e di non poter fare nulla di nuovo. Gli Eli dovevano fermarsi almeno un decennio fa per concludere dignitosamente una carriera costellata di successi e monocigli. LA BELLA CANZONE DI UNA VOLTA.
ERMAL META & FABRIZIO MORO: 7.5. Canzone bella e dal tema quanto mai attuale. Una canzone che per questo motivo diventa il classico formato che ogni anno aspira alla vittoria del Festival. Il loro trionfo dimostra quanto gli italiani siano legati allo storytelling dell’eroe che risorge dalle sue ceneri e, nonostante le avversità, riesce a vincere. Dopo la sospensione nella seconda serata i due capelloni strappano la vittoria; un po’ lo stesso trend che farà vincere le elezioni a Berlusconi. GIUDICI KORROTTI!1!1 A fine Sanremo resta solo un dubbio: leggendo i testi di “Vietato Morire” e “Non mi avete fatto niente” ma quanti schiaffi avrà preso Ermal Meta da ragazzino? BULLISMO
GIOVANNI CACCAMO, 5: Ma chi cazz è? Me lo sono chiesto per tutta la durata del Festival, senza riuscire a darmi una risposta. Inoltre me ne sono guardato bene dal digitare “cacc…” su Google perché temevo di potermi disturbare la cena. L’unico Caccamo che può godere della mia stima è quello che in giacca celeste e cravatta sgargiante dispensava le sue analisi sportive con il Golfo di Napoli alle spalle. ‘O STRUZZO DI MARE
LO STATO SOCIALE, 8: Un po’ come per tutte le novità in Italia e come per tutte le nuove proposte politiche, “si tutto bellissimo ma fuori dai coglioni”. Arrivano secondi con la vittoria che in termini di vendite e successi sarà sicuramente alla loro portata. Alla fine ha prevalso l’appello al voto utile, contro la nuova proposta di cui ci si riempie la bocca ma al momento di ballare c’è sempre la vecchia che deve fare gli straordinari. NON SUCCEDE MA NON SUCCEDE
LUCA BARBAROSSA, 6: “Passame er sale” è una bella prova d’amore in romanaccio, ma la scelta di portarla al festival della canzone italiana è parsa piuttosto azzardata. Alla prossima edizione mi aspetto “Forza Roma, forza lupi, so finiti i tempi cupi”, canta Francesco Totti e presenta Ilary Blasi. Pare che abbia vinto anche il premio “miglior ascella pezzata” ma per il resto si merita una sufficienza striminzita. BARBAGIALLOROSSA
MARIO BIONDI, 4.5: Nelle prime due serate del festival ha ingravidato 35 donne in platea solamente con la sua voce. Con questo dono divino che si ritrova potrebbe cantare anche “era meglio morire da piccoli con i peli del culo a batuffolo…” che sembrerebbe comunque un pezzo soul. Poco male se la canzone sanremese facesse abbastanza cagare, tanto si torna a Natale con una playlist natalizia che babbonatalelevati e Micheal Bublé pure. SECSI
MAX GAZZE’, 8: “La leggenda di Cristalda e Pizzomunno” è davvero una favola in musica e la voce del buon Max si abbina alla grande a questo racconto mitologico ambientato sulle spiagge della Puglia. I romantici e i fan di Gazzè ci hanno sperato fino all’ultimo ma la vittoria non è arrivata, anche perché forse più che una canzone è sembrato appunto un dialogo con sottofondo musicale. Il buon Max ottiene comunque un risultato non di poco conto, quello di ottenere tre mesi di vacanze a scrocco a Vieste, con l’ombrellone migliore e il cocco più fresco. MAX GAZEBO
NINA ZILLI, 5- : Soltanto di trucco, parrucco e stilista avrà speso una barca di soldi per presentare una canzone sciapa, senza capo ne coda. Abbiamo capito che fa figo imitare Mina però adesso è il tempo di cacciare la cazzimma. La ricorderemo sempre per aver fatto la colonna sonora a Pro Evolution Soccer 2011, ma da un pò di tempo non nitrisce più come una volta. Forse si trova più a suo agio come giudice di The Voice, Italia’s got Talent, Forum ecc… PER ME E’ NO
NOEMI, 6.5: Ci ha provato con la tecnica della minne di fuori ma Sanremo non è mica un esame all’Università. La sua voce nasale farebbe torcere il capo a qualsiasi otorinolaringoiatra ma adesso va di moda quindi avrebbe potuto fare meglio. Noemi è la classica amica di scuola che si mette i leggins nonostante magari tu gli consigli puntualmente di mettere “qualcosa di più comodo” e lei ti dice “no, guarda che sto bene…”. Attenzione perché domani potrebbe tornare sul palco dell’Ariston e chiedere in maniera insistente di farsi cambiare un pellicciotto che ha “scagnat culor”. FESCION
ORNELLA VANONI, BUNGARO E PACIFICO, 7-: Una canzone con un testo bellissimo cantata da un ectoplasma appena scongelata, ma pur sempre una leggenda della musica italiana. “Conservo l’infanzia, la pratico ancora” è un verso che non ti aspetti da una che giocava con le barbie insieme a Cleopatra. Nonostante tutto, nell’Italia del revanscismo e dalla nostalgia, sta roba funziona. Sul palco, alla premiazione per la migliore interpretazione, Ornella Svarioni si guarda intorno spaesata come se avesse perso per quattro sere consecutive le puntate de Il Segreto. E’ andata proprio così. CODICE “HAMMURABI” PER VOTARE
RED CANZIAN, 4: Sti Pooh si sono divisi più della sinistra italiana, disperdendo più o meno lo stesso livello di dignità. Sto red coso sembra uscito da una puntata di Games of Thrones, però a livello vocale regge ancora a differenza dei suoi ex amici dei Winnie the Pooh. Una canzone mediocre che non cattura, nonostante le ambizioni roccheggianti. E STI CANZIAN
RENZO RUBINO, SV: Non so chi sia e non l’ho beccato per niente durante le serate di Sanremo, ma si è esibito durante la pubblicità? BOH
ROBBY FACCHINETTI E RICCARDO FOGLI, 3.5: Ad un certo punto ho pensato che nel ritorno audio avessero il tempo impostato sul meridiano di Greenwich avanti di un’ora. L’unico attacco che è parso saldo è stato quello dei capelli di Riccardo Fogli, ma per il resto è stato uno spettacolo obriobrioso da far ricrescere un testicolo a Paolo Bitta e da far addirittura rimpiangere Francesco Facchinetti. Questi sono i risultati di un sistema previdenziale che in Italia non permette di godersi la propria pensione in tranquillità. PUU!
RON, 8: Su Ron va fatta una dovuta precisazione: aveva una canzone così bella che era difficile fare schifo. Il testo scritto da Lucio Dalla e pubblicato postumo è qualcosa di unico al punto che quasi sembrava di sentire la voce del grande cantautore bolognese. Ma Ron è Ron, pensate che nonostante questo la canzone è piaciuta comunque. Nell’ultima serata si presenta con due labbra viola color Tavernello, ma i brividi (a discapito di tutto ciò) restano. MARONN
THE KOLORS, 6-: Premio mascella gigante vinto a mani basse. Immagino che il nome “The Kolors” sia giustificato dall’abbigliamento imbarazzante del cantante, con ste giacche da Sgt Peppers che ci hanno sfracellato la minchia, così come le canzoni che hanno il doppio titolo di cui uno tra virgolette, per i poveri e gli ignoranti che non sanno chi è Frida. Per ripetitività e monotonia mi è parso che abbiano sostituito il tamburo gigante presente sul palco con i miei testicoli. Ma tutto nelle previsioni. KOLORS IRRITABILE