Un ponte fatto di carta e inchiostro. Una necessaria connessione tra il mondo degli innocenti e quello dei “colpevoli”, nel tentativo di superare una distanza che poi risulta dirimente sull’efficacia del carattere rieducativo della pena detentiva. “Colpevoli – Vita dietro (e oltre) le sbarre” è il titolo dell’ultimo libro di Annalisa Graziano, edito da La Meridiana e presentato in prima assoluta presso la sala “Rosa del Vento” della Fondazione Banca del Monte che nella persona del presidente Saverio Russo ha tanto creduto nelle idee delle giornalista e assistente di volontariato foggiana.

DSC_0002Il testo prende le mosse da lunghe chiacchierate con la direttrice dell’Istituto Penitenziario Foggiano, Mariella Affattato, la cui collaborazione ha permesso alla scrittrice di addentrarsi tra le celle di via delle Casermette per raccontare stralci di vita dei condannati. “Spesso sono i foggiani stessi a non sapere neanche dove si trova il carcere di Foggia” è stato detto nel corso della presentazione che ha visto tra gli intervenuti anche Pasquale Marchese, presidente del Csv Foggia; Roberto Lavanna, sociologo e direttore del Csv; Giuseppe Altomare, direttore in missione del carcere di Foggia; Elvira Zaccagnino, editrice de La Meridiana, il professor Aldo Ligustro dell’Unifg e Daniela Marcone, vicepresidente nazionale di Libera e curatrice della post fazione di “Colpevoli”. Per Annalisa Graziano, non è stato un esordio sia come scrittrice che nel merito di un tema così delicato. Soltanto un anno fa, infatti, insieme al fotografo e storico Giovanni Rinaldi, prendeva vita una mostra fotografica di successo alla quale è poi seguito un opuscolo che ne spiegava i contenuti con commenti e didascalie. “L’altra possibilità” ha rappresentato la prima breccia in un muro inscalfibile che separa la società integerrima da coloro che hanno sbagliato e che prima o poi in quella società dovranno ritornarci.

DSC_0006L’ultima esperienza editoriale ha puntato tutto sul racconto discorsivo e sulle descrizioni minuziose delle interminabili ore passate all’interno di una cella angusta, nel tentativo di dissipare anche i soliti cliché a riguardo delle abitudini dei detenuti. “Chi pensa che costoro vogliano soltanto oziare si sbaglia alla grande – spiega Graziano, sulla scorta di ciò che visto durante le sue lunghe sortite nel carcere. “Sono persone che hanno bisogno di distrarsi e fare qualcosa per dimenticare il loro passato che riaffiora costantemente”.

Superare la sbarra dell’alt non è stato un compito semplice per la giovane giornalista che ha potuto contare sulla collaborazione di diverse associazioni di volontariato e sull’accompagnamento infaticabile di agenti di polizia penitenziaria. Per la redazione di questo libro, così come è stato raccontato a più riprese dalla Graziano e dalla Zaccagnino, gli intoppi più grandi sono stati rappresentati dalle prescrizioni della legge e dalla burocrazia che non hanno consentito, ad esempio, di intervistare detenute di sesso femminile. Gli intervistati, tutti uomini e con condanna definitiva, sono stati scelti all’interno di una lista di detenuti già avviati ad un percorso rieducativo di revisione del reato.

Ne deriva un documento con un’utilità trasversale, sia verso i detenuti che si sono raccontati e hanno riflettuto sul loro status, sia verso una società di innocenti che ha bisogno di conoscere le limitazioni degli altri per imparare a dare valore alla propria libertà.

DSC_0005“Questo testo non vuole far passare il messaggio che gli intervistati siano delle brave persone, perché hanno sbagliato e quindi non lo sono affatto” – ha sottolineato Elvira Zaccagnino, nel giustificare la scelta editoriale. “Più che altro, l’idea di fondo è stata quella di far capire che queste persone, seppur con tutti i loro limiti, debbano poter avere una seconda chance, per tornare alla pari con tutti gli altri”.  Tra le tante storie, quella di un 75enne ergastolano è senza dubbio la più toccante di tutto il testo. “Una storia che parla di vita e che andrebbe fatta leggere nelle scuole, per capire la forza di volontà di un uomo che quasi certamente passerà il resto della sua esistenza in una cella” – conclude la Zaccagnino.

“Colpevoli”, dunque, non è soltanto una didascalia da incollare sulla soglia delle porte sbarrate. E’ anche e soprattutto uno stimolo per costruire legalità, partendo dal luogo dove l’illegalità si concentra per antonomasia. Non è un caso se Libera, l’organizzazione che si occupa di avversare tutte le mafie, ha sposato il progetto di Annalisa al punto che Don Luigi Ciotti abbia curato la prefazione del testo, con Daniela Marcone che invece ha redatto la post fazione.

“Ogni delitto, ogni reato, segnano uno strappo, spesso incolmabile, nella nostra società” – conclude Marcone. “Questo libro si prende la briga di provare a ricucire, con calma e dedizione, questo strappo ed è nato dalle persone migliori di questa città, le stesse che mi hanno consentito di rimanere qui anche dopo l’uccisione di mio padre”.

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