La prima sperimentazione risale al 1986, in seguito al disastro nucleare di Chernobyl, che portò al divieto di coltivazione nelle zone circostanti, a causa della contaminazione del terreno. Negli anni immediatamente successivi si moltiplicarono le iniziative “eco friendly” di messa in sicurezza dell’area, come ad esempio il trasferimento dei pascoli e l’introduzione di colture resistenti alle tossine. Tra queste si distinse il progetto “Phytotech”, nel corso del quale si scoprì l’utilizzo benefico delle piantagioni di marijuana per la bonifica dei terreni contaminati. Dopo l’operazione degli scorsi giorni ad Ordona, alcuni cittadini, sulla scorta di questa rilevanza scientifica confermata, hanno sottolineato una ben accetta “funzione sociale” che avrebbe potuto avere il maxi campo da record sequestrato in contrada Cavallerizza, nascosto all’interno di una delle cave dismesse che furono utilizzate per tombare illecitamente i rifiuti.

La “ferita” di quanto emerse dal processo Black Land, ad Ordona non si è ancora risanata. In quelle stesse colline, dove i Carabinieri hanno effettuato l’ultimo ritrovamento “stupefacente”, non molti anni fa fu scoperto un traffico illecito tra imprenditori delle province del napoletano e  proprietari terrieri consenzienti che permisero lo sversamento di oltre 300 tonnellate di rifiuti. Da allora, di fianco alla querelle giudiziaria, si è mossa – molto lentamente – la procedura per la bonifica di quegli stessi terreni, a pochi passi dal sito archeologico di Herdonia. Oggi, dopo interrogazioni parlamentari e parziali interventi degli enti locali, la situazione non si è ancora risolta del tutto, al punto che sulla zona penderebbe ancora un divieto di coltivazione di prodotti agroalimentari, “perlopiù ignorato” – come confermano alcuni agricoltori locali. Proprio nella medesima contrada agricola, i tre individui fermati dai Carabinieri del Comando provinciale, sfruttavano il ribassamento del terreno per nascondere ai passanti la coltura illegale: un campo di sei ettari, le cui fronde venivano ripetutamente tagliate per farle sembrare quasi delle piante di pomodoro, tant’è che anche l’impianto di irrigazione era lo stesso. Per questo motivo, nessuno si sarebbe accorto di quanto si verificava da anni nell’ex cava dei rifiuti. La foglia veniva essicata sul posto e poi smerciata sulle piazze di spaccio, finendo nei polmoni dei consumatori, ignari del fatto che la dose fosse stata coltivata su un sito “alterato”. E’ stata una segnalazione anonima, per quanto si apprende da fonti interne alla Caserma “Guglielmi”, a rompere la coltre di isolamento che ha permesso ai gestori di campo di restare impuniti per troppo tempo.

Dopo che è stata resa pubblica la notizia, la gente di Ordona, nonostante il record nazionale, non è parsa più indignata di quanto già non lo fosse prima. Per il semplice fatto che, la sperimentazione di Cernobyl, fosse già nota a gran parte di loro; gli stessi che da anni si aspettano la completa bonifica del terreno.

“Pare che la marijuana abbia la proprietà di purificare il terreno – spiega il signor Leonardo – e allora ben venga se si sostituisce allo Stato che ancora fa tardare il suo intervento. Anche se, chiaramente, è stato giusto assicurare alla Giustizia queste persone coinvolte in traffici illeciti”.

Si tratta di una zona molto tranquilla” – ci spiega una signora ordonese. “Dopo quello che è successo anni fa, tutta l’area è stata recintata, per questo mi sembra molto strano che proprio lì, i Carabinieri, abbiano rinvenuto un campo così vasto”. Dalle strade circostanti era possibile vedere cosa stava succedendo nella cava, come confermano gli stessi abitanti della zona. “Infatti – ci spiegano – passandoci affianco si nota soltanto un avvallamento, mentre percorrendo la strada principale che conduce a Castelluccio è ancora più difficile scorgere qualcosa, visto che la zona si trova su una collina. Avevano studiato tutto alla perfezione per non essere scoperti. Soltanto dall’alto era possibile rendersi conto di quello che stesse accadendo”.

Prima di rendere pubblica la notizia, i Carabinieri hanno impiegato 3 giorni per rimuovere tutta la marijuana fiorita nel campo ordonese. Hanno fatto intervenire delle ruspe cingolate e dei camion per trasportarla in un autorimessa e darle fuoco, proprio mentre tutti gli abitanti della zona vedevano svanire un’ulteriore possibilità di “purificare” – seppur mediante un’attività illecita – un terreno la cui storia nobile e antica è stata ripetutamente macchiata da troppi fatti di cronaca.

 

Il parere dell’esperto. “Esistono due grandi specie di Canapa: la Sativa e l’Indica” – questo è quanto, intervistato da questa testata, ha voluto specificare l’agronomo Mirco Di Cataldo. “Entrambe hanno delle qualità specifiche che le differenziano in maniera sostanziale, in quanto la prima è quella in campo alla quale vengono riconosciuti dei benefici fitobonificanti, mentre la seconda è quella coltivata per ottenere sostanze stupefacenti, per la quale non abbiamo alcun riscontro sulla depurazione del terreno”. Secondo l’esperto, la Sativa avrebbe un apparato radicale in grado di assorbire dal terreno le sostanze tossiche ed immetterle all’interno della pianta. Non sarebbe l’unica coltura ad avere questa capacità, tant’è che anche gli oppiacei ed alcune qualità di girasole siano dotati della stessa funzione purificatrice. “In Italia – sottolinea Di Cataldo – abbiamo diverse sperimentazioni in questo senso, alcune delle quali avviate già da parecchi anni. Le più importanti si trovano nella Terra dei Fuochi, a Brescia, e nei pressi dell’Ilva di Taranto, dove con il progetto ‘canapa’ stanno piantando ettari di sativa per sottrarre al terreno sostanze nocive. Per avviare queste sperimentazioni però è necessario adempiere a tutte le osservanze prescritte dalla legge, comunicando con precisione all’autorità, le dimensioni e le finalità di fitorisanamento. Nel caso del campo di Ordona – conclude Di Cataldo – non è possibile stabilire un collegamento tra il rinvenimento e una possibile e ignara funzione di questo tipo, perché sulla qualità ‘indica’ non sono ancora state scientificamente accertate le stesse proprietà della sativa”.

 

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