Lo sport. Un’occasione di incontro, di sfogo, magari anche un momento di allontanamento dalla pressione quotidiana. Che sia una partita di calcio tra amici o l’allenamento serale post lavorativo, fare movimento è da sempre sinonimo di benessere oltre che di socializzazione. Ma cosa sarebbe lo sport senza l’inclusione?
Proprio questa è la domanda che l’associazione giovanile coratina Beyond Borders, incentrata sui programmi europei di mobilità internazionale e diffusione delle culture e tradizioni europee, si è proposta di fare nel nostro paese.
Il progetto Play for Inclusion, patrocinato dall’Unione Europea attraverso il programma Erasmus+, consiste in una serie di attività sportive finalizzate a favorire lo sport come mezzo di inclusione di ragazzi emarginati dalla società e minoranze. Tali eventi, svoltosi a conclusione di un corso di formazione presso la città di Nis, in Serbia, ha coinvolto diverse associazioni provenienti da Paesi come Bosnia-Erzegovina, Albania, Bulgaria, Macedonia e Grecia.
Per l’Italia la giovane associazione coratina Beyond Borders si è attivata, con tutto lo spirito e lo zelo giovanile che ne caratterizza i suoi membri.
Per questo sono stati organizzati nei mesi di gennaio, febbraio e marzo 2017 cinque eventi sportivi realizzati a Corato e a Orta Nova al fine di combattere il razzismo e la xenofobia nello sport. Uno di questi eventi si è svolto domenica 29 gennaio presso lo stadio di Corato, dove le due squadre del Corato e del San Marco sono scese sul campo di calcio con le maglie di Play for Inclusion, in nome di valori come rispetto reciproco, tolleranza nonché fair play.
Tra gli altri eventi organizzati su questa scia dall’Associazione culturale coratina ci sono state due partite di calcetto, rispettivamente e cinque e a sei, a Orta Nova, alle quali hanno preso parte giovani italiani come ragazzi di origine extracomunitaria. A questi si sono aggiunta una partita di pallavolo e una partita di basket a Corato, dove ragazzi e ragazze coratini, insieme ad alcuni ospiti della “Casa famiglia della Mamma” sono scesi in campo tra palleggi e schiacciate con ragazzi richiedenti asilo proveniente da Paesi come Nigeria. Tutto questo in collaborazione con il progetto SPRAR di Bari e Corato.
Tra parole in inglese e condivisione di esperienze si è cementato lo spirito dello sport come elemento unificatore. E’ proprio là che le parole non servono più, ma sono i gesti, gli sguardi, le risate e la voglia di partecipare e, perché no, di vincere a irrobustire legami, che vanno oltre l’appartenenza a realtà socio-culturali diverse.
Lo sport riesce a fare tutto questo? Non è solo violenza, scandali e quanto di più negativo i media sono soliti riferire. Lo sport può ancora riuscire nell’intento nel quale la politica a tutt’oggi fallisce: includere e re-integrare.
Comunicato Stampa Beyond Borders