Il futuro di un territorio a forte vocazione agricola passa imprescindibilmente dalla disponibilità di acqua. E l’assioma che preoccupa associazioni di categoria, imprese agricole e politica all’indomani dell’ultimo campanello d’allarme che riguarda l’emergenza siccità.

La diga di Occhito è ai livelli minimi e questa situazione, ormai perdurante, ha indotto al razionamento delle forniture. Lo hanno confermato dai vertici dell’Acquedotto Pugliese, in accordo con l’Autorità idrica pugliese, la Regione Puglia e l’Autorità di Distretto dell’Appennino Meridionale.

“La situazione di siccità che investe il nostro territorio, causa della progressiva riduzione di risorsa alle fonti, impone manovre di regolazione idraulica nelle reti”. Questo è quanto si legge nell’ultimo comunicato di AQP con il quale sono state annunciate delle diminuzioni di pressione su tutto il territorio di riferimento, con disagi soprattutto per le residenze nei piani alti non dotati di autoclave. L’acquedotto sancisce, dunque, un’emergenza idrica che preoccupa le utenze che comunque godranno di standard al di sopra dei livelli minimi previsti dalla Carta dei Servizi.

Ma la faccenda si fa sempre più seria anche perché le condizioni atmosferiche per ora non stanno rispettando le previsioni del cambio di stagione. Già da agosto le autorità di settore avevano avviato una campagna comunicativa per sensibilizzare la popolazione contro gli sprechi. Ma i problemi atavici, registrati soprattutto in Capitanata, restano sempre i medesimi, tra temperature troppo elevate e infrastrutture forse non più adatte ai cambiamenti. Tanto si è fatto (e si sta facendo) dal punto di vista degli impianti di depurazione delle acque, ma i problemi restano sulle condutture che risultano vecchie e poco manutenute. Pochi giorni fa, ad esempio, aveva ceduto la condotta principale “integrativa per la Capitanata”, causando un ulteriore calo di pressione.

Ha reagito subito il sindaco di Foggia, Franco Landella, con un’ordinanza anti spreco, al fine di controllare l’utilizzo extra domestico di acqua sul territorio della città capoluogo. Ma il tema è dibattuto anche in provincia. Se n’è parlato anche durante un convegno tenutosi ad Orta Nova, nell’ambito della decima edizione della Settimana della Cultura, conclusasi lo scorso weekend.  Un territorio che da tempo non riesce a sbloccare progettualità importanti, ferme da oltre 30 anni, e che oggi si accorge di quanto l’emergenza sia non più da scongiurare ma da arginare. Il Basso Tavoliere, infatti, è alimentato dalla diga di Capacciotti ed è una zona che da tempo registra il progressivo esaurimento di pozzi artesiani e rifornimenti idrici per l’irrigazione dei campi.

Al tavolo tecnico, organizzato dall’associazione culturale “L’Ortese”, ne hanno parlato esperti del settore alla presenza di Onofrio Giuliano, presidente della sezione provinciale di Confagricoltura e del Gal Tavoliere, che sicuramente potrà essere uno strumento utile di dialogo in questa direzione.  “Tutto ciò che abbiamo imparato fino ad ora, nel campo dell’agricoltura, va messo da parte – ha affermato Giuliano- in quanto i cambiamenti climatici epocali hanno distorto quella ciclicità a cui eravamo abituati. Lo testimoniano i grandi danni che anche quest’anno abbiamo registrato, soprattutto per la vite, ma anche per le colture ortive che non hanno avuto un livello di somministrazione idrica sufficiente. Nonostante l’aumento dei prezzi, gli agricoltori non hanno comunque avuto un ristoro economico dal raccolto, a causa della diminuzione delle quantità. Ma personalmente ritengo che si debba lavorare più sul dato culturale che sulla richiesta di nuove infrastrutture, per guardare meglio al futuro”.

Mancavano, seppur invitati, i rappresentanti della Regione Puglia, che spesso, sul piano della programmazione, hanno ignorato questa fetta consistente di Capitanata. Su questo punto è stato molto polemico l’assessore alle politiche agricole del Comune di Orta Nova, Alessandro Paglialonga, che dal palco ha ribadito l’urlo di dolore del suo territorio: “E’ necessario formare gli agricoltori alla produzione di colture che si adattino meglio alle nuove mutazioni climatiche. In secondo luogo – sottolinea l’assessore – è prioritario utilizzare nuovi metodi di irrigazione confacenti alle colture applicate. Questa fertile terra ha sete più che mai oggi, per questo ci aspettavamo di poter interloquire con le Autorità Regionali che invece hanno disertato questo dibattito”.

Nel corso della tavola rotonda sulla crisi idrica è emersa anche la necessità di defiscalizzazioni con forme di ammortizzatori sociali per gli operatori del settore primario che fanno utilizzo di prelievo di risorse idriche dal sottosuolo tramite pozzi, e quindi sgravi fiscali sulle tassazioni dell’energia elettrica o sull’acquisto di carburante. Ma i rappresentati del Consorzio di Bonifica, durante il dibattito, hanno perorato il “valore sociale” del prezzo minimo dell’acqua su scala nazionale. E’ quanto ha confermato il dottor Luigi Nardella, responsabile dell’area agricoltura di Corso Roma.

“Il Consorzio ha un parco progetti articolato – ha spiegato – ma purtroppo è sempre più difficile realizzare le idee a causa della mancanza di risorse e a causa dei tanti enti che sono demandati a prendere decisioni. Sul riuso delle acque reflue, ad esempio, paghiamo un forte ritardo anche per via di normative troppo stringenti. Questa via potrebbe rappresentare una soluzione ad un problema che riguarda tutta la società, non solo il comparto agricolo”.

La discussione, quindi, si è soffermata a lungo sulla necessità di implementare le infrastrutture, risalenti ad uno schema idrico del 1910. I relatori si sono divisi sull’importanza della costruzione di nuovi invasi per evitare il pericolo concreto in alcune parti del territorio. Nel cassetto ci sono ancora dei progetti approvati ma, per varie vicissitudini, dimenticati, come ad esempio quello della diga di Palazzo d’Ascoli.

 

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