Ci sono disastri che si consumano in silenzio e lentamente, altri che avvengono in maniera talmente veloce e inaspettata da attirare l’attenzione dei media e dell’opinione pubblica. Dopo l’incendio che ha inghiottito in una notte le strutture protettive della Villa di Faragola, l’occhio di bue si è acceso giustamente sulla gravità dell’accaduto ma a pochi chilometri c’è un altro sito archeologico che continua a perdersi giorno dopo giorno, nel silenzio. Si tratta di Herdonia, la straordinaria città romana scoperta negli anni ’60 -’70 nei pressi dell’abitato di Ordona, nella valle del Carapelle.

Al momento sono stati scavati solo 2 ettari su 20 e ciò fa pensare che sottoterra ci sia un tesoro tale da risultare uno dei siti archeologici più grandi del sud Italia. Il tutto è rallentato da un’annosa querelle giudiziaria che vede da una parte impegnata Ambretta Cacciaguerra, la proprietaria del sito dove vi sono le grandi testimonianze storiche, dall’altra il MIBACT he aspetta di concludere l’esproprio per poter lanciare un progetto di continuazione degli scavi e futura fruizione.

Negli scorsi giorni ha richiamato l’attenzione di istituzioni ed esperti, il consigliere comunale di Ordona con delega ai beni culturali, Gianfranco Francesco Papagno, il quale, dopo essersi recato nell’area degli scavi, ha constato l’inesorabile deterioramento delle splendide strutture riemerse.  Il problema però è rappresentato soprattutto da quelle che non ancora sono del tutto emerse. Infatti Papagno si è recato nella parte meno conosciuta di Herdonia, quella che si trova al di fuori del foro, alle spalle della basilica. In questa zona si trova uno splendido complesso termale che fu scavato parzialmente fino al 2000 da una troupe guidata dal professor Giuliano Volpe in persona. Da questa zona emersero dei mosaici bellissimi che ornavano le vasche per l’acqua calda e quelle per l’acqua fredda, ma per mancanza di fondi e per il mancato buon esito dell’esproprio Volpe fu costretto a ricoprire quelle meravigliose strutture che oggi sono alla mercé di qualsiasi imprudente avventore.

Quando terminarono gli scavi in questa zona – riporta l’assessore Papagno – il tutto fu ricoperto con un telo speciale che ha il compito di isolare e proteggere gli scavi. Sopra il telo fu messo un sottile strato di brecciolina, ma nonostante questo oggi chiunque può recarsi sulla zona, sollevare il telo ed ammirare i mosaici a tema e tutto il resto, lasciando poi il tutto esposto alle intemperie. Negli ultimi giorni sono stato sul posto e ho notato che la situazione sta lentamente peggiorando e, in virtù di ciò, se mai dovessero ripartire gli scavi un giorno, probabilmente non potremmo più ammirare interamente quanto di bello ci riserva quest’area”.

22141103_10214178570327447_2470306451833604155_nSebbene la zona sia stata recintata e sia ufficialmente chiusa ai turisti, i meglio informati non rinunciano a scendere in questa conca per vedere da vicino il mosaico con i pesci, forse una delle testimonianze meglio visibili di Herdonia. Esposta al pericolo furti, ma soprattutto al corso naturale dell’erba, in questa parte meno conosciuta del sito si notano anche i resti di legna data alle fiamme, probabilmente o da tombaroli in azione di notte o dai pastori che percorrono queste vie per la transumanza. In una delle sue ultime apparizioni televisive, il presidente del Consiglio Superiore dei Beni Culturali e Paesaggistici, Giuliano Volpe, capo spedizione negli scavi sulle terme, ha ammesso l’errore per essersi avventurato in una situazione non ancora chiara dal punto di vista burocratico – giudiziario.

“E’ un tema che ho sempre presente, per altro tipico della riflessione archeologica” – ha affermato Volpe a Teleblu. “Sono a favore della ricopertura degli scavi quando non ci sono le condizioni per renderli fruibili, poiché questi grandi buchi aperti dopo poco diventano immondezzai e ricettacoli di spazzatura. Ma l’esperienze del passato insegnano.  Dopo quanto accaduto ad Herdonia mi sono sempre rifiutato di intraprendere dei lavori in proprietà private, perché poi succede che ci si trova di fronte all’impossibilità di andare avanti e quindi alla necessità di dover ricoprire tutto”. Ad esempio a Faragola lo stesso si trovò ad agire su un territorio già precedentemente espropriato dal Comune di Ascoli Satriano.

“Dispiace dover constatare ancora una volta il fatto che la lenta distruzione di Herdonia non interessi più a nessuno, non susciti più alcuna indignazione. Dopo quanto è accaduto a Faragola – conclude Papagno – è stato incoraggiante vedere come il Ministero abbia subito reagito stanziando i primi fondi per la ricostruzione. Però, allo stesso modo, ci piacerebbe vedere la medesima attenzione su Herdonia che vive una tragedia giorno dopo giorno, anche nella zona che è già stata espropriata ma è comunque ancora esposta al deterioramente e all’incuria”. 

Le terme alla fine degli scavi
Le terme alla fine degli scavi

LO SPLENDORE DELLE TERME. Le terme di Herdonia rappresentano l’ultima zona scavata di tutto il sito archeologico di Herdonia, impantanato nelle faide giudiziarie tra pubblico e privato.  Per raggiungere questo straordinario complesso si deve uscire dalla zona più nota del foro e percorrere una strada di terra battuta in direzione dell’abitato di Ordona.  I primi scavi, su quest’area, sono partiti negli anni settanta e, dopo una lunga interruzione, sono stati rilanciati a partire dal 1997, fino al definitivo tramonto. Al momento della massima estensione degli scavi, sono stati individuati alcuni ambienti di vani rettangolari, con un’abside sul muro in fondo e tanti pilastrini sistemati al centro, molti dei quali sono andati perduti o si trovano sparpagliati in altre zone del parco archeologico.  Questi servivano a sorreggere un pavimento rialzato al di sotto del quale veniva immessa l’aria, calda o fredda a seconda delle sale da raggiungere. Erano in parte visibili anche un corridoio porticato con un mosaico geometrico in bianco  e nero in cui sono rappresentati pesci. Quest’ultimo attualmente si trova al di sotto di un telo e di uno strato di brecciolina su cui cresce l’erba. Le terme dovevano essere caratterizzate da un certo lusso, considerando anche il rinvenimento di numerose lastre di marmo e di decorazioni di stucco che abbellivano le volte.  Si stima che questo importante edificio fu costruito nel II secolo, in coincidenza con la grande risistemazione di tutta la città di Herdonia. L’area fu ristrutturata nel periodo tardoantico, forse in seguito ad un terremoto di cui sono rimaste delle tracce sulle strutture portanti riemerse.Un restauro ha riguardato anche il mosaico con le raffigurazioni marine, nel quale era chiaramente individuabile una linea di separazione. Lo si capisce dall’impiego di tessere musive di diversa dimensione e da figure che più arrotondate rispetto alle precedenti.  L’acqua era un grande problema all’epoca in questa zona, per cui sicuramente vi erano opere di grande ingegneria sulle terme.

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