Nelle regioni d’Italia che malauguratamente hanno conosciuto il picco dei contagi da Coronavirus si è verificata una vera e propria insubordinazione delle ditte di pompe funebri, i cui i dipendenti chiaramente erano costretti ad operare a stretto contatto con il pericolo. Un settore strategico che è composto da esseri umani, costretti a confrontarsi anche loro con le paure e con l’ansia di portare a casa questo mostro invisibile; un settore che, come tanti altri, ha conosciuto dei profondi cambiamenti in questo periodo di stravolgimenti e di emergenza sanitaria. Eppure quello dei servizi funebri è un settore sicuramente di pubblica utilità, fatto di prossimità e di vicinanza verso le famiglie colpite dai lutti, tutti aspetti del mestiere che, in situazioni come quella che stiamo vivendo, vengono meno per forza di cose.
“Anche noi conviviamo con la paura, come tutti i lavoratori che ancora oggi possono continuare ad esercitare, secondo quanto previsto dai decreti”. E’ quanto affermano dall’impresa funebre Cannone di Orta Nova, in un’intervista rilasciata a Il Megafono. “Eppure siamo determinati ad andare avanti, prendendo tutte le dovute precauzioni. I nostri dipendenti, in ogni occasione in cui sono chiamati ad intervenire, dispongono di una completa bardatura su ogni parte del corpo, alla stregua di quanto fanno medici e infermieri nelle corsie dedicate alla cura del Coronavirus”.
Con questa protezione integrale che copre volti ed espressioni, gli addetti delle pompe funebri sono chiamati ad intervenire in caso di decesso ospedaliero o nelle abitazioni. In entrambi i casi c’è sempre una preoccupazione dovuta all’emergenza sanitaria, ma – come spiegano dalla ditta Cannone – gli accessi in ospedale sono estremamente sicuri. “Da
quando è iniziata questa emergenza, i nostri dipendenti non vengono in alcun modo a contatto con le salme all’uscita dagli ospedali per questioni di sicurezza. Piuttosto la nostra preoccupazione riguarda maggiormente i casi di decessi nelle abitazioni, perché effettivamente non sappiamo da quale patologia sia stato causato, se ci sia stato o meno un caso di positività. Nel dubbio ci sentiamo in dovere di adottare comunque tutte le precauzioni del caso, osservando la normativa recente che in ogni caso vieta il trasporto a cassa aperta, la vestizione del defunto, la sua tanatocosmesi e ogni altro tipo di trattamento solitamente previsto”.
In questa fase di consapevolezza del problema, sono in primis le famiglie dei deceduti (venuti a mancare in questo periodo per cause non ascrivibili al Coronavirus) ad adottare comunque le tutele del caso e ad accettare l’impossibilità di svolgere dei funerali secondo i canoni comuni. Sì perché il dramma più toccante di tutta questa emergenza è quello di non poter dare l’ultimo saluto ad un congiunto, in quanto le norme anticontagio non prevedono lo svolgimento di funerali e di assembramenti presso il cimitero.
“Le scene più drammatiche alle quali assistiamo in questo periodo” – riporta a Il Megafono la ditta Cannone – “sono quelle relative ai parenti dei deceduti che filmano o fotografano con il cellulare il momento della tumulazione, per conservare un ricordo e mostrarlo ai parenti che non possono chiaramente assistere alla cerimonia funebre. Da tutto questo chiaramente esce ridimensionato anche il nostro lavoro che consiste anche nel creare un momento di vicinanza e di commiato per la famiglia. Ma in questo periodo ogni cerimonia funebre è ridotta ai minimi termini”.
La sofferenza più grande è certamente quella relativa alle perdite di congiunti per i quali non si ha neanche la possibilità di dare loro l’estremo saluto. Come nel mito di Antigone la legge dell’uomo cozza contro le regole del buon senso e dell’etica comune, in un periodo in cui la priorità è la salute pubblica. Ci sarà tempo per recuperare queste mancanze, nella speranza che si possa uscire al più presto da questo tempo così difficile per tutti e che si possa arrestare il contagio, ma nell’immaginario collettivo di tutti resteranno i momenti difficili che hanno caratterizzato questo periodo.