“Bella Ciao” è il canto delle manifestazioni, dei gruppi giovanili e studenteschi in segno di disapprovazione ma è anche identificata come la canzone che rappresenta la sinistra italiana. Dietro a tutto questo immaginario contemporaneo c’è una storia lunga decenni, se non anche di un secolo.
Ora ha un testo diffuso e dalle parole inequivocabili ma di esso, nelle tracce pervenute dal passato, ci sono tante versioni e rappresentazioni. È una canzone popolare divulgata, nelle sue differenti versioni, tra le regioni del Piemonte e Veneto ma alcune tracce sono state individuate anche nel centro Italia. Il perduto amore, la liberazione dal lavoro opprimente e la morte sono le tematiche dei differenti testi tramandati, principalmente, in forma orale. Ed è sulla base del metodo di diffusione l’origine dei costanti cambiamenti di contenuto e significato.
“Alla mattina appena alzata/ o bella ciao bella ciao bella ciao ciao ciao/ alla mattina appena alzata/ in risaia mi tocca andar.” È l’incipit di una versione diffusa negli anni Trenta. Non si parla di invasori ma di lavoro in risaia. Nei diversi studi, sul testo, si rintraccia la trasmissione di questo inno nel lavoro dei campi di risaia. Saranno proprio le mondine del nord e centro Italia a tramandare questo inno di liberazione. “ Ma verrà un giorno che tutte quante/ o bella ciao bella ciao bella ciao ciao ciao/ ma verrà un giorno che tutte quante/ lavoreremo in libertà.”
Con Bella Ciao è narrato anche l’amore in cui, anziché raccontare dell’immagine del partigiano, quel “fiore” indica Rosettina o Rosina “che l’è morta per l’amor.” Molteplici sono le fonti che raccontano e diffondono il motivetto di Bella Ciao, già dalla metà del XIX secolo. Qualche traccia si ritrova anche tra i testi antichi di canti popolari francesi, forse dovuto alla vicinanza con il Piemonte.
Nello scenario contemporaneo, il testo Bella Ciao è presentato negli anni Sessanta in alcune manifestazioni artistiche dalla ex mondina Giovanna Daffini. In realtà, la stessa Daffini ha fornito diverse testimonianze sulla paternità del testo fin quando, a metà degli anni Sessanta, un ex partigiano e mondino rivendicherà di essere l’autore e di averla scritta agli inizi degli anni Cinquanta ma non ci sarà modalità oggettiva per accettare questa testimonianza.
Non è da escludere la presenza del testo nella Resistenza emiliana già dal 1944. Probabilmente con un testo diverso e frammentario ma alcuni partigiani della 77ª Brigata Sap ricordano di averla ascoltata nei giorni che hanno preceduto la Liberazione.
A oggi, Bella Ciao è diffusa in oltre quaranta idiomi. Seppur con parole diverse, tutte le lingue inneggiano alla libertà, al popolo che resiste. “(…) quasi a segnare il confine – come enuncia lo scrittore e cantautore Carlo Pestelli– tra il buio della guerra e una nuova primavera dei popoli: un’elegia del presente che è anche, e sempre una conquista esistenziale e una continua rinascita della storia della libertà.