Era l’8 Settembre del 1999. Un giovane ragazzo albanese di 22 anni moriva presso l’ospedale di Cerignola in seguito ai traumi e alle ferite riportate dopo il pestaggio subito alcuni giorni prima nelle campagne di questa città da parte di alcuni caporali. La sua “colpa” quella di non essersi voluto piegare alla violenza, al sopruso e allo sfruttamento, nel nome della propria dignità e dei propri diritti. Quel giovane ragazzo aveva un nome: Hyso, vittima innocente di una mafia del caporalato che continua anche oggi a generare dolore e morte.
Nel 24° anniversario della sua uccisione, la Cooperativa “Pietra di scarto”, in collaborazione con l’associazione “Libera contro le mafie” e col patrocinio dell’Amministrazione Comunale di Cerignola, vuole ricordare Hyso in una giornata che sarà allo stesso tempo di memoria, di impegno e di festa. Giovedì 7 settembre presso il “Laboratorio di legalità F. Marcone”, si partirà alle ore 17:30 con il laboratorio di passata artigianale “Sals’ & Bukkac” rivolto a persone di tutte le età.
Alle ore 19 ci sarà il momento dedicato a Hyso e alla sua storia, in compagnia di Daniela Marcone, responsabile del settore “Memoria” di Libera contro le mafie, Poliksenj Telharaj, sorella di Hyso e una video testimonianza della Cooperativa “Engim”, che gestisce beni confiscati alla mafia in Albania. La giornata terminerà con un piccolo aperitivo realizzato con i prodotti della cooperativa. “Hyso in questi anni è diventato per noi compagno di strada e di lotta, simbolo di una umanità che non arretra e si batte per affermare che prima delle braccia ci sono le persone”, afferma Pietro Fragasso della cooperativa Pietra di Scarto, “a lui e alla sua famiglia abbiamo fatto una “besa”, che in albanese vuol dire “promessa da mantenere a tutti i costi”: quella di continuare la sua lotta contro ogni sopruso e ogni caporale, perché la
sua morte non sia stata vana”.
“La storia di Hyso Telharaj è la storia di un ragazzo di 22 anni come tanti, che decise di venire in Italia dall’Albania per darsi l’opportunità di un futuro migliore di quello che la sua terra aveva da offrirgli e per aiutare la sua famiglia”, riferisce la referente di Libera contro le mafie, Federica Bianchi. “Il suo progetto di vita trovò, nel sistema del caporalato in Capitanata e nelle sue logiche spietate, un ostacolo a cui egli ebbe il coraggio di opporsi. Pagò con la vita la sua ribellione ma oggi il suo nome è un simbolo di riscatto e rinascita, che ha creato un ponte tra Italia e Albania.

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