Per conoscere il territorio multiforme della Capitanata, non basta passeggiare tra i vicoli storici dei suoi 61 Comuni. Servirebbe, piuttosto, battere quei tratturi sterrati che raccontano storie di transumanza, di civiltà contadina, di insediamenti rurali e di ordini monastici di tempi remoti. E’ quello che fa, per lavoro e per passione, Alex De Muzio (32 anni) di Masserie di Puglia. Con il suo team di architetti e designer (composto da Iole Stanziale e Renato Gaita) si occupa di redigere progetti di recupero di architetture storiche, ma contestualmente a ciò anche di censire l’immenso patrimonio di masserie rurali, palazzi, poste e dogane che caratterizzano il territorio agricolo della provincia di Foggia e di tutto il meridione d’Italia.

LE ORIGINI DI “MASSERIE DI PUGLIA”. Il progetto è nato nel 2014, quando è iniziata anche l’attività sui social network, di pari passo con quella professionale. In poco tempo gli scatti delle antiche masserie abbandonate hanno fruttato ben 10.000 followers su Facebook e 6500 seguaci su Instagram, accompagnati dalla nascita di altre pagine satellite. “Ci piace girare per tutta la Puglia – racconta Alex a Il Megafono – ma ancora di più amiamo le nostre campagne. Ci siamo appassionati al nostro entroterra che è vario e presenta un patrimonio architettonico con storie ancora oggi poco raccontate”. Dopo questo primo passo, lo studio di Masserie di Puglia ha iniziato ad avvalersi della consulenza di esperti finanziari specializzati in ambito di agevolazioni fiscali e finanziamenti a fondo perduto. Attraverso bandi europei e regionali si forniscono delle soluzioni a tanti privati che ereditano un podere o a persone che vogliono intraprendere una nuova e stimolante vita bucolica in Puglia.

IL CENSIMENTO DELLE STRUTTURE. Seguendo questa passione e sulla scorta delle esperienze lavorative, Alex e il suo team hanno girato in lungo e in largo per la Puglia, occupandosi anche di effettuare un censimento delle antiche strutture rimaste ancora in piedi. Basta incrociare antiche cartine e attuali rilevazioni. All’ultima conta, soltanto in provincia di Foggia, ne sono state individuate circa 700, escludendo le strutture dell’ONC e i poderi dell’Ente Riforma Fondiaria. Tutti edifici che servivano a chi lavorava la terra per tenere al sicuro i raccolti e restare vicino ai campi, in periodi dove gli spostamenti non erano certo semplici. Ce ne sono di diverse e agli occhi degli esperti è facile risalire alla loro collocazione geografica, semplicemente dal materiale di costruzione: dalle pietre dell’entroterra del Gargano, alla crusta della piana del Tavoliere, arrivando a laterizio e pietra di fiume in alcune zone dei Monti Dauni. Tutte queste strutture conservano un tratto della storia della Puglia, un tratto identitario delle civiltà che le hanno costruite, un tratto che spesso rischia di essere consegnato all’oblio.

GLI ENTI CHE STANNO LAVORANDO. Infatti i privati tante volte non hanno interesse a conservare questi complessi edilizi che hanno comunque una valenza pubblica. “In alcuni casi gli agricoltori urtano volontariamente con il trattore, sperando che crolli qualche parete o il soffitto, perché molto spesso l’imposizione fiscale risulta veramente esagerata e senza senso. In altri casi c’è interesse nella loro rivalutazione, infatti abbiamo ricevuto chiamate anche dall’America e dal Nord Italia, di recente soprattutto per ciò che concerne il Gargano e la Valle d’Itria” – commenta Alex. “Per tutta la Puglia servirebbe un’unica cabina di regia, così come è stato fatto per i Monti Dauni, attraverso l’operato del Gal Meridaunia”. La Regione – approvando un Piano Paesaggistico Territoriale – ha effettuato solo un censimento di queste strutture storiche, apponendo un vincolo, per la loro protezione, contro l’incuria e il disinteresse. Nonostante questo, ogni tanto, qualche masseria sparisce nel nulla. “Ho assistito all’abbattimento di una risalente al ‘700 – ricorda con amarezza Alex – è stato un colpo al cuore”.

QUALCOSA STA CAMBIANDO. Eppure, forse anche grazie alle ben note difficoltà attuali che impongono mete isolate e distanziamento, qualcosa sta cambiando nella sensibilità della gente. “Negli ultimi anni abbiamo assistito ad uno spopolamento progressivo delle campagne, ma adesso i giovani sembrano apprezzare questi luoghi dimenticati da tutti. Chi può – conferma Alex – cerca di costruirsi una seconda casa in campagna, dove trascorrere i mesi estivi. Chi eredita queste strutture, non esclude a priori di andarci a vivere. Qualcosa sta cambiando”. Anche secondo il team di Masserie di Puglia, lo step successivo da fare sarebbe quello di creare una rete organica che possa intercettare anche un turismo ‘slow’ – come viene definito adesso – e al contempo creare una narrazione attorno a queste architetture che spesso sono regie poste delle pecore, tenute poderali o fortificazioni che raccontano storie di brigantaggio o della seconda guerra mondiale, come riparo per soldati americani, inglesi e tedeschi.

LA PARTICOLARITA’. Tra queste storie e tra le tante meraviglie toccate con mano, ce n’è una che Alex racconta con tanta emozione. Quella volta che, in una masseria vicino San Severo, sulle pareti del primo piano, emerse un disegno prezioso: “Quella struttura fu occupata dagli americani durante la 2a guerra mondiale” – spiega Alex. “Al primo piano vi erano gli uffici e in quegli uffici transitarono quasi sicuramente i disegnatori della Walt Disney, lo abbiamo capito da alcuni disegni di Topolino fatti con il gesso”. Ma tante altre sono le particolarità che ormai fanno parte di questo lungo viaggio.

PROGETTI PER IL FUTURO. Dopo tanti progetti andati a buon fine e dopo la prima pubblicazione nel 2017 (ndr. Masserie nella Terra dei Laghi), questo team di giovani professionisti è alla continua ricerca di nuovi stimoli. “Ci sono ancora molte aree da esplorare e questo ci fa pensare che conosciamo ancora una piccola parte del nostro territorio”. Attualmente ci sono 5/6 progetti aperti per ciò che concerne la rivalutazione delle architetture rurali, ma la speranza è che da questa attività professionale e da questa passione possano esserci delle ricadute positive per l’intero territorio. “Confidiamo che si possa dare la giusta dignità alla nostra storia agricola” – conclude Alex. Non è affatto una storia di serie B, perché tutte le storie vanno raccontate, ammesso che ci sia qualcuno che le ascolti e qualcuno che le racconti.



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