Nel tentativo di trasformare un evento drammatico in qualcosa che possa smuovere le coscienze, abbiamo raccolto la testimonianza di un padre che ha perso suo figlio per colpa della droga. Adesso è possibile dirlo in quanto tutti gli accertamenti hanno dato un riscontro definitivo. Quel maledetto 17 settembre, lungo la strada provinciale 110, nei pressi di Ordona (in provincia di Foggia) veniva rinvenuto il cadavere di un uomo, Nardino Scagliozzi (37 anni) all’interno di una cunetta a bordo strada. Da quel momento, anche su impulso dei familiari, si è aperta un’indagine volta a far luce sulle cause di questa tragica morte. L’uomo, che ha lasciato la moglie e due figli, è morto per colpa dell’abuso di sostanze stupefacenti.

A distanza di otto mesi dal tragico ritrovamento e di pochi giorni dall’esito definitivo dell’indagine, il padre di Nardino, Leonardo Scagliozzi, ha deciso di diffondere un appello rivolto a tutti coloro che si trovano nella medesima situazione di suo figlio, ovvero coloro che quotidianamente abusano di droghe, mettendo a rischio la loro incolumità. Per farlo ha dovuto mettere da parte quella cappa di riservatezza (e anche di una certa ipocrisia) che troppo spesso impedisce la trattazione del tema e che invece si dovrebbe approfondire per evitare che possano accadere altre tragedie di questo tipo.

Visibilmente scosso per questa grande perdita e ancora addolorato per quanto accaduto, Leonardo Scagliozzi racconta le ultime ore di vita di suo figlio. “Stando a quanto abbiamo potuto visionare tramite le telecamere di videosorveglianza, Nardino era inizialmente diretto presso una piazza del paese. Poi improvvisamente ha cambiato itinerario e si è recato in quella zona dove, nel tentativo di scavalcare una recinzione, si è ferito e ha perso la vita. Nel suo corpo – spiega il padre a Il Megafono – vi era più del quantitativo di droga che l’organismo riesce ad assimilare e da ciò si comprendono le scelte sconsiderate che Nardino ha compiuto quel giorno. Eravamo tutti a conoscenza di questa sua debolezza, ma purtroppo non siamo riusciti ad aiutarlo”.

E’ chiaro che in tutto questo tentativo di salvataggio dai tentacoli della droga non basta soltanto l’intervento della famiglia. Molte volte è fondamentale anche affidarsi agli enti che si occupano di disintossicazione e di recupero. Ma il primo passo è prendere consapevolezza del pericolo. Ecco perché la testimonianza di questo padre, lacerato dal dolore, è rivolta soprattutto ai giovani della sua comunità, tanti dei quali hanno intrapreso la via delle droghe leggere e magari sono già arrivati ad assumere regolarmente cocaina. “Troppi giovani nella nostra comunità hanno intrapreso la brutta strada della cocaina” – racconta Leonardo Scagliozzi. “Io non sono stato un genitore perfetto, nessuno lo è e nessuno si può vantare di esserlo, perché i figli quando sono in questo tunnel sanno nascondere bene. Ho sempre saputo e combattuto la debolezza di Dino, pensavo che ne fosse uscito ma mi sbagliavo”.

Troppo spesso la dipendenza dalle sostanze stupefacenti viene sottovalutata. Nella sua lucida analisi il signor Leonardo suggerisce l’inasprimento delle pene, maggiori provvedimenti a livello legislativo, perché queste persone che entrano nel tunnel della droga possono risultare un pericolo anche per chi gli sta intorno, perché guidano, vanno a lavoro, si spostano e agiscono in una realtà alterata. Molto spesso anche le Istituzioni risultano essere sorde al problema e quindi l’unico argine resta la comunità di appartenenza, la famiglia e gli amici. L’appello si conclude con la necessità di ricordare la storia di Dino per evitare che possa accadere ancora. “La mia speranza è che i giovani possano trovare la forza di uscirne e di chiedere aiuto. E a voi famiglie, cercate di non abbassare la guardia, tirate fuori le unghie e i denti e aiutate i vostri figli a venirne fuori, abbiamo il dono della scelta, scegliete di vivere, smettete, fatelo per mio figlio”.



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