“La mia vita è stata come salire su un treno, ed essere già arrivata. Una corsa veloce, oggi più affannosa di allora”. Non è mai troppo tardi per raccontarsi in un libro, non lo è mai neanche per le vite prive di eroismo, ma comunque dense di significati. E’ la storia di Maria Tozzi, per tutti “zia Maria”, una delle ostetriche più amate nella comunità di Carapelle, ma non solo; capace di sapersi guadagnare, nei duri anni del secondo dopoguerra, la stima e la fiducia di centinaia di gestanti della zona. Eppure non è stato così facile iniziare un percorso tanto desiderato. Dalla sua città natale, Orsara di Puglia, Maria decise di andare a studiare all’Università di Napoli, contro il volere della famiglia e delle tradizioni di allora per le quali era impensabile che una donna si allontanasse, in giovane età, dalla casa dei genitori. Ad Orsara, Maria ci tornò da ostetrica qualificata e iniziò a praticare la libera professione tra lo scetticismo e il pregiudizio di tutti, visto che non ancora era sposata. Dopo il matrimonio, riuscendo a conciliare i suoi impegni, si spostò a Ruggiano (frazione di Manfredonia) dove divenne ostetrica condotta; e poi a Carapelle, dove per quasi trentanni ha accolto i primi vagiti di numerosi nascituri. Questo esempio di “eroicità del quotidiano” è stato raccontato con un opuscolo, presentato nella serata di domenica scorsa, presso la Biblioteca Comunale di Ordona. Infatti Maria, in punto di morte, decise di trascrivere su carta i ricordi e le reminiscenze della sua vita professionale, raccontando accuratamente i momenti di sconforto ma anche l’indescrivibile soddisfazione nell’assistere ad un ennesimo miracolo della natura. Alcuni anni dopo la sua scomparsa, grazie alla volontà delle sue figlie, Lina ed Enza, e grazie alla zelante attività di trascrizione e rivisitazione letteraria, ad opera del professor Pasquale Braschi e della professoressa Paola Grillo, ha visto la luce “Non è mai troppo tardi”, il volume memorialistico che comprende la prefazione di Alfonso Maria Palomba, i racconti di Maria e le testimonianze di alcune compaesane che hanno ricevuto le cure della levatrice orsarese. La presentazione del libro, edito da Il Castello, è stata curata e organizzata dal Movimento Cittadini di Ordona ed è stata arricchita dalla presenza di parecchie associazioni femminili di volontariato. Tra i relatori c’erano anche l’avvocato Serafina Stella, sindaco di Ordona, l’insegnante Katia Lovaglio e la dottoressa Sabrina Stella, ostetrica presso il punto nascita dell’Ospedale Riuniti di Foggia e riferimento del settore per il piccolo Comune dei Cinque Reali Siti. “Più volte – ha spiegato la professoressa Paola Grillo – mi sono ritrovata ad usare questo libro in occasioni didattiche, per spiegare ai miei alunni che le autobiografie non sempre devono riportare gesta eroiche. Quella di Maria, però, è stata una vita di cortesia, come l’avrebbe definita Marcello Veneziani, ovvero una vita prestata agli altri, con un grosso sacrificio da parte sua. Spesso infatti, si trovava a dover abbandonare la famiglia in orari scomodi e a dover percorrere delle strade di montagna, su un mulo e con la neve, per raggiungere le abitazioni di chi ne faceva richiesta”. Disponibile, comprensiva e umana, questa era Maria Tozzi, la stessa che però non disdegnava le ferme prese di posizione. Maria, infatti, era obiettrice e più volte nel corso della sua attività si è rifiutata di praticare degli aborti. Perché “non è mai troppo tardi”, nemmeno per amare un figlio e lei stessa ci soffriva quando non riusciva a far cambiare idea a coloro che poi si rivolgevano alle pratiche del “mercato nero”, con numerosi rischi per la salute delle madri stesse. “I fogli scritti da Maria – ci spiega il professor Braschi – ci forniscono un quadro dettagliato della situazione storica del dopoguerra nelle nostre comunità locali, con tutti i disagi dal punto di vista economico e sociale. In questo contesto, una figura di buon cuore, come lei, era sicuramente indispensabile, soprattutto per la sua attitudine al problem solving e alla solidarietà. La sua storia non va dimenticata per non perdere un pezzo fondamentale di quella che è la nostra identità”. Negli ultimi anni della sua vita, prima del pensionamento, Maria dovette adeguarsi all’inquadramento normativo che subì la sua professione e, per tale vicissitudine, fu affiancata ad un ginecologo locale. Gli ultimissimi periodi della sua “travagliata” vita, furono intrisi di gioie e dolori, dalle sofferenze per il tumore al cervello, all’amore per le sue nipotine, “le pupille dei miei occhi”, come lei stessa le ha definite nei suoi appunti.
Francesco Gasbarro