Più di cinquant’anni di storia della vinificazione durante i quali non sono mancati successi e soddisfazioni imprenditoriali, ma anche divisioni interne, mala gestio e immancabili atteggiamenti personalistici che hanno portato nel punto più stretto dell’imbuto la Cantina Sociale di Orta Nova. La stessa storica formazione cooperativistica di Viale Ferrovia, fondata nel 1961 e tra le più antiche nel comprensorio del Basso Tavoliere, dopo la presa d’atto del dissesto avvenuta nel 2013, oggi spera di ripartire sotto i migliori auspici e tramite la forza economica di Romeo Bianco, un broker assicurativo che ha architettato una strategia per ripianare i debiti della cantina, rilevarne la struttura e avviare un nuovo processo di produzione e immissione sul mercato degli imbottigliati.
Ma andiamo per ordine. Il collasso della casa degli agricoltori ortesi e la conseguente disaffezione dei tanti soci che conferivano le loro uve sono dati di fatto che hanno delle radici profonde con delle responsabilità altrettanto chiare. La cantina nacque come unione di intenti tra oltre 800 soci interessati a ricavare delle economie di scala dall’utilizzo in comune dei macchinari. Ma con la globalizzazione del mercato e l’innegabile crisi del settore agricolo, dall’anno 2000 gli affari hanno conosciuto un inesorabile declino. “Gli organi gestionali che si sono avvicendati in questi anni – spiega il nuovo amministratore Romeo Bianco – si sono dimostrati poco lungimiranti e incapaci nel saper intercettare le nuove esigenze”. La cantina immetteva sul mercato soprattutto semilavorati, destinati ad altre sedi, questo perché la carenza dal punto di vista della strumentazione non permetteva di produrre dei distillati che potessero competere su un mercato sempre più selettivo e di qualità.
Da qui iniziarono le difficoltà. Nel 2012 le vasche di Viale Ferrovia incamerano ben 300.000 quintali di prodotto, quasi tre volte la capacità di stoccaggio del sito, proprio perché vi era la necessità di ripianare i debiti degli anni precedenti con le entrate dell’anno in corso. Questo modus facendi è stato il filo conduttore degli ultimi anni travagliati, a riguardo dei quali si è scoperto che i quattro dipendenti assunti, oltre agli stagionali in tempo di vendemmia, già non ricevevano il versamento dei contributi, oltre alla presenza di un debito nei confronti del Fisco già di 400.000 euro e una debitoria complessiva che nel 2013 toccava la cifra gigantesca di 3,5 milioni di euro.
A farne le spese in queste ultime esalazioni mortifere della cantina sono stati gli storici soci che non solo non ricevano i compensi per i loro conferimenti (quantificati a prezzi già irrisori) ma altresì non potevano svincolarsi dal rapporto con la cantina in virtù del loro status di soci. L’ultima campagna vitivinicola svolta è stata quella del 2012, quando a causa dei tanti debiti le amministrazioni fissavano prezzi ben al di sotto delle soglie di mercato, causando malcontenti e contestazioni da parte dei soci.
“Dal punto di vista amministrativo – sottolinea Bianco – queste scollature hanno determinato anche la mancata applicazione dello statuto, con le amministrazioni che hanno sempre fatto quello che volevano, addirittura prestando soldi soltanto agli imprenditori agricoli compiacenti, con un collegio sindacale che ha sempre avallato qualsiasi scelta senza citarsi su quanto stava accadendo”.
Anche Bianco, come altri, nell’agosto del 2012 si avvicina alla cantina per portare il suo prodotto senza ottenere la meritata paga. Da qui, su preghiera di conoscenti, si inserisce nei meccanismi assembleari che nel 2013 avrebbero decretato lo stato di dissesto. La rottura definitiva e il collasso della Cantina Sociale si ebbero proprio all’indomani dell’agosto 2012 quando l’amministrazione in carica decise di vendere tutto il prodotto ad un unico acquirente – Crea Vini Srl di Lanciano – il quale subito dopo decise di contestare il prodotto ricevuto e di non pagare la fornitura. Questo passaggio segnò l’ecatombe definitiva, proprio quando vi era una flebile speranza di ripartenza. Si creò dunque una vera e propria rivolta interna, con Bianco protagonista. Quest’ultimo raccolse le firme e riunì il consiglio dei soci in sedute incandescenti che furono le basi per questo nuovo corso.
“In quell’occasione – racconta – vincemmo l’omertà e la compiacenza dell’amministrazione e riuscimmo ad ottenere una transazione con l’azienda di Lanciano che ci fece avere indietro circa 470.000 euro”. Dopo il rinnovo del Cda e l’arrivo del funzionario di Confcooperative per le operazioni di liquidazione, ecco che, esortato da alcuni soci, Romeo Bianco decide di elaborare il piano di copertura del debito, attraverso una nuova società di capitali, denominata “Vignaioli Pugliesi”. Romeo acquista il 78% delle obbligazioni sul debito, mentre altri 27 soci si dividono i restanti pacchetti da 2500 euro cadauno. La nuova società prende in affitto la cantina, con l’acquisto che rimane vincolato all’ottenimento di un mutuo. “Abbiamo un piano di investimenti di circa 3 milioni di euro per rinnovare tutto. Stiamo studiando un progetto innovativo, con imbottigliati di qualità che partiranno da subito. Questa terra merita di conservare un patrimonio storico così importante, in una zona vocata all’agricoltura” dichiara Bianco, dopo aver depositato l’atto d’acquisto di tutta la grande struttura di Viale Ferrovia.
IL PARERE DELL’ENOLOGO. Una volta entrato nella piena disponibilità della cantina di Viale Ferrovia, Romeo Bianco ha resettato completamente tutto il personale, dai semplici impiegati e manovali, alle personalità che ricoprono le mansioni più importanti. Uno dei volti nuovi è quello di Leone Cantarini, dottore agronomo ed enologo, con una grande esperienza alle spalle all’interno di altri poli di vinificazione ed altre cantine sociali in quel di Foggia. Il suo ruolo sarà fondamentale verso l’ottenimento di un prodotto finale da immettere sul mercato, attraverso controlli di qualità adeguati e proficue strategie di marketing. I primi miglioramenti riguarderanno la struttura Viale Ferrovia, una sede storica situata su un suolo che doveva essere destinato, secondo le ultime indiscrezioni, ad un nuovo progetto urbanistico di carattere residenziale e che ora invece ripartirà dalla sua destinazione originaria, sebbene si trovi in una zona non molto indicata per l’attività industriale e per il passaggio dei mezzi pesanti.
“Questa struttura va rivoluzionata e resa più efficiente, cercando di non perdere le grandi testimonianze storiche ed architettoniche da riqualificare e salvaguardare. Nascerà una sede all’avanguardia, con macchinari specializzati e improntati alla sostenibilità e all’ecocompatibilità” – spiega il dottor Cantarini. “Questa conversione avrà delle ricadute anche sul prodotto, naturalmente. Metteremo da parte la vendita di semilavorati a grossisti e punteremo ad immettere sul mercato un prodotto finito di nicchia e dalla grande qualità, tralasciando le grandi quantità. Abbiamo pensato di adibire una zona per l’imbottigliamento, dove faremo nascere delle etichette biologiche che seguiremo sin dalle prime fasi della produzione. Sulle varietà che tratteremo, stiamo pensando di dare un forte impulso ai vitigni tipici, come il Nero di Troia, il Primitivo, il Fiano e la Malvasia. Per fare tutto ciò – conclude – ci affideremo alle misure della nuova programmazione dei PSR, in particolar modo a quella che riguarda la trasformazione dei prodotti agricoli, i cui bandi scadono il prossimo 15 maggio. Noi siamo pronti e abbiamo già le idee chiare su come rilanciare questo importante punto di riferimento per l’agricoltura locale. Perché, sostanzialmente, è questo quello che è mancato finora: competenza e programmazione al fine di saper affrontare le nuove sfide del mercato”.
Auguroni di vero cuore, di un buon lavoro prospero e duraturo ad un progetto valido, portato avanti con determinazione è caparbietà da un gruppo di veri capitani coraggiosi all’insegna della qualità e del benessere non solo dei vignaioli che ne fanno parte ma sopratutto dei futuri consumatori, i quali attraverso la degustazione dei nostri vini riscopriranno valori organolettici e di riflesso culturali di uno straordinario territorio del sud come lo è i 5 Reali Siti, naturalmente il nostro auspicio e che vogliate da professionisti seri quali vi riteniamo di guardare con serietà alla nuova tecnologia del 3’millennio tutta Italiana del Prof.Mendini ( Bio Aksxter), nelle vostre future concimazioni delle vigne in quanto il Bio Akxster M.31 interviene specificatamente sulla struttura programmatica primaria,incrementando la qualità dell’uva (aumento del grado Bado e della presenza di sostanze antiossidanti , quali polifenoli ed antociani), preservando la cultivar dalle principali malattie della vita ( peronospora, oidio, botrite, mal dell’esca, flavescenza d’orata) . Molto più di un semplice concime per il vigneto! Fondamentale per tutte le aziende vitivinicole che seriamente vogliono essere BIOLOGICHE nella coltivazione di uve da vino di alto pregio,con l’obbiettivo di ridurre i trattamenti fitosanitari e totalmente i residui chimici, oggi la principale causa di tante malattie MORTALI non solo per gli ESSERI UMANI ma per l’intero AMBIENTE oramai disastrato in tutte le sue forme originarie.