Diffondiamo integralmente il testo dell’omelia e il discorso che il vescovo della Diocesi di Cerignola-Ascoli Satriano, Monsignor Luigi Renna, ha tenuto in occasione della celebrazione eucaristica in onore di Sant’Antonio da Padova, durante la festa patronale di Orta Nova.
Carissimi presbiteri e diaconi, carissimo Signor Sindaco, Amministratori e Consiglieri, carissimi Rappresentanti delle Forze dell’Ordine, la festa di Sant’Antonio vede unita la comunità ecclesiale e la comunità civile, in un percorso che rispecchia certamente quanto esternato dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella nell’indirizzo di saluto al Santo Padre Francesco il 10 giugno scorso: “Sappiamo di poter trovare nella Chiesa ‘un valido e utile sostegno’ nella consapevolezza, e ricordo ancora le Sue puntuali parole, che ‘la reciproca autonomia non fa venir meno, ma esalta, la comune responsabilità per l’essere umano concreto e per le esigenze spirituali e materiali della comunità’”.
A guidare i credenti in questa “comune responsabilità” sono il Vangelo e l’esempio dei Santi, in particolar modo per noi Sant’Antonio, che ha annunciato instancabilmente la Parola di Dio e l’ha testimoniata in modo integerrimo. Sant’ Antonio si è interessato anche delle questioni del suo tempo, perché il Vangelo è annuncio di salvezza integrale dell’uomo. Quest’anno vorrei sottolineare un aspetto di questa incisività dell’annuncio del Vangelo per il bene della nostra società. Abbiamo ascoltato nella prima lettura il brano di Isaia che parla della missione del Messia ( cf. Is 61, 1-3) : è il Servo del Signore che viene consacrato dalla forza dello Spirito per portare il lieto annuncio agli uomini. Così viene presentato il Messia: un consacrato che ha una missione da compiere. Così è per ogni cristiano: nel giorno del nostro Battesimo e della Cresima riceve il dono dello Spirito che lo fa “figlio nel Figlio di Dio” e gli viene affidato un mandato.
Il Vescovo, ungendo con il Sacro Crisma la fronte del confermato gli dice: “Ricevi il sigillo dello Spirito Santo che ti è dato in dono!”. La forza dello Spirito lo unisce indissolubilmente al Signore, per cui può dire, nonostante il nostro peccato: “Appartengo al Signore!”. Ma la missione che riceve il cristiano, così come indicata da Isaia, è un mandato destinato a portare all’umanità una liberazione da tutto ciò che la tiene vincolata nei ceppi della prigionia. “Mi ha mandato ad annunciare il lieto annuncio ai poveri” (Is 61, 1): i destinatari sono i “poveri di Jahvè”, coloro che non hanno altro sostegno che Dio perché tutti, uomini e istituzioni, si sono dimenticati di loro. E poi lo Spirito conduce il Messia e ogni “consacrato” nel Battesimo a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a liberare dai ceppi delle catene gli schiavi, a promulgare un anno di misericordia.
Una di queste espressioni potrebbe sembrare anacronistica: oggi viviamo in un’epoca nella quale i diritti sono assicurati a tutti, e la schiavitù è stata abolita da tempo, che cosa può significare per noi “liberare gli schiavi”? Ma siamo sicuri che non ci sia schiavitù? Eccome: ce n’è ancora tanta! Non sono schiave le prostitute agli angoli delle strade, costrette con la violenza a vendersi? Non sono schiavi gli stranieri nei nostri campi, pagati con un iniquo salario? E non ci sono anche le schiavitù di chi vuole comprare la felicità con una manciata di denaro acquistando droghe e giocando d’azzardo, soggiogato alla schiavitù delle dipendenze?
Cari fedeli, nella nostra società, c’è ancora tanta schiavitù, creata da un uso iniquo del denaro, volto solo al profitto, all’accumulo che schiaccia la dignità di chi vende il proprio corpo, di chi vende per pochi euro le sue “braccia”, di chi compra dalle slot-machine grazie a leggi troppo tolleranti, e di chi acquista dai mercanti di morte! “Il Signore mi ha mandato a proclamare la scarcerazione dei prigionieri!”. Sì, cari fedeli, la prigionia e la schiavitù del momento presente ci interessano perché la Missione che abbiamo ricevuto da Cristo è per una liberazione integrale della persona! E Sant’Antonio ci è di esempio! Non ricordate l’episodio della morte dell’usuraio? Sant’Antonio credeva alle parole di Gesù, che ha detto: “Dove è il tuo tesoro, lì è anche il tuo cuore” (Mt 6, 21). Ebbene, alla morte di un avaro chiese ai suoi parenti di verificare se c’era il cuore nel cadavere! Non lo trovarono, ma piuttosto videro il suo petto squarciato. Sant’Antonio disse loro di verificare nella cassaforte: lì trovarono il cuore dell’uomo, adagiato nel forziere, tra le monete d’oro guadagnate iniquamente con l’usura.
Cari fratelli e sorelle, dietro questa pia storia, uno dei miracoli del Santo, c’è il grande insegnamento di chi, nel nome del Vangelo, vuole metterci in guardia dall’uso perverso del denaro, che rende schiavi gli altri! Oggi gli fa eco il magistero del papa, che nella Evangelii gaudium ha scritto: “Vorrei che si ascoltasse il grido di Dio che chiede a tutti noi: «Dov’è tuo fratello?» (Gen 4,9). Dov’è il tuo fratello schiavo? Dov’è quello che stai uccidendo ogni giorno nella piccola fabbrica clandestina, nella rete della prostituzione, nei bambini che utilizzi per l’accattonaggio, in quello che deve lavorare di nascosto perché non è stato regolarizzato? Non facciamo finta di niente. Ci sono molte complicità. La domanda è per tutti! Nelle nostre città è impiantato questo crimine mafioso e aberrante, e molti hanno le mani che grondano sangue a causa di una complicità comoda e muta.”
(n. 211) Cari presbiteri, cari fedeli di Orta Nova, noi non siamo gli uomini della complicità comoda e nuda, siamo piuttosto coloro su cui si è posato lo Spirito del Signore per portare un annuncio di liberazione all’umanità. Siamo i portatori di una liberazione integrale dell’uomo, né solo spirituale, né solo sociale, ma di tutto l’uomo e di tutti gli uomini. La liberazione comincia da come viviamo le nostre relazioni, da come usiamo il nostro denaro, e si diffonde in maniera virtuosa, anche se controcorrente, nella città. La distanza da comportamenti, da luoghi della schiavitù, la seria valutazione di quello che facciamo, richiede un grande rinnovamento, che non potrà non giovare al bene della nostra città. Ognuno cominci a fare la sua parte, perché ciascuno ha ricevuto il dono dello Spirito Santo. Nutriamoci della Parola di Dio, ritorniamo alla sorgente della nostra missione e, e troveremo la forza per testimoniare, così come Antonio 800 anni fa, la forza dirompente del Vangelo tra le nostre case. Così sia.
† Luigi Renna Vescovo