Nella giornata in cui da Milano rimbalza la notizia dello sfregio al murales di Falcone e Borsellino, l’Orta Nova che Vorrei ha proposto la terza edizione della primavera ortese alla presenza di testimoni attivi dell’impegno per la legalità. In un contesto in cui si continua a sparare e si registrano ripetutamente fatti aberranti di cronaca, l’incontro con Don Pasquale Cotugno e Daniela Marcone presso il Palazzo Ex Gesuitico ha avuto un importanza proiettata ben oltre la presentazione del libro “Non a caso”.

Sono le associazioni, come realtà più vicine alle istanze del territorio, ad avere grandi responsabilità nel contrasto alle consuetudini mafiose che sono innanzitutto un modo di pensare, prima che di agire. Questo concetto è stato espresso a larghi tratti anche da Don Pasquale Cotugno, direttore della Pastorale Sociale e del Lavoro ed ex coordinatore del presidio di Libera di Cerignola, un territorio che risente ancora di una forte presenza criminale.

“Amare il territorio – ha spiegato Don Pasquale – non vuol dire soltanto raccontare quanto siamo bravi, ma anche e soprattutto sottolineare le criticità che su di esso sono presenti. Per questo motivo, come presidio di Libera, spesso abbiamo attirato le critiche di sindaci ed amministratori. Ma il vero limite è quando si fa finta di nulla”. 

Anche la chiesa sul territorio è tornata a profondere un importante impegno civile e sociale. Soltanto due settimane fa, sempre ad Orta Nova, si è tenuta la marcia per la pace organizzata dalla Diocesi Cerignola- Ascoli Satriano e da altre compagini dell’associazionismo locale che hanno preso posizione contro la criminalità organizzata. Il seguito di quanto seminato per le vie della città dei Cinque Reali Siti è un impegno che deve continuare con atti concreti e con gesti di vicinanza verso le vittime del sistema mafioso.

Una di queste è Daniela Marcone, vicepresidente nazionale di Libera e figlia di Francesco Marcone, dirigente pubblico assassinato a Foggia il 31 marzo del 1995. L’attivista foggiana, nel suo ultimo libro, racconta una realtà pugliese che non ancora ha consapevolezza delle atrocità che quotidianamente e “non a caso” accadono sul territorio. Il contesto è quello che lo scorso 9 agosto, dopo i tragici fatti di San Nicandro Garganico, ha “scoperto” di essere interessato dal fenomeno mafioso quasi ridestandosi da un sonno autoimposto. Ma la voce di Libera sul tema è sempre stata viva al punto che il prossimo 21 marzo sarà proprio Foggia ad ospitare la prima “Giornata nazionale della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime delle mafie”, dopo il riconoscimento ufficiale e l’istituzionalizzazione della giornata.

“L’idea di questo libro nasce dal dovere di raccontare delle storie di persone che sembrano essere morte casualmente. E’ un po’ quello che ho vissuto sulla mia pelle, con la morte di mio padre che sembrava essere una cosa privata che riguardava soltanto la mia famiglia. Non c’era la capacità di leggere il fenomeno. […] Sempre precisa e lucida l’analisi della situazione attuale in provincia di Foggia.  “Oggi le cose sono radicalmente cambiate ma la mafia fa ancora parte del nostro territorio addirittura con tre organizzazioni che si spartiscono il controllo della Capitanata. Ma qui da noi ci sono anche criminali che agiscono in maniera svincolata dalle logiche delle organizzazioni mafiose. Da ciò si capisce che conoscere questo fenomeno sia l’unico modo per contrastarlo. Farlo attraverso la parola scritta – ha concluso la Marcone – è un valore aggiunto che permette ai giovani, futuri adulti del domani, di poter vivere in una società diversa e di non pentirsi di essere nati in questa terra. 

 

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