Cari Sindaci ed Amministratori, colgo l’occasione, a poche ore dalla solennità del Santo Natale e a pochi giorni dall’inizio del nuovo anno, per condividere con voi lo stesso amore esigente per le città, che voi governate e che io come vescovo sono chiamato a servire con l’annuncio del Vangelo e la carità. Oggi non voglio presentarvi un elenco di cose che non vanno: so che un discorso del genere sarebbe anche necessario, ma non voglio fare analisi che non siano condivise. Non voglio neppure essere vago e parlarvi di un Natale melenso, che sarebbe un po’ il tradimento della verità dell’Incarnazione e della sua forza rivoluzionaria nella storia dell’umanità. Voglio con voi “andare a scuola “ del mistero del Natale rileggendo un passaggio dell’esortazione apostolica Evangelii gaudium, con la quale papa Francesco ha dato delle linee per guidare il cammino della Chiesa e che hanno un risvolto anche per voi, che avete a cuore il bene comune. Il Papa, in un passaggio di questo documento, afferma: “Il kerygma possiede un contenuto ineludibilmente sociale: nel cuore stesso del Vangelo vi sono la vita comunitaria e l’impegno con gli altri. Il contenuto del primo annuncio ha un’immediata ripercussione morale il cui centro è la carità”. (n. 177) Il kerigma non è altro che il nome greco dell’annuncio primo ed essenziale del vangelo e cioè che Cristo è morto e risorto per noi. Il Papa dice che queste parole di fede hanno un contenuto sociale e hanno una ricaduta morale. Facciamo un po’ d’ordine nella nostra conoscenza: il kerigma sembrerebbe avere un riferimento più alla Pasqua che al Natale, ma la fede cristiana non va compresa in modo parcellizzato e “a compartimenti stagni”. Quando parliamo di morte e risurrezione di Cristo, dobbiamo sempre partire dall’evento che ha reso il Figlio di Dio un uomo come noi, esposto a tutto ciò che può colpire una vita umana: il mistero del Natale porta Cristo a sperimentare la sofferenza innocente e la morte. Un inno liturgico contemporaneo canta: “Già nell’aria del Natale c’era l’ombra della croce”. È l’ombra della croce che si manifesta già nella precarietà del luogo in cui Cristo è nato: “…fu posto in una mangiatoia perché non c’era posto per loro nell’albergo.” Ora- ritorniamo al testo del Papa-, in questo annuncio c’è un contenuto sociale, che illumina e sconvolge la nostra modalità di concepire la vita relazionale, la politica, l’economia. Il Papa, quasi facendo rima con sociale, chiama in causa la morale. Non è un volo pindarico il suo, perché sappiamo bene come non si può vivere la dimensione sociale senza una tensione morale, senza un credo in principi e una vera dedizione ai valori. Siamo tutti testimoni di come la “questione morale” abbia travolto una intera generazione di politici e tardi a scomparire dalle cronache della politica nazionale e di tanti Comuni. L’uomo e la donna impegnati in politica, non possono non avere una tensione verso principi che li collocano nella polis non come strateghi, ma come persone affidabili. Cari politici, siate gelosi della vostra credibilità: se la gente non vi vede più come persone libere e disinteressate, non solo non crederà più in voi, ma neppure nella possibilità del bene comune. Il forte scetticismo che regna nell’italiano medio su ciò che è politica, è frutto di una grande disillusione in ideali per cui alcuni hanno dato la vita, e altri hanno costruito una posizione camminando sulla testa degli altri! Non abbiate paura di essere intransigenti per conservare inalterata la credibilità delle vostre amministrazioni e dei vostri partiti. Non solo il presente, ma il futuro vi saranno grati! Non approfittate mai di nulla, perché dice il libro dei Proverbi: “Un piatto di verdura con l’amore è meglio di un bue grasso con l’odio.” (Proverbi 15,17). Sociale faccia sempre rima con morale! L’immediata ripercussione sociale e morale del Vangelo, del Natale, è chiarita ancora in alcuni passaggi successivi della Evangelii gaudium: “Confessare che il Figlio di Dio ha assunto la nostra carne umana significa che ogni persona umana è stata elevata al cuore stesso di Dio. Confessare che Gesù ha dato il suo sangue per noi ci impedisce di conservare il minimo dubbio circa l’amore senza limiti che nobilita ogni essere umano. La sua redenzione ha un significato sociale perché «Dio, in Cristo, non redime solamente la singola persona, ma anche le relazioni sociali tra gli uomini». La carne del Bambino nato a Betlemme, è quella stessa dei vostri bambini e nipotini, la medesima di quei neonati che sbarcano sull’isola di Lampedusa o che alloggiano nelle nostre campagne. “Ogni persona umana è elevata al cuore stesso di Dio”, come un bimbo viene portato alla guancia dalla propria madre, per ricevere sicurezza. Cari Amministratori, non dimentichiamo che la nostra terra è caratterizzata da tre situazioni che convivono e costituiscono la sua complessità: l’emigrazione, l’immigrazione, la situazione di chi non trova lavoro o ormai ha rinunciato a trovarlo. L’opera della carità della Chiesa, delle associazioni di volontariato è grande; ma ci accorgiamo che la buona volontà non basta, ed auspichiamo che nelle nostre città le opportunità di integrazione, di lavoro, di superamento di ogni precarietà, trovino una risposta che coinvolga le istituzioni comunali e regionali, e il mondo delle imprese. L’umanità attende questa redenzione sociale! So che lavorate tanto in questa direzione, ma non bisogna abbassare la guardia e occorre moltiplicare le forze, favorendo l’imprenditoria sana, non quella fantasma e che arricchisce in modo precario territori, per fare poi come i contadini della preistoria che, dopo aver sfruttato un terreno passavano ad un altro, lasciando alle spalle la desolazione. Questo tipo di imprenditoria non aiuta lo sviluppo del territorio, a differenza di quella che sapientemente edifica un tessuto sociale solido, facendo sì che l’azienda sia come una famiglia nella quale tutti si sentono corresponsabili. E cosa dire dell’immigrazione? Non è solo visibile a Lampedusa, ma nelle nostre campagne: quante poche risposte riusciamo a dare! Gli immigrati- li ho sentiti alcuni giorni fa nel Borgo Tre Titoli-, chiedono luce, acqua corrente, possibilità di vivere in condizioni igieniche dignitose. La storia di Betlemme e di persone che vivono accanto ad una mangiatoia, continua. So quanta strada occorre percorrere, quanto denaro ci vuole per le nostre città! Ma coraggio, uniamoci e lavoriamo insieme! Vogliamo percorrere la strada non da soli, ma con tutte le istituzioni e con tutta la società civile. Cristo non redime solo la singola persona, ma le relazioni sociali, fatte di rispetto, di capacità di comunicare senza offendersi, di una politica di partito che non si divide in fazioni ed individualismi. Il Natale ha una ricaduta “sociale” che risana le relazioni, ed io mi auguro che questo avvenga nelle famiglie, nei consigli comunali, nella società civile. Relazioni sociali redente perché gli angeli, alla nascita di Cristo, hanno proclamato: “Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama.” La presenza di Cristo nel mondo ha riconciliato la terra al cielo. Sandro Botticelli nel 1501 dipinse una Natività particolare, poi definita Natività mistica: attorno alla capanna di Betlemme ai piedi di un sentierino tra rocce, tre gruppi mostrano l’abbraccio e il bacio di comunione tra angeli e personaggi con la fonte cinta di alloro, quindi virtuosi, mentre sul terreno cinque diavoli fuggono spaventati trafiggendosi coi loro stessi forconi e ricacciandosi nelle profondità attraverso le crepe del suolo. È il segno della ricaduta sociale del Natale, uomini e angeli che si abbracciano, il male che fugge. Ma questo avverrà solo se il messaggio del Natale farà scuola e noi saremo capaci di essere degli alunni attenti alla sua perenne lezione. Tanti auguri! Siate gli interpreti di un Natale che oggi avvolge il mondo con le sue luci, e che non vuole rimanere al buio della giustizia, della rettitudine, della carità.
Monsignor Luigi Renna
Pastore della Diocesi Cerignola – Ascoli Satriano