“Sai cos’è la plebe?”. “Sì, maestra”. Cos’era la plebe lo seppi in quel momento, e molto più chiaramente di quando anni prima la Oliviero me l’aveva chiesto. La plebe eravamo noi. La plebe era quel contendersi il cibo insieme al vino, quel litigare per chi veniva servito per primo e meglio, quel pavimento lurido su cui passavano e ripassavano i camerieri, quei brindisi sempre più volgari. Ridevano tutti, anche Lila, con l’aria di chi ha un ruolo e lo porta fino in fondo.



È con sincera emozione che scrivo questa recensione per svariate ragioni. Sulla soglia del 2019, siamo ormai tutti tristemente abituati a vedere in tv drammi di poco conto e programmi tv sempre più incentrati sul “trash” tendente al comico che non sui contenuti. Per questo vedere su Rai1 una serie di questo calibro mi ha regalato un senso di speranza bellissimo. Saverio Costanzo, talentuoso regista famoso soprattutto per La solitudine dei numeri primi, ha modellato con amara dolcezza il primo della quadrilogia di Elena Ferrante: L’amica geniale. Una produzione, questa, che ha visto la collaborazione dell’eccellenza italiana e quella statunitense, basti pensare che la HBO, ovvero la casa di produzione del fenomeno mondiale Il trono di spade, ha collaborato alla nascita di questo capolavoro insieme a TimVision e RaiFiction.

Quasi interamente girata in napoletano, salvo le parti narrate da un’espressiva Alba Rohrwacher, che ha saputo interpretare le emozioni dell’autrice mettendole al servizio delle due coppie di giovani attrici protagoniste, le piccole Elisa Del Genio e Ludovica Nasti che hanno incantato il pubblico col loro acerbo talento hanno poi lasciato spazio alle altrettanto meritevoli Margherita Mazzucco e Gaia Girace.

Perché questa è la storia di un’amicizia arcaica e profonda, suggellata dall’amore per la conoscenza e la verità che ha stretto queste due fanciulle in un vortice di eventi in un Italia, una Napoli ma soprattutto un Rione non facile come quello del dopoguerra, in tutta la sua genuinità e la sua violenza. In questo scenario vediamo due minuscole Lenù e Lila frequentare le elementari con una passione smisurata e non capita da tutti quelli che le conoscono, famiglie per prime. In tempi duri e diversi dove il lavoro per mangiare era l’unica cosa che importava queste due testoline tenere si differenziano dallo status in cui sono nate per elevarsi in luoghi che solo la pura necessità di sapere conduce, cambiato il modo in cui si muovono i pensieri per sempre.



Dopo i primi due episodi, le ragazzine ormai adolescenti si ritrovano divise dal destino ma unite da un affetto indissolubile, e attraverso la formazione dei personaggi lo spettatore ha l’opportunità di riflettere su temi forti che sembrano dimenticati. Si riflette soprattutto sulla condizione della donna allora come oggi, soggetta a compromessi costantemente, sempre in bilico fra i suoi desideri ed i suoi doveri. Merita di essere vista mille volte, nelle scuole, nelle case ed ovunque. La bellezza quando è pura e perfetta va condivisa. Come se tutto questo non bastasse la colonna sonora è totalmente affidata al compositore britannico Max Richter che ci regala una soundtrack degna di essere trasmessa alle generazioni future, comprendente anche una rivisitazione di Vivaldi. C’è qualcosa di magico quando un’opera letteraria trascende la scrittura e si tramuta in altro ancora, significa che il messaggio che porta in sé è troppo importante.

Non trascuriamolo.

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