Sarà ricordata come l’edizione delle gaffes, dei silenzi imbarazzanti e dei conduttori improvvisati. Seppur l’accoppiata Virginia Raffaele e Claudio Bisio poteva promettere bene, in corso d’opera è stata meno convincente. Medesima situazione per il direttore artistico Claudio Baglioni che tra stanchezza e responsabilità si è dimostrato impacciato nella conduzione ma estremamente presente ed energico nello show della sua discografia. La 69esima edizione del Festival di Sanremo è stata la massima espressione del cambio generazionale e dell’influsso variegato del nuovo sound della musica italiana. Che sia il primo passo per “svecchiare” quel festival dalle sembianze noiose e di altri tempi?



EINAR “Parole Nuove”. 4. Una classica canzone, dal classico arrangiamento e testo. Banale nella complessità di generi che si sono susseguiti, quest’anno, sul palco dell’Ariston. Il suo passaggio è stato silenzioso, quasi impercettibile all’occhio ed all’orecchio dello spettatore. Probabilmente in altre edizioni sarebbe stato più apprezzato.

ANNA TATANGELO “Le nostre anime di notte”. 4. Non abbiamo mai conosciuto una Tatangelo giovane eppure in otto edizioni di presenze al festival poteva provare un cambiamento o una crescita musicale ed invece, è proprio il caso di dirlo: la solita musica. Che noia!

NINO D’ANGELO E LIVIO CORI “Un’altra luce”. 4. Parole dimenticate, fuori ritmo ed assenza scenica, così Nino D’Angelo ha spento persino la bravura di Livio Cori aggiudicandosi l’ultimo posto della classifica. Per Nino D’Angelo sarebbe stato opportuno lasciare traccia del proprio passaggio solo come autore e consegnare il testimone al giovane Cori con una bella presenza scenica e musicale.

ACHILLE LAURO “Rolls Royce”. 4. Definito da Morgan l’unico cantante rock del Festival, Achille Lauro appartiene ad una giovanissima generazione dai testi sconnessi e dalla metrica improvvisata.

MOTTA “Dov’è l’Italia”. 4,5. Un testo poco leggero con una pessima interpretazione. Nelle cinque serate il pubblico ha giocato tra la compassione e la paura dello sguardo di sfida e di tristezza del cantautore, performances che hanno spento il forte tema trattato nella canzone. C’è da ripassare lo studio del personaggio, speriamo in un futuro migliore.

ARISA “Mi sento bene”. 5. Gran coraggio di diversificazione del proprio repertorio musicale, Arisa ha stupito e ha fatto divertire ma probabilmente ha osato un po’ troppo. C’è chi l’ha proposta per le nuove canzoni Disney e chi la vuole nei musical da teatro per bambini. Insomma, gioia e freschezza adatta per tante altre occasioni ma non sul palco dell’Ariston.

PATTY PRAVO E BRIGA “Un po’ come nella vita”. 5. Ma cosa ci faceva Patty Pravo con un rapper? È una domanda che mi sono posta tutte le sere del Festival. Patty Pravo è un’astista che ha bisogno della sua unica scena, demolita dalla componente del sound rap di Briga distante dal genere della “ragazza del Piper”.

NEK “Mi farò trovare pronto”. 6. È uno degli artisti sempre pronto a salire su un palco e sempre con la canzone giusta da canticchiare. Eppure non sembra essere così con quella proposta in questo festival, la sua presenza è stata ben accettata ma la canzone resta un po’ banale nel vasto repertorio dell’artista.

IL VOLO “Musica che resta”. 6. Bravi, belli e coordinati ma le loro canzoni si rivestono sempre delle stesse caratteristiche sonore tanto da sembrare tutte uguali. Conquisteranno ancora il cuore delle giovani fanciulle in preda dagli ormoni, delle mamme e delle nonne che li vedono come i tipici bravi ragazzi.

THE ZEN CIRCUS “L’amore è una dittatura” 6,5. Un rock indipendente sperimentale che si diverte a giocare tra i suoni e le parole regalando un genere del tutto nuovo ma poco adatto alla veloce comprensione del pubblico medio del Festival di Sanremo. Ritentate, sarete più fortunati…forse.

EX- OTAGO “Solo una canzone”. 6,5. I primi indie della scena musicale italiana, rimasti nell’angolino per troppo tempo. Si sono presentati all’Ariston con un genere più commerciale ma sempre della timbrica a loro più vicine. Forse si sono un po’ traditi da soli, potevano fare di meglio.

MAHMOOD “Soldi”. 6,5. La primissima impressione: ma in quale lingua canta? Qui si spezza la monotonia della tradizionale musica sanremese. Un ritmo pop con un testo di frasi brevi e ripetitive, quasi ad installarsi con insistenza nella mente dell’ascoltare e diventare un motivetto da canticchiare durante la giornata. A sorpresa il gran vincitore, che decreta così il cambiamento del gusto musicale italiano. Si va verso altri orizzonti, nuovi generi e nuovo modo di scrivere. Facciamocene una ragione!

FEDERICA CARTA E SHADE “Senza farlo apposta”. 7. Idoli indiscussi dei teenager ma, a quanto pare, poco sostenuti durante la competizione. Buon mix di voci, il solito rap di Shade tanto in voga negli ultimi anni in Italia e la chiara e candida voce della giovane Federica Carta. Una coppia già approvata che riconferma la buona riuscita in duo.



GHEMON “Rose viola”. 8. Chissà se ricordaremo per il look particolare o per la sua canzone. Prima del festival ha dichiarato di voler essere notato, in qualsiasi modo, giocando tutte le carte a sua disposizione e ci è riuscito adottando lo strano abbigliamento. Una canzone molto apprezzata dalle radio già pronte ad inserirla nelle prossime classifiche, notando in lui quella giusta melodia che accontenta tutti.

PAOLA TURCI “L’ulitmo ostacolo”. 7. Ottimo testo, grande presenza scenica ed interpretazione. Unica grande desolazione la difficoltà a raggiungere i toni più alti che dovevano impreziosire le esibizioni. Diciamo che quest’anno la Turci ha puntato più sul look regalando ampie ed eleganti scollature.

FRANCESCO RENGA “Aspetto che torni”. 7. La rinascita di sé, musicale e personale. Renga si è proposto con questa freschezza che tanto appaga i suoi fans e la musica leggera. Ha saputo regalare pezzi decisamente migliori ma non delude nemmeno a questa edizione.

ENRICO NIGIOTTI “Nonno Hollywood”. 7. Nel silenzio del poco gossip, Nigiotti è riuscito ad entrare passo dopo passo nei cuori del pubblico. Sarà per la canzone dedicata al nonno, la mamma suo portafortuna sempre accanto ma la dolcezza e l’eleganza di sé e della canzone lo ha reso apprezzabile ed anche più popolare.

NEGRITA “I ragazzi stanno bene”. 8. Animali da palcoscenico indifferenti a qualsiasi inaspettata emozione che possa scuotere le loro esibizioni. I ragazzi in strada, con il fuoco nelle vene, stanno bene, con quasi 25 anni di grande carriera internazionale. Anche al festival si riconfermano il gruppo divoratore di vita.

BOOMDABASH “Per un milione”. 8,5. Finalmente sono riusciti a creare una canzone senza una parola in salentino. Per un Milione è già tra le canzoni più passate in radio ed era una questione indiscutibile. Travolgenti ed energici, i boomdabash sono i vincitori morali delle radio e della prossima estate.
DANIELE SILVESTRI E RANCORE “Argentio vivo”. 8,5. Un autore estremamente attento alle tematiche sociali, questa volta affronta l’adolescenza ed il tunnel impetuoso che si può percorrere durante quel periodo. Silvestri e Rancore entrano nei sentimenti di rabbia, dolore ed odio in modo magistrale. Ci vuole tanta mente, non solo orecchio, per comprendere il lavoro attuato dai cantanti.

IRAMA “La ragazza col cuore di latta”. 8,5. Eppure con Nera, la scorsa estate, non gli avrei dato nemmeno la sufficienza, eppure è riuscito a sorprendere. Un gran testo, un bel mix di genere tra rap e un lontano gospel ha arricchito la canzone in gara. Persino la voce scelta per il duetto (Noemi) è stata più che azzeccata.

ULTIMO “I tuoi particolari”. 8,5. Tra gli artisti più apprezzati in questa edizione del festival ed i lunghi applausi dell’Ariston ne sono stati la conferma. Grande presenza scenica, ottimo arrangiamento e testo. Sicuramente “I tuoi particolari” sarà tra le canzoni d’amore più dedicate ed ascoltate dei prossimi mesi.

SIMONE CRISTICCHI “Abbi cura di me”. 9. È un inno all’amore verso il prossimo, alla positività della vita ed alle difficoltà della comprensione di questi banali e semplici gesti dell’esistenza. Cristicchi ha scelto le parole più poetiche della nostra lingua e le ha donate in una composizione che non ha nulla da invidiare alle grandi musiche da Oscar. Ancora una volta riesce a stupire.

LOREDANA BERTÈ “Cosa ti aspetti da me”. 9. Possiamo lamentarci dell’abito, dei capelli, del look stravagante ma non possiamo obiettare sull’intraprendenza musicale. Gli anni passano e lei è sempre inserita in un contesto giovanile, diversificando il suo repertorio ma restando se stessa con la migliore ricerca musicale della contemporaneità rock pop. Di lei si sentirà sempre parlare perché sa benissimo come restare sulla cresta dell’onda.

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