Non è passata di certo inosservata la seconda visita, a distanza di pochi giorni, di Vittorio Sgarbi ad Ascoli Satriano. Il noto critico d’arte è giunto nella cittadina dei Monti Dauni per visitare il Castello dove si stanno effettuando dei lavori di riqualificazione sui quali Sgarbi avrà un ruolo di consulente, per scelta dell’amministrazione comunale.



Il vulcanico frequentatore dei salotti tv, durante la sua permanenza nel borgo, ha espresso la volontà di visitare prima il ponte romano sul Carapelle e poi il sito archeologico di Faragola, ridotto in cenere da un tragico incendio. Sgarbi ha dovuto scavalcare la recinzione per vedere da vicino le rilevanze archeologiche della nota villa romana. Da qui è nata una grande polemica tra il sindaco di Ascoli Satriano, Vincenzo Sarcone e l’ex rettore dell’Unifg e archeologo Giuliano Volpe, su chi avesse le chiavi del cancello.

“Qualcuno ha cambiato le chiavi del cancello di ingresso del sito archeologico di Faragola, senza comunicarlo al Comune di Ascoli Satriano” – ha affermato il primo cittadino. “Quello che potrebbe giuridicamente configurarsi come un vero e proprio ‘spoglio’, in vero trova la propria fonte in comportamenti più rilevanti. Infatti il sito di Faragola fino ad oggi non è stato oggetto di un decreto di occupazione né di una convenzione con l’Ente proprietario. Alla luce di tanto risulta davvero sui generis come un famoso professore archeologo (ndr. con riferimento a Volpe) ne avesse le chiavi. Non accusatemi di fare la solita polemica, tuttavia costringere Sgarbi a scavalcare la recinzione è stato davvero imbarazzante…”.



Su Facebook Volpe ha replicato con un lungo post, affermando quanto segue: “Nessuno da anni, e certamente dal momento dall’incendio, ha le chiavi del sito all’infuori dell’impresa che ha l’affidamento del cantiere e della direzione dei lavori […]. Ora i nemici siamo noi, io con le centinaia di archeologi e studenti di archeologia che dal 2003 al 2013 abbiamo scavato (gratuitamente!) il sito di Faragola, indagando uno dei siti archeologici più importanti di Puglia e dell’Italia meridionale, studiandolo e pubblicandolo e rendendolo noto a livello internazionale. E non solo ci siamo occupati di scavarlo e studiarlo, ma ci siamo mossi per cercare i fondi (prima della Regione, poi di Arcus, poi di nuovo della Regione e del Mibac, sempre e solo con progetti, relazioni, domande preparate da noi), per garantirne il restauro e la sistemazione museale, abbiamo contribuito al progetto con i colleghi architetti dell’Università di Roma 3, ne abbiamo realizzato in tempi rapidissimi la prima parte”.

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