Diffondiamo integralmente la prima omelia di Monsignor Fabio Ciollaro, nuovo vescovo della Diocesi Cerignola Ascoli Satriano, pronunciata durante il giorno del suo insediamento.

Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente (Mt 16,16). L’affermazione di San Pietro, risuonata proprio ora nel Vangelo, contiene il senso più profondo di ciò che viviamo insieme questa sera. Noi siamo qui anzitutto per questo: per esprimere la nostra fede e il nostro amore per il Signore Gesù. È Lui, Gesù, il vero centro di questa celebrazione. È Lui il punto focale verso cui guardare. A Lui è rivolto il nostro sguardo innamorato e adorante. Tutta la vita della Chiesa ha significato solo a partire da Lui. Tutta la missione della Chiesa consiste nell’aiutare gli uomini a incontrare Lui, Gesù, il Figlio del Dio vivente. Vivente! Con cui si può parlare, con cui si può entrare in relazione, oggi. Contemporaneo di ogni generazione.

Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente (Mt 16,16). Questo è il nucleo fondamentale della fede. Da qui si è sviluppato ogni compendio delle verità contenute nella Divina Rivelazione, come il Credo degli Apostoli che, tra poco, proclameremo. Da qui ha origine ogni altra professione di fede, che i vari Concili Ecumenici hanno autenticato e insegnato. E questa verità originaria e fondante viene espressa, a nome di tutti gli Apostoli, da Simon Pietro, il pescatore di Galilea, un uomo semplice e genuino.

Lo Spirito Santo in quel momento lo rendeva ardito e sicuro, ma forse era stupito lui per primo dall’affermazione netta e chiara, che usciva dalla sua bocca: erano parole dirompenti e di enorme portata in riferimento al messianismo ebraico e nel contesto del saldissimo monoteismo d’Israele. E Pietro le pronunciava, dando del “tu” a Gesù, in un rapporto ravvicinato e diretto: Tu, Gesù di Nazareth, proprio tu sei il Cristo, il Messia atteso e desiderato, il Figlio del Dio vivente, il Figlio di Dio divenuto vero uomo, per condividere in tutto la nostra condizione e la nostra vita.

E io ti dico – risponde Gesù – tu sei Pietro e su questa pietra fonderò la mia Chiesa e le insidie del male non prevarranno contro di essa (Mt 16,18). Ecco il disegno del Signore su Simon Pietro, nonostante la sua debolezza. In seguito, rialzato dalla misericordia di Dio dopo la sua caduta nelle ore concitate dell’arresto di Gesù, e confermato nel suo compito di pascere tutto il gregge, Pietro svolse fedelissimamente il suo mandato, e per fedeltà a Gesù versò il suo sangue, a Roma, crocifisso a testa in giù sul Colle Vaticano il 29 del mese di giugno. Ecco perché le vesti liturgiche oggi sono rosse. Veneriamo, dunque, insieme l’Apostolo Pietro nel giorno sacro del suo martirio, in questo Duomo, a lui intitolato.

Ma la missione di San Pietro non si è estinta con la sua morte. Si è, invece, prolungata nel corso della storia. Continua nei suoi successori, in una lunga catena, che di anello in anello arriva fino all’attuale Vescovo di Roma, papa Francesco.  Ogni Papa custodisce e trasmette intatto il “deposito della fede” (1Tm 6,20). Al tempo stesso, ogni Papa porta il suo personale contributo al cammino pastorale della Chiesa. E noi, come Chiesa di Cerignola-Ascoli Satriano, vogliamo essere sempre con il Papa, senza esitazione, all’unisono con lui, nei sentieri pastorali che ci apre, nelle piste che traccia con i temi più frequenti nel suo magistero, nella linea di servizio che ci mostra continuamente dal suo esempio, di cui gli siamo grati.

Onorando con voi l’Apostolo Pietro e l’attuale Suo successore, papa Francesco, entra oggi in questa Cattedrale il nuovo Vescovo. Sulla soglia del Duomo, anzitutto mi sono inginocchiato a baciare il Crocifisso, adorando il mio Signore e Maestro. Nelle sue sante piaghe riconosco anche le ferite di tutti quelli che soffrono, verso i quali vogliamo essere insieme attenti e premurosi.  Nei servizi della Caritas, nelle varie forme di volontariato, nella vicinanza discreta e silenziosa, la nostra Chiesa coltivi sempre questa sollecitudine, come Gesù ci ha insegnato. 

Carissimi, fin dal primo messaggio, vi ho chiesto di farmi spazio nel vostro cuore. In questi mesi ho percepito da tanti segnali la vostra attesa, il vostro filiale desiderio di avere in mezzo a voi il nuovo Pastore e Padre. Ed ora, a pochi giorni dalla consacrazione episcopale ricevuta il 14 giugno, eccomi tra voi.

Vengo con la mia piccolezza, ma anche con la serenità di chi ha risposto ad una chiamata. Generato dalla Chiesa di Brindisi-Ostuni, ora sono tutto vostro! Diceva don Tonino Bello, riformulando il linguaggio giuridico e cogliendone la vera essenza: il giorno dell’ingresso canonico non è tanto il vescovo che prende possesso della diocesi, ma è la diocesi che prende possesso di lui. Siete voi, sacerdoti, voi, popolo di Cerignola-Ascoli Satriano, che prendete possesso di me, e a voi io voglio dedicarmi con gioia. 

Tutti saluto caramente in questo momento, iniziando dall’Amministratore Apostolico, mons. Francesco Cacucci che durante questo periodo di reggenza si è preso cura della diocesi con soavità, disponibilità e tanta saggezza. Personalmente La ringrazio, Eccellenza cara, per gli squisiti gesti di benevolenza che mi ha offerto ripetutamente in questi mesi. Tornando a Bari, ci porti amabilmente nel suo ricordo e nella sua preghiera.

Invio poi un saluto cordialissimo al mio immediato predecessore, mons. Luigi Renna, operoso tessitore di unità, ora a Catania, e al vescovo emerito Felice di Molfetta, vero liturgo e maestro nella via pulchritudinis. Il mio pensiero cordiale va anche ai vescovi Nunzio Galantino, Luigi Mansi e Giacomo Cirulli che, prima di partire per la loro missione apostolica, hanno tanto lavorato in questa Chiesa locale.

Saluto con rispetto le distinte Autorità qui presenti e confido che collaboreremo in armonia per il bene della nostra gente. Abbraccio i presbiteri, i diaconi, i seminaristi, i religiosi, le religiose, gli insegnanti di religione di questa diocesi, i collaboratori pastorali, i catechisti, i ministranti in ogni parrocchia. Allargo le braccia e il cuore alle famiglie, ai ragazzi e ai giovani. Penso agli ammalati, ai carcerati, ai bisognosi, a tutti coloro che sono provati dalla vita e attendono il sostegno di una mano amica.

Saluto voi che, dalle varie zone della diocesi, siete venuti ad accogliermi qui in Duomo o in piazza, e tutti coloro che non potendo essere qui stanno seguendo  attraverso Tele Dehon o gli altri mezzi di comunicazione. Consentitemi, infine, un saluto affettuoso ai miei amici sacerdoti venuti da fuori e al gruppo di presbiteri, religiose e laici che sono qui in rappresentanza della mia terra d’origine e della Chiesa di Brindisi-Ostuni da cui provengo. Siete stati molto cari a fare questo viaggio per accompagnarmi a destinazione. Tornando potrete raccontare l’amore con cui mi ha accolto questo popolo di Cerignola-Ascoli Satriano. Grazie a ognuno di voi.

Infine, ho da raccontarvi una piccola cosa. C’è un particolare di questa celebrazione che ha avuto una risonanza tutta speciale dentro di me. Quando il direttore dell’Ufficio liturgico me lo ha anticipato per telefono, spiegandomi come si sarebbe svolto il rito dell’ingresso, mi è sembrato quasi incredibile e mi sono commosso, ma lui non poteva sapere “perché”. Ora lo dico a tutti voi. Avevo 19 anni. A luglio avevo sostenuto gli esami di maturità e mi preparavo ad entrare nel Seminario Regionale di Molfetta. A settembre venni a Cerignola per stare vicino a un compagno di classe che, da poco, aveva perduto la mamma. Trascorremmo insieme i giorni della festa patronale. Alla processione prestammo servizio in quello che ci fu chiesto. A me fu dato di reggere il pastorale di mons. Mario Di Lieto: proprio lo stesso che mi è stato consegnato stasera.

Come sono inimmaginabili i disegni di Dio! Adoro la Provvidenza divina che per vie inscrutabili lega con amore i fili della nostra vita e mi rivolgo a te, Maria Santissima di Ripalta. Come reggevo quel pastorale quella sera, sotto i tuoi occhi profondi e materni, così voglio portarlo ora da vescovo sempre sotto il tuo sguardo. Rimani con me, o Madre. Rimani con questo popolo.

E così sia.

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