E’ innegabile che il distanziamento sociale, imposto per decreto, stia mettendo tutti alla prova in questo lungo periodo di isolamento. Ma l’impossibilità di poter essere vicini e scambiarsi gesti di reciproca umanità sta danneggiando in misura maggiore quelle fasce sociali che basano tutto sul rapporto umano. Sin dall’inizio del lockdown, infatti, i centri diurni e i centri polivalenti che si occupano a vario titolo di disabilità sono stati costretti a chiudere, ma alcuni di questi non hanno voluto abbandonare la loro missione sociale, venendo in soccorso delle famiglie.
E’ il caso del Centro Sociale Polivalente per ragazzi disabili e anziani “Monsignor Michele Ventrella” di Orta Nova, dove l’equipe della Cooperativa SocialService ha adattato le proprie mansioni a questo tempo di chiusura, garantendo ai 22 ragazzi che frequentano la struttura ortese un supporto a distanza che si sta rivelando fondamentale per continuare un percorso di autonomia e consapevolezza. A spiegare come la struttura di Via Kennedy abbia rivisto le modalità di azione a causa della pandemia da COVID-19 è Rosaria Visconti, coordinatrice del centro.
“Sin da quando abbiamo chiuso – spiega a Il Megafono – ci siamo resi conto che la lontananza forzata andava a minare la mission del centro, ovvero lottare contro l’esclusione sociale e contro l’isolamento. Da qui la nostra equipe della SocialService, insieme a tutti gli instancabili operatori, ha pensato che fosse necessario garantire un contatto costante, via internet o tramite telefono, per assegnare dei compiti o semplicemente per fare compagnia ai ragazzi”.
Così, tutte le settimane, seguendo un calendario di almeno tre appuntamenti, pattuito in precedenza, le figure professionali del centro si mettono in contatto con i ragazzi tramite una videochiamata e assegnano loro dei compiti da svolgere nell’arco della giornata, che siano dei lavori manuali o degli obiettivi da perseguire in casa, personalizzati in base alle loro singole abilità. Il tutto attraverso dei tutorial che sono inoltrati alle famiglie tramite un gruppo whatsapp e che vengono mostrati o spiegati durante la chiamata. Questo nuovo approccio, nell’impossibilità di vedersi di persona, è stato apprezzato sia dai ragazzi che dai genitori, in una fase già delicata per tanti motivi che, però, ha permesso di scoprire una complicità nuova all’interno delle mura domestiche proprio finalizzata allo svolgimento delle attività designate a distanza.
“Può sembrare paradossale – spiega Rosaria Visconti – ma questo rinnovato rapporto si basa comunque sull’empatia, sulla vicinanza, sul contatto, nonostante ci sia uno schermo a separarci. Per i ragazzi è importante anche solo vederci e sentirci, per loro è una sorta di rituale che li tiene attivi e motivati già da diverse ore prima che ricevano la nostra chiamata. Per le famiglie, invece, è un modo per sentirsi meno sole in questo momento che può generare delle difficoltà notevoli”.
Mentre la politica continua ad interrogarsi sulle modalità per venire incontro alle esigenze di queste famiglie, ascoltando le istanze delle associazioni che rappresentano il mondo della disabilità, c’è chi come la Cooperativa che gestisce il centro di Orta Nova ha comunque intrapreso una strada tutta fondata sull’utilizzo proficuo della tecnologia.
Purtroppo la tecnologia non è un concetto democratico, considerando la disparità di dotazione strumentale, ma si può sempre sopperire attraverso una chiamata, semplicemente con una buona parola di conforto. Così, dopo un mese e mezzo di attività a distanza, i ragazzi hanno prodotto tanto materiale che passerà come una testimonianza da questo periodo così difficile. Sui tanti cartelloni e disegni, la frase più utilizzata è senza dubbio “ci riabbracceremo presto”.