Il lancio di pezzi di pane, formaggio e verdura; l’erogazione di latte e di vino da zampilli appositamente installati: è questo il momento più caratteristico e suggestivo della festa patronale di Roseto Valfortore, in provincia di Foggia, che si sarebbe dovuta celebrare martedì, 26 maggio.

Un giorno che, da sempre, il borgo delle rose dedica a San Filippo Neri. Quando la statua del santo, portata in processione attraverso le vie del paese, sarebbe giunta in Piazza Castello, cittadini e visitatori avrebbero potuto assistere al perpetuarsi dell’antico rito che prevede il lancio di pane, formaggio e verdura, oltre alla somministrazione di vino e latte.

E’ un momento magico, soprattutto per i bambini che, armati di buste e zainetti, avrebbero cercato di accaparrarsi il maggior numero di pezzi di pane e di formaggio, senza trascurare le verdure che sarebbero piovute dall’alto e, precisamente, dal grande balcone che si affaccia sulla piazza principale del paese.

Quest’anno però tutto questo non sarà possibile viverlo, causa pandemia che ha stravolto completamente le nostre vite, le nostre tradizioni, le nostre usanze ma che in ogni caso Roseto vuole lo stesso celebrare liturgicamente, iniziando nelle nostre chiese domestiche per poi proseguire in chiesa da lunedì 18 maggio – queste le parole del nostro parroco don Ivan Clemente – con il via libera di papa Francesco per il ritorno alla familiarità comunitaria con il Signore nei sacramenti.

ALCUNI CENNI STORICI. Si tratta di una tradizione antichissima: Nel 1623 l’arciprete De Santis portò a Roseto il culto di San Filippo Neri, diventato poi il patrono del paese. Nella sua abitazione, trasformata in oratorio, si conserva un prezioso busto d’argento del santo. Fiorentino d’origine, San Filippo Neri si trasferì a Roma quando era ancora molto giovane.

Nella città eterna ricevette l’appellativo di ‘secondo apostolo di Roma’ per la determinazione con cui cercava di riportare sulla retta via una città sempre più corrotta e pericolosa. Fu ribattezzato dai fedeli come il ‘Santo della gioia’, grazie alla straordinaria capacità dimostrata nel coinvolgere i giovani, ragazze e ragazzi di strada con cui pregava e cantava. Restano memorabili alcuni suoi detti sarcastici, quali ad esempio lo ‘State buoni se potete’ o il ‘Ma và a morì ammazzato…per la fede’ che gli valsero anche l’appellativo di ‘buffone di Dio’.

Comunicato Stampa

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