Hanno appena posato le forbici e le vaschette. Hanno ancora i segni sul collo e le mani annerite dal mosto. Sono gli agricoltori del settore vitivinicolo che nella giornata di venerdì scorso, presso la sede Coldiretti di Orta Nova, si sono riuniti per tracciare un primo bilancio sull’annata della vendemmia, nello specifico di ciò che riguarda le dinamiche di mercato sul territorio, a forte vocazione agricola, dei Cinque Reali Siti.

Alla presenza del segretario territoriale dell’associazione di categoria, Gerardo Torchiarella, hanno evidenziato tutti pressoché le stesse problematiche. Oltre a quelle croniche, da anni ripresentatesi in maniera costante, quest’anno è andata ancora peggio a causa di un clima che è risultato fortemente sfavorevole alla conservazione dei grappoli e all’organizzazione dei lavori.

“Siamo stati svantaggiati dalle forti precipitazioni che si sono concentrate proprio nelle settimane di maturazione del prodotto” – spiega Antonio Squarciotta. “Questo ha favorito il proliferare prima della peronospera e poi successivamente delle muffe, mentre eravamo impossibilitati a vendemmiare a causa delle condizioni meteo avverse”.

Non appena la pioggia ha concesso una tregua, gli operatori della zona si sono lanciati in tutta fretta tra i filari causando un ulteriore problema mai verificatosi in questa misura negli ultimi anni. “Abbiamo avuto molta difficoltà nel reperire il personale per la vendemmia” – continua Squarciotta – “inoltre le pratiche di ingaggio hanno rallentato ulteriormente l’avvio dei lavori”.

In questo modo, gli imprenditori con maggiori disponibilità economiche, hanno giocato al rialzo sul pagamento delle giornate degli operai, per accaparrarsi le loro prestazioni e tagliare fuori dal mercato tutti gli altri datori di lavoro.

“La qualità delle uve da vino – spiega Roberto Giovannelli – sembrava promettere bene quest’anno. Invece a causa di tutti questi contrattempi abbiamo patito in termini di quantità, perdendo almeno la metà del peso che solitamente raccoglievamo. E’ una situazione molto difficile, soprattutto perché la maggior parte delle aziende non riuscirà a coprire le spese ingenti che ha sostenuto durante l’anno”.

Le medesime problematiche, con le stesse cause avverse, sono state registrate anche in agro di Cerignola, a tal punto che le opposizioni in consiglio comunale, avevano richiesto il riconoscimento dello stato di calamità per il settore vitivinicolo. Seguendo il trend negativo delle ultime annate, i prezzi si sono attestati sempre su livelli al limite della dignità. Nella migliore delle ipotesi, le cantine hanno pagato ad un euro al grado zuccherino per quintale. Ma le piogge hanno determinato anche un calo delle percentuali di zucchero, oltre ad un decremento di peso laddove le grandinate hanno rovinato totalmente il raccolto. La conseguenza è stata la frequenza sempre maggiore delle “contestazioni” da parte degli addetti al controllo qualità in cantina. Una volta presentato un prodotto scadente, alcuni agricoltori si sono visti ridurre anche del 50% il prezzo calcolato in sede di accordo precontrattuale.

Capitolo a parte per le uve da tavola, come ad esempio le qualità “Vittoria”, “Pagliera” e “Red Globe”. Tanti, a causa degli onerosi lavori da praticare durante l’anno, hanno deciso di estirpare i vigneti del prodotto da mensa, che attualmente risulta sempre meno presente sul territorio, anche a causa di prezzi giunti ai minimi storici (7 cent al quintale).

“Una situazione che sta determinando un decremento della biodiversità – spiega Gerardo Torchiarella – addirittura abbiamo stimato che negli ultimi anni, sul nostro territorio, ci sia stata una diminuzione del 60% dell’uva da tavola”.

“La situazione è molto grave” – ci spiega Francesco Lorusso, proprietario di alcuni terreni di uva da tavola, coltivata con un metodo innovativo di razionalizzazione dell’irrigazione. “Non abbiamo più acquirenti del nostro prodotto e quando lo portiamo in cantina non ci danno alcuna informazione sul prezzo, prima di aver conferito tutto il nostro prodotto. Le cantine fanno leva sulle nostre difficoltà con atteggiamenti speculativi dai quali non possiamo difenderci in alcun modo. L’alternativa è quella di lasciare l’uva sui tralci, ecco perché tanti hanno deciso di cambiare qualità o tipologia di coltura”.

“Per bypassare queste logiche degradanti – ha concluso Torchiarella  – stiamo cercando di creare delle organizzazioni produttive, in modo da poter eseguire in autonomia tutte le fasi della filiera produttiva. Il nostro territorio, storicamente, si caratterizza per una forte vocazione individualista. Dobbiamo essere in grado di incanalare questa vocazione all’interno di alcune logiche di mercato che favoriscano l’operato dei singoli, in modo che comunque ne possano beneficiare tutti. Ad esempio, di concerto con l’Unione dei Cinque Reali Siti e gli assessorati all’agricoltura dei Cinque comuni aderenti, stiamo lavorando alla definizione di un regolamento per la denominazione unica dei prodotti dell’agroalimentare. Potrebbe trattarsi di un provvedimento che, qualora venisse accolto con favore dagli operatori, consentirebbe di gestire al meglio le storture del mercato. Affianco a questi discorsi, è necessario semplificare il processo di assunzione regolare degli operai, equiparare il monte ingaggio degli operai alle medie stimate per le regioni del nord Italia e cominciare a mettere in atto dei correttivi nella modalità di coltivazione dei campi, visto che il clima sta rapidamente cambiando”.

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