Ha scosso un’intera comunità la tragica morte di un cittadino extracomunitario, investito da un’auto e ucciso la sera del 28 agosto scorso lungo la strada provinciale 81 che collega Orta Nova a Carapelle.  A ragione del vero, più che “scosso”, l’accaduto ha diviso sia l’opinione pubblica che il popolo dei social, tra coloro che stigmatizzano il comportamento avventato dell’uomo dell’est deceduto (in bici al buio, senza alcuna segnalazione luminosa) e coloro che danno più accento all’omissione di soccorso del pirata della strada sulle cui tracce ci sono ancora i Carabinieri.

“Così imparano. Chi glielo ha detto di andare in bici? Ci sono i pullman e poi sono pure invisibili. Mortacci loro” è solo uno dei commenti shock apparsi sui social dopo il tragico incidente. “Possono essere quello che volete: ignoranti, trogloditi e via dicendo… e possiamo discuterne per ore e ore ma l’omissione di soccorso resta un reato” – la replica.

Il fronte delle indagini non si ferma e non è da escludere che già in queste ore ci siano alcuni elementi nuovi. Nonostante un dispiegamento di puttuglie e anche di elicotteri, le forze dell’ordine sono ancora alla ricerca del fuggitivo che lunedì scorso ha investito l’uomo dell’est che sopraggiungeva in bicicletta. Soltanto pochi giorni prima si era verificato un incidente simile nei pressi di Borgo Mezzanone. A perdere la vita ancora una volta un altro extracomunitario senza volto e senza nome che non sarà reclamato da nessuno dei suoi congiunti. Inghiottito nel nulla a centinaia di migliaia di chilometri da casa sua.

Sul tema, dapprima sulla sua pagina Facebook e poi con un’intervista rilasciata al Megafono, si è espresso anche Gianluca di Giovine, attivista de L’Orta Nova che Vorrei, da sempre sensibile ai temi della multiculturalità e dell’integrazione. Di Giovine chiede giustizia per l’accaduto comprendendo il dramma del guidatore dell’autovettura e allo stesso tempo condannando quella parte di opinione pubblica che si è totalmente disinteressata alla tragedia poichè a perdere la vita è stato appunto un extracomunitario come tanti altri che risiedono in questa fetta di territorio.

“La prima cosa che risalta agli occhi – spiega Di Giovine – è il disinteresse della stragrande maggioranza delle persone, come se esistessero delle vite indegne di essere vissute. La disumanità di alcune persone porta a pensare che ci sia una scala gerarchica dell’esistenza. In realtà si tratta soltanto della continua ricerca di un capro espiatorio, che in questo momento, nel dibattito pubblico italiano, viene sempre individuato tra gli immigrati. La cosa che mi preoccupa di più è che questo sentimento sia diffuso anche tra i cosiddetti benpensanti e acculturati. E’ un vero e proprio razzismo diffuso”.

Tanti gli interventi che potrebbe prendere in carico la politica per mettere in sicurezza quelle arterie provinciali che destano maggiore preoccupazione. Anche Di Giovine condivide la necessità di predisporre una migliore illuminazione dei tratti stradali anche fuori paese e di costruire delle piste ciclabili che consentano il transito in sicurezza.

“Si potrebbe pensare anche a dei sentieri che colleghino le zone rurali – afferma Di Giovine – anche se magari in questo modo potrebbe passare l’idea che si stiano favorendo le condizioni disumane in cui vivono gli immigrati nel nostro territorio. Ma credo che sia proprio questo il passaggio culturale che ci manca. I razzisti da social dovrebbero recarsi in prima persona in questi luoghi dove si accampano gli extracomunitari per capire in che condizioni vivono. Il loro passato e il loro presente hanno fatto abbassare notevolmente il loro senso del rischio”. 

Poi un invito e un messaggio di speranza rivolto al guidatore del mezzo che ha investito il cittadino dell’est Europa. “In situazioni di questo tipo la paura può prendere il sopravvento – conclude Di Giovine – ora però questa persona ha l’opportunità di compiere un grande gesto, aprendo una nuova fase della sua vita, consegnandosi alla Giustizia. Il suo gesto va contestualizzato anche se un omicidio è sempre un reato grave da condannare”.

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