Come il Tempio di Bel a Palmira. La furia distruttrice dell’uomo dissennato cancella ciò che il tempo aveva sbadatamente sottratto al deterioramento. Dopo aver rivisto la luce, questa volta Faragola ha visto le fiamme, quelle che nella notte tra mercoledì e giovedì hanno divorato l’intera struttura all’interno della quale erano conservati i resti dell’antica villa romana del IV secolo, situata ai piedi dell’abitato di Ascoli Satriano. Una testimonianza unica, di rilevanza mondiale, a cui è stato inferto un colpo mortale per motivi e circostanze tutt’altro che di facile intendimento.

La mattina dopo (ndr. quella di ieri per chi legge) le tettoie in lamiera, non essendo più sorrette dai pilastri in legno, si sono ritrovate alla rinfusa sugli splendidi mosaici e sui laterizi che avevano conservato perfettamente alcune aree di pregio, uniche in tutto il mondo per la loro bellezza e la loro rilevanza scientifica. Un incendio macroscopico che ha spazzato via 14 anni di studi all’interno del sito archeologico che dal 2009 era parzialmente aperto al pubblico e nel quale erano in corso i lavori di ultimazione del terzo lotto. Questa nuova zona doveva essere adibita ad area multimediale per i bambini, attraverso dei lavori che stavano per essere ultimati da una ditta potentina “Nei Restauri e Costruzioni srl”.

Nel pomeriggio del day after, invece, dovevano giungere in visita circa 300 visitatori, trenta dei quali dagli USA. Non potranno più ammirare le bellezze di questo scorcio della valle del Carapelle e forse non saranno gli unici ad aver perso la possibilità di godere delle meraviglie archeologiche di Faragola. Nel maggio dello scorso anno era arrivata in visita anche la presidente della Camera, Laura Boldrini, prima di ricevere il premio dei Grifoni d’Oro. Poi il sindaco di Ascoli, Vincenzo Sarcone, in attesa della conclusione dei lavori, aveva disposto la chiusura del sito, inimicandosi anche tanti cittadini del posto; fino a quando non si è verificato il disastro della scorsa sera.

A lanciare l’allarme, a poche ore dall’accaduto, è stato il presidente del Consiglio Superiore dei Beni Culturali e Paesaggistici, Giuliano Volpe, lo stesso che dal 2003 aveva condotto gli scavi insieme alla sua troupe e ad esperti provenienti da tutte le parti del mondo. A destare maggiore interesse erano sicuramente i mosaici policromi dell’area delle terme, alcuni dei quali conservati nella loro interezza. E poi ancora erano visibili (è d’obbligo l’uso del tempo verbale passato) i resti della lussuosa sala da pranzo (coenatio) e quelli dello stibadium semicircolare dove sedevano gli ospiti. 1500 metri quadrati di antichi sfarzi che erano stranamente emersi nella loro interezza e nella più completa visibilità e fruibilità come in nessun’altra parte del mondo. Fino a quando non si è consumato il misfatto dell’ultima notte di Faragola.

Sull’accaduto naturalmente sono subito partite le indagini volte a fare chiarezza e ad individuare i responsabili. In seguito ai primi rilievi, restano in piedi entrambe le piste percorribili: quella dell’incendio doloso (con movente da accertare) e quella dell’incendio accidentale, causato magari dall’incenerimento di alcune stoppie nei campi vicini. Parlando con i residenti della zona ci è stato detto che fino all’una di notte tutto è stato tranquillo. Poi all’improvviso i cani dell’abitazione vicina avrebbero iniziato ad abbaiare. Nonostante ciò, i primi interventi dei vigili del fuoco sarebbero arrivati molto dopo, quando l’incendio aveva ormai dilaniato gran parte delle strutture in legno.

Nelle ore successive sono stati allertati i vigili urbani e i militari della locale stazione dei Carabinieri che si sono recati sul posto per raccogliere elementi utili all’indagine. I rilievi, supportati dalla luce del giorno, hanno permesso di verificare lo spostamento di alcune lamiere dalle zone dove erano sistemate (segno tangibile di presenza umana). Ma non è stato trovato alcun innesco e neanche alcun segno di liquido infiammabile. Seppur molto isolato dal complesso principale, un container dove venivano riposti gli strumenti utilizzati dagli operai pare aver preso fuoco dall’interno, piuttosto che essere stato inghiottito esternamente dal passaggio delle lingue di fuoco. Un altro particolare molto singolare che sarà messo al vaglio della polizia scientifica.

Un punto di vista privilegiato è senza dubbio quello dei responsabili dell’azienda. Subito dopo i Vigili del Fuoco, sul posto si sono recati gli operai che stanno eseguendo i lavori. In lacrime hanno immediatamente allertato al telefono il signor Donato Nei, rappresentante dell’azienda aggiudicataria dell’ultimo appalto. “La copertura che avevamo installato – spiega Nei – era fatta di legno lamellare, una particolare composizione che è molto resistente al fuoco. In media, le fiamme impiegano circa un’ora per bruciare 70 centimetri di questo materiale. A ragion di ciò non riesco a spiegarmi come l’intera copertura lignea sia stata incenerita nel giro di poche ore. Aspetteremo l’esito dell’indagine – conclude il signor Nei – ma mi sento di dire che tutto ciò deve per forza essere il risultato di un’azione premeditata e ben orchestrata da gente esperta. Non sappiamo quale possa essere stato il movente. In questi mesi, durante i quali si sono svolti i lavori, non abbiamo mai ricevuto minacce non abbiamo mai avuto controversie con aziende concorrenti. Sul posto non c’era una vigilanza anche perché stavamo impiegando del materiale che non aveva un grande valore economico. Tutto questo ci ha lasciati senza parole e le lacrime dei nostri operai ne sono la prova”.

Nel frattempo è già partita la conta dei danni, in una zona dove erano stati impiegati oltre 2 milioni di euro di finanziamenti europei dedicati e un altro milione di euro era stato messo a bando per adibire la nuova area. E’ lo stesso Giuliano Volpe, in apprensione dalla Malesia, a rendere nota una prima preoccupante stima sullo stato di salute dei reperti emersi.

“Mi giungono notizie sconfortanti – riporta l’ex rettore dell’Unifg – mosaici danneggiati irrimediabilmente, marmi cotti, calcinati per il calore, strutture murarie distrutte. E’ la fine! L’oscillum decorato con la figura di danzatrice presente nello stibadium è stato asportato, rubato. Soprattutto sembra un intervento programmato, ben studiato, fatto da persone esperte, hanno fatto in modo che tutto fosse distrutto in maniera sistematica. Restano ormai solo, oltre ai pochi oggetti portati al museo (la statua di bambino cacciatore, i tre pannelli in opus sectile per fortuna asportati per essere restaurati) e ai materiali nei nostri laboratori, i nostri studi, le foto, i video, i disegni, la nostra memoria e la passione per un sito straordinario”. Soltanto alcune ore prima, Giuliano Volpe, aveva usato parole forti per definire questo ennesimo giro a vuoto di una Capitanata che non sa valorizzare le sue ricchezze. Lo ha definito “un rogo della cultura e della legalità”. Lo ha paragonato ai grandi disastri che l’autoproclamato stato islamico ha lasciato alle spalle durante le ultime guerre per il controllo delle zone assediate della Siria. In ultimo ha sottolineato un paradosso, quello che testimonia l’involuzione del progresso con l’avanzare dei secoli: “I longobardi (ndr. che erano barbari per definizione) non avevano distrutto la villa di Faragola, le avevano dato nuova vita e nuove funzioni. I nuovi barbari l’hanno incendiata”.

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