Un decennio per disilludersi totalmente, un decennio durante il quale la diffusione dell’eolico in Capitanata si è trasformata da opportunità di introiti economici per i Comuni, a grossa grana, causa scatenante di ardite vertenze amministrative. Nel corso dell’ultima decade, quasi un terzo dei 61 comuni della provincia di Foggia ha sottoscritto convenzioni con società del rinnovabile per permettere l’installazione di pale eoliche sui territori di competenza. Una vera e propria invasione, al punto tale che oggi la Puglia risulti la regione italiana capofila nel settore, anche grazie ad una normativa regionale che ha steso il tappeto rosso negli scorsi anni.

La ferita si è riaperta dopo che il sindaco di Candela, Nicola Gatta, ha sottolineato i buchi lasciati dalle società del settore e dopo che i Comuni in seguito alla sottoscrizione delle convenzioni, hanno effettuato programmazioni economiche sulla base di somme che non sono mai entrate nelle casse dei bilanci. “Le società – riporta Gatta – dopo aver realizzato i parchi eolici autorizzati dalla Regione Puglia ed aver sottoscritto apposite convenzioni, si rifiutano da diversi anni di pagare ai Comuni le royalties, creando grossi problemi di bilancio. Il comune di Candela, dopo aver avviato 6 anni fa nei confronti di dette società l’attività di accertamento tributario (ex ICI) così come previsto per legge, perché non pagavano, si è visto negare quanto previsto nelle convenzioni, circa 250 mila euro annui”.

Sono tutte simili le ragioni per le quali tutti i Comuni che ospitano l’eolico in Capitanata sono sul piede di guerra, perché oltre alla mancata corrispondenza delle compensazioni economiche promesse (le cosiddette royalties), non possono godere neanche del pagamento dell’IMU, l’imposta municipale unica che secondo la legge di stabilità del 2016 non può più essere calcolata sulle torri che reggono gli aerogeneratori. Una circolare dell’Agenzia delle Entrate però, soltanto successivamente, ha chiarito che queste torri siano comunque da ascrivere nel calcolo dell’imposta, anche perché spesso sono delle vere e proprie strutture abitabili. Tutto ciò ha creato un’instabilità che ha visto nascere diversi contenziosi, uno dei quali quello portato avanti dal Comune di Rocchetta Sant’Antonio.

Nel luglio dello scorso anno, la sentenza di secondo grado ha dato ragione al comune dei Monti Dauni che richiedeva il pagamento delle somme Imu del 2007-2008. La sentenza ha riconosciuto il pagamento di quasi un milione e mezzo di euro, oltre alle spese sostenute dal Comune in entrambi i giudizi, pari ad euro 21mila euro. “Dal 2014 – aggiunge il sindaco, Valentino Petruzzi – i compensi dell’eolico non arrivano o arrivano in maniera fortemente ridotta rispetto a prima. Fino a questa data il Comune incassava almeno 1 milione all’anno. Ultimamente questa cifra si è ridotta a 350.000 euro all’anno, un fatto che assolutamente deleterio per le casse comunali”.

Oggi il Comune di Rocchetta aspetta ancora risposte sul fronte delle compensazioni ambientali, dopo che una sentenza della Cassazione risalente al 2010 ha annullato l’elargizione di somme di denaro ai Comuni da parte delle società, aggiungendo la possibilità di opere pubbliche per mitigare l’impatto ambientale. Su questo fronte la linea dei sindaci pare chiara. Confermare gli accordi precedenti al 2010 secondo i parametri prestabiliti e rivedere quelli successivi alla sentenza secondo il nuovo indirizzo. E’ questa la battaglia che venerdì scorso è stata portata dai vertici dell’Anci al tavolo del Ministero dello Sviluppo a Roma. Una vertenza che è partita proprio dai Monti Dauni e che i sindaci hanno presentato all’attenzione delle massime cariche di governo, attraverso l’attività di mediazione del responsabile energetico dell’Anci, Ivan Stomeo. Proprio l’Anci ha redatto un documento che è una vera e propria proposta per armonizzare la normativa vigente e consentire ai comuni di avere i ristori auspicati.

Da grande critico dell’operato dell’Anci, il sindaco di Biccari, Gianfilippo Mignogna, ha apprezzato il contenuto della proposta e ha spiegato la situazione relativa al suo Comune: “Abbiamo raggiunto un primo obiettivo – spiega Mignogna – ovvero quello di far diventare la nostra battaglia, una vertenza di rilevanza nazionale. La questione dell’Imu è quella che preoccupa meno anche perché tutti i Comuni stanno facendo dei contenziosi tributari e stanno avendo ragione. Il problema sussiste sulla battaglia per ottenere l’elargizione delle royalties, in quanto tanti centri della nostra provincia stanno rischiando il dissesto proprio per questi motivi. Le convenzioni sono state disattese e insieme ad altri centri dei Monti Dauni abbiamo vagliato la strada dell’accordo transattivo, per mettere al sicuro i bilanci. Una soluzione questa – sottolinea il primo cittadino – che ci ha messo in imbarazzo anche di fronte all’opinione pubblica, perché siamo scesi a patti con le società pur di ottenere almeno la metà di ciò che ci spettava. A Biccari, ad esempio, dai 400.000 euro all’anno che ci attendevamo, siamo riusciti ad ottenere soltanto 200.000 euro. I piccoli Comuni, però, non possono aspettare né i tempi della Giustizia, né quelli della politica. Le grandi colpe di tutta questa situazione vanno riconosciute in capo alla Regione Puglia – conclude Mignogna – perché prima ha normato il settore in maniera fin troppo rigida, mentre adesso risulta del tutto assente”.

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