Tra le serie tv più apprezzate di sempre c’è “Black Mirror”, una fiction antologica britannica che racconta di scenari distopici creati dalle nuove tecnologie, portandoli all’estremo per comprenderne le origini già in essere. Come tutti i grandi cambiamenti, questi portano  aspetti positivi (quale quello della socialità facilitata), ma anche aspetti negativi, come ad esempio l’odio veicolato tramite i social network. Aggressioni verbali, istigazioni al suicidio, ricatti pornografici e cyberbullismo sono solo alcuni degli aspetti maggiormente trattati dalla sociologia moderna, non per caso ma sulla scorta di dati concreti. In Italia almeno un giovane su quattro è vittima di questi tranelli del web, mentre uno su dieci ritiene che sia lecito apostrofare in maniera aggressiva altri utenti online.

Queste storture dell’etere sono rese possibili dal rapporto asimmetrico e filtrato che si instaura sui nuovi mezzi di comunicazione. L’aggressore si sente più sicuro ad aggredire la sua vittima, perché di fronte a sé ha uno schermo che lo difende e lo maschera. Del tema si è interessata anche la presidentessa della Camera, Laura Boldrini, divenuta simbolo delle crociate dell’odio da social network e delle bufale online. Su La7, a L’Aria Che Tira, la conduttrice Mirta Merlino, ha lanciato una campagna “odio l’odio”, per stigmatizzare tutte le aggressioni veicolate dalla rete e per fare parlare le vittime a microfoni accesi, in modo da dare consigli utili a coloro che subiscono ma restano in silenzio. Il tema è serio perché oltre alle diffamazioni e agli insulti, a volte si arriva a situazioni insostenibili che spesso portano ad un senso di malessere interiore insuperabile e, in alcuni casi, anche al suicidio.

13-Novembre-2017_La-Trappola-In-Rete-Cyberbullismo-a-CerignolaI pericoli maggiori si avvertono quando i destinatari dei maltrattamenti online sono delle fasce con meno strumenti per difendersi, come ad esempio i minori. A Mattinata, lo scorso aprile, ad esempio, i giornali riportarono la notizia di un gruppo di dodicenni che rapinavano dei coetanei e li dileggiavano su Facebook. Proprio da questo caso di cronaca è partito il dibattito che si è tenuto lo scorso 13 novembre, presso l’aula consiliare di Cerignola, dal titolo “Le trappole in rete, pericoli reali nel mondo virtuale”. Il relatore, ospite d’onore, è stato l’avvocato Antonio Maria La Scala, presidente nazionale dell’associazione Penelope, che si occupa di minori scomparsi e vittime di violenze. Interessanti gli spunti pratici che l’avvocato penalista ha lasciato alle classi del Liceo “Nicola Zingarelli” di Cerignola. Il tema della violenza in rete, in tutti gli istituti della provincia è ormai all’ordine del giorno, in una strategia più ampia e complessa di conoscenza della problematica.

“Non ci sarà nessuna legge che potrà risolvere questi problemi – ha affermato l’avvocato La Scala – ma l’unica speranza è quella di conoscere meglio tutti i tranelli per poterli affrontare in maniera più consapevole. Su scala nazionale aumentano i casi in cui gli uomini si fingono donne, per ottenere materiale pedopornografico dalle minori. Materiale che poi finisce in rete, senza la possibilità di poterlo rimuovere. La nostra iniziativa parte proprio dal fatto che siamo stanchi di vedere cadaveri di ragazzini che non sopportano la vergogna e si tolgono la vita. In alcuni casi abbiamo assistito anche ad involuzioni psicosomatiche, con ragazzi giovanissimi che diventano disabili mentali a causa delle aggressioni subite”.

Il primo spunto per affrontare al meglio il problema è quello della consapevolezza, in primis della semantica. “Il termine bullismo non mi è mai piaciuto – conclude La Scala – poiché in tutto questo ci sono istigazioni al suicidio, tentati omicidi, aggressioni e altri reati penali. La situazione si fa più grave quando gli educatori non sanno come fronteggiare queste situazioni, quando addirittura i genitori diventano complici della violenza tramite internet, o perché non sanno usare gli strumenti tecnologici oppure perché sono troppo distratti”.

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