GabrieleAlle 16 di domenica scorsa sono scaduti i termini per la consegna dei contrassegni politici in vista del voto del prossimo 4 marzo. Abbiamo intervistato uno dei più grandi esperti nazionali di simboli dei partiti, Gabriele Maestri, che ha seguito dal Viminale le procedure di deposito. Cultore di diritto dei partiti presso l’Università Roma Tre, è anche autore di diversi studi sull’argomento, consultabili sul sito www.isimbolidelladiscordia.it. Gli abbiamo chiesto quale ruolo abbiano attualmente i simboli all’interno di uno scenario in cui la comunicazione politica è sempre più dominata dalle nuove tecnologie della rete.

1) Quali sono le novità e le curiosità che hai registrato alla scadenza dei termini per la presentazione dei simboli?

1) La curiosità più importante è quella che riguarda la diminuzione numerica dei simboli rispetto all’ultima tornata elettorale. Se nel 2013 furono depositati 219 simboli, adesso ce ne sono stati ‘soltanto’ 103, sia a causa degli adempimenti richiesti sempre più gravosi, sia per la legge elettorale che ha favorito la presentazione di cartelli elettorali e quindi di simboli compositi. Ho riscontrato anche la quasi totale assenza di simboli ingannevoli che potessero dar fastidio agli embleni più conosciuti. Per quanto riguarda le novità abbiamo avuto alcune new entries singolari, come “10 volte meglio” e “W la Fisica”.
2) E’ ancora utile puntare su simboli tradizionali ed evocativi come lo scudo crociato o la fiamma tricolore?

2) Questi sono dei segni di continuità con la prima Repubblica che puntano a tenere vivi alcuni concetti o ideologie, anche se nella maggior parte dei casi hanno preso altre vie. Nel rivendicare alcuni di questi simboli, spesso sono nati contenziosi finiti in Tribunale. Ma oggi, mi sento di dire, non sono troppo in grado di muovere l’espressione del consenso. I mutamenti della politica hanno avuto delle ricadute anche sulla grafica, tant’è che i simboli sono diventati simili ai loghi, ai marchi. Succede ciò perché prevalgono le regole del marketing, piuttosto che il senso d’appartenenza, o magari, la nostalgia.


3) Ci sono sempre più nomi di persone nei simboli dei partiti. Come mai? A cosa è dovuto questo fenomeno?

In quest’ultimo periodo abbiamo assistito ad una forte personalizzazione dei simboli, con nomi che sono finiti a caratteri cubitali all’interno dei disegni. Questo processo si ripresenta a fasi alterne, ma bisogna ricordare che il primo ad inserire il suo nome nel simbolo della sua lista è stato Marco Pannella. Oggi è la dimostrazione di come in politica prevalga la leadership a discapito dei temi e dei programmi. Quando la lista è nuova e non ha un messaggio ben strutturato si punta tutto sull’attrattività potenziale della persona.

4)Nonostante il proliferare di diversi strumenti di comunicazione visiva, sono ancora necessari i simboli?

4) Finché le leggi continueranno a contemplare il simbolo sulle schede elettorali saranno fondamentali per poter riconoscere un partito durante le operazioni di voto. I social network però forniscono un importante banco di prova per testare l’efficacia di un simbolo che poi può essere modificato a seconda dei feedback degli utenti. Gli stessi social media, ultimamente, vengono utilizzati per certificare un cambio grafico, così come ha fatto Berlusconi di recente. I simboli sono nati per sopperire all’analfabetismo e alla scarsa scolarizzazione dell’elettorato, ma se ancora oggi persistono è facile intendere quale sia l’attuale convinzione del Legislatore…”

 

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