Sono ore frenetiche durante le quali la politica nazionale si interroga sulla diffusione incontrollata delle cosiddette fake news, ovvero notizie false ma verosimili che attirano l’attenzione di inconsapevoli e creduloni lettori superficiali del web. Non si tratta di un fenomeno isolato. Recenti inchieste del New York Times e di BuzzFeed, riportate in Italia da Repubblica, disegnano i contorni di un vero e proprio “mercato delle bufale”, anche in Italia, dove gli stessi server detengono la gestione di diversi domini che fanno milioni di visualizzazioni semplicemente raccontando il falso. Si utilizzano nomi affini a giornali realmente esistenti (Libero Quotidiano, il Matto Quotidiano) ad esempio, con stratagemmi che attirano l’attenzione del lettore, come il click bating o il dico – non dico. Così si riescono a convogliare enormi quantità di click su siti che vendono spazi pubblicitari e fatturano grazie al Google Advertising. Ma l’aspetto economico, in realtà, è quello meno preoccupante.
La politica si interroga, in realtà, sul processo di formazione delle verità indotte. C’è il rischio, infatti, che alcune false notizie siano create ad hoc per screditare una certa fazione politica o un determinato personaggio pubblico, creando un danno di immagine per certi versi incontrovertibile. Voci del Partito Democratico, nelle scorse settimane, hanno accusato il Movimento Cinque Stelle, che dal web è nato e si è strutturato come forza politica, di essere la cabina di regia di tante notizie artefatte a danno di Maria Elena Boschi, Matteo Renzi, Banca Etruria ecc. I grillini reagiscono ufficialmente alle accuse di fake news piovute dal Partito democratico e dicono che “l’inchiesta sulle fake news è una bufala”. Si fanno sempre più insistenti le voci che raccontano dell’esistenza di un informatico che sarebbe editor allo stesso tempo di siti riconducibili ai Cinque Stelle ma anche alla Lega Nord; si pensi a tutte le campagne di odio contro gli immigrati e contro Laura Boldrini. Sono semplici indizi per ora, ma è chiaro a tutti che il tema va approfondito e normato. Non a caso i renziani hanno dedicato l’ottava edizione della Leopolda proprio al tema delle fake news e della post verità, tema fondamentale in vista della costruzione del messaggio propagandistico delle prossime elezioni amministrative.
Il segretario del Partito Democratico, Matteo Renzi, ha annunciato che il suo partito provvederà a stilare un report mensile contro le schifezze del web e le bugie veicolate per danneggiare degli obiettivi ben individuati. L’ex premier ha sottolineato che sarebbe pronto già un disegno di legge contro le fake news, ma lo stesso non arriva ancora in Parlamento perché non ci sarebbero i numeri per approvarlo. “Ci sono altre priorità” – avrebbero risposto dai banchi del Movimento Cinque Stelle e della Lega Nord, ma anche dalla fascia radicale della sinistra. Intanto, nei giorni scorsi è diventata virale una foto della Boschi e della Boldrini a un funerale, spacciato per quello di Totò Riina, una evidente bufala che però ha attirato milioni di visualizzazioni e migliaia di commenti inferociti ed indignati.
Sarebbe un errore però ricondurre queste storture del web a tema di contropropaganda tra partiti e fazioni politiche. Il tema è generale e va affrontato perché mette a repentaglio la sicurezza e del lettore che così si costruisce delle verità alterate su tutti i livelli di dibattito. Anche sul locale, anche in provincia di Foggia, infatti, il fenomeno delle fake news non manca di certo. Sono tante le testate web tra le più importanti che, con una certa cadenza, si inventano articoli che descrivono fantomatici viaggi nel mondo della prostituzione, senza citare luoghi, nomi o particolari, rimanendo nel vago, senza alcuna documentazione video o foto che possa confermare quanto descritto. Sono semplici strategie per attirare lettori. Per non parlare delle tante testate non registrate al Tribunale che inventano di sana pianta delle morti accidentali o delle notizie verosimili.