Nei versetti dal 51 al 51 del capitolo 27 del Vangelo di Matteo si racconta che alla morte di Gesù vi sia stato un grande terremoto, che i morti siano resuscitati e siano entrati in città apparendo a molti: ancora oggi i pellegrini che si recano al Santo Sepolcro a Gerusalemme possono ammirare una roccia spezzata da quella scossa tellurica. 23 novembre 1980: un terremoto colpisce Basilicata e Campania distruggendo numerosi paesini. La dottoressa Pittalunga, milanese, si precipita nel villaggio di Palmira per una ricerca antropologica. “L’ultima sposa di Palmira” dello scrittore meneghino di origini lucane Giuseppe Lupo, è il diario del racconto che un falegname del luogo, Vito Gerusalemme, fa delle storie di Palmira. E, come i morti duemila anni prima, anche in questa storia i personaggi del passato tornano vivi nei ricordi, come se le macerie avessero liberato violentemente dalla terra tutte le sue tradizioni. Un testo onirico, fuori dal comune, che porta il lettore nel profondo delle tradizioni paesane lucane lasciandolo disorientato. Esperienza letteraria.
Se fosse cibo:
Del cinghiale arrosto: caldo, avvolgente, familiare.
Racchiuso in una frase:
Usciti dalla bottega, [mastro Gerusalemme] ha aguzzato gli occhi, si è guardato intorno, mi ha parlato nell’orecchio: “Chi cammina qui prova il dolore del tempo. Una zampa di cavallo sul petto, un morso di vipera al braccio, una puntura di calabrone. È vero che lo avvertite anche voi, dottoressa Pittalunga?”
Cosa sia il dolore del tempo faccio fatica a comprenderlo, ma deve essere il desiderio di fermare gli orologi: una malattia più severa di una lebbra, capace di consumare l’anima di chi è vissuto tra le palme del rione Turco e il basilico ai balconi della Iudessa. (pp.130-131)
Edizione utilizzata:
Giuseppe LUPO, L’ultima sposa di Palmira, Marsilio-Feltrinelli, Milano 2018.
Dove trovare il libro:
E’ facilmente reperibile, in formato cartaceo ed elettronico, nelle maggiori librerie fisiche e online (ibs.it, mondadoristore.it, unilibro.it)