“L’essere umano è una creatura strana: tutte le sue azioni sono motivate dal desiderio, il suo carattere viene forgiato dal dolore. Per quanto cerchi di allontanare la sofferenza e di reprimere il desiderio, non riuscirà a liberarsi dall’eterna schiavitù dei propri sentimenti. Fintanto che in lui si scatenerà la tempesta, non riuscirà a trovare pace: non nella vita, non nella morte e ogni giorno farà ciò che è necessario. Il dolore sarà la sua nave, il desiderio la sua bussola. È tutto ciò di cui l’uomo è capace.”

E dopo un intro così, mi chiedo ancora, come hai fatto a non vedere Dark? Serie tedesca prodotta da Netflix all’inizio del 2017 e conclusasi quest’anno definitivamente con la terza stagione, è un prodotto che merita d’esser visto per la sua indubbia originalità. Devo dire che all’inizio il mio scetticismo mi aveva portata a procrastinarne la visione, svogliata alla sola idea di vedere una roba alla Stranger Things o l’ennesima serie crime in cui la famiglia alla fine c’entrava qualcosa con la sparizione misteriosa. Nulla di più lontano dalla verità.

Dark è una serie che attraverso un “caso di cronaca” esplora le falde del tempo e le sue falle, e proprio il tempo, nel senso strettamente filosofico del termine, è forse il protagonista principale. Il tempo come concetto astratto che precipitato nel mondo si sparpaglia seguendo una logica molto complessa che tuttavia trova una sua meravigliosa sensatezza. Ma il tempo non è solo in questa storia. Un dolore profondo e devastante impregna l’atmosfera tutta e di tutti i personaggi nella loro diversità che li accumuna. Una ricerca affannosa spinge lo spettatore a tremare insieme ai protagonisti nella speranza che la vita intera non sia solo “un insieme di opportunità mancate” come cinicamente dice Regina Tiedemann.

Eppure, in questa oscura oscurità, l’amore trova il suo spazio come solo lui sa fare. Un amore impossibile e sfuggente, come uno sguardo ricambiato troppo in ritardo. Tante storie ne formano una più grande che sembra sommergerti. Da punto di vista puramente tecnico la serie è pressoché perfetta, con qualche eccezione di ritmica nella terza stagione. La fotografia sicuramente è la chicca suprema, semplicemente perfetta, talmente perfetta da essere narrante in molte scene e dalle tinte che rimandano al titolo della serie. La sceneggiatura è ermetica e ricolma di metafore tutte da cogliere e conservare come piccole post-it mentali da ricordare al bisogno. Le musiche a volte anni ’80 si incastonano, sulla scia della fotografia, con una consecutio impossibile da criticare.

Insomma una serie tutta da vedere, malgrado le prime due stagioni siano state di gran lunga più emozionanti dell’ultima, Dark resta un viaggio imperdibile verso destinazioni ignote e impensabili, in cui “la fine è il principio e il principio è la fine” e non aggiungo altro.

Voto: 9 1/2



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